Sui listini l’Healthcare accorcia le distanze. Un fenomeno diffuso a livello globale: nell’ultimo anno, l’indice MSCI World Pharmaceuticals, Biotechnology and Life Sciences, che traccia la più vasta selezione possibile di imprese del settore, guadagna il 17,96%, battuto solo di poco dal +18,89% del benchmark MSCI World. Un divario in netta diminuzione rispetto al 2023 – in cui il comparto è cresciuto appena del 3,62% contro il +24,42% dell’indicatore generale. Potrebbero essere i primi segnali dell’uscita del settore dal limbo in cui si era trovato negli ultimi due anni. Ma per ora l’incremento resta sotto la media.
Cambio di passo
L’era della pandemia, in cui i giganti del Big Pharma – in particolare i produttori di vaccini – dominavano sulle Borse internazionali continua a sembrare lontana. Le ragioni sono diverse: innanzitutto, il venir meno della domanda dei sieri, per circa due anni vero e proprio motore delle capitalizzazioni del settore. In secondo luogo, i rialzi dei tassi avviati dalle Banche Centrali di tutto il mondo a partire dalla seconda metà del 2022. L’aumento del costo del denaro ha messo in scacco un comparto che richiede ingenti capitali per finanziare le notevoli spese di ricerca e sviluppo. Ma la situazione ha anche influito sugli atteggiamenti degli investitori, meno propensi a scommettere in un ambito tradizionalmente ritenuto “difensivo”.
I nuovi trend
L’orizzonte, tuttavia, è meno buio di quel che sembra. Anche se per ora l’industria fatica a macinare in termini di market cap, da diversi fronti arrivano segnali incoraggianti. Da un lato, l’emergere di nuovi trend a livello di consumatore, come la domanda per le cosiddette obesity drugs, apre nuove finestre di Mercato per il mondo farmaceutico. Dall’altro, lo sviluppo crescente di soluzioni AI da parte del settore – finora solo scarsamente esposto agli effetti positivi della corsa all’intelligenza artificiale generativa – potrebbe attirare nuovi investitori.
Infine, un fattore da non sottovalutare è l’inizio del taglio dei tassi in Europa. Anche se per ora l’apertura è prudente e le sue conseguenze sono ridotte ulteriormente dal disallineamento rispetto alle politiche americane, ancora ferme al picco dei tassi, questo step indica un primo movimento nella direzione di un allentamento. Un fattore che giocherà un ruolo non secondario nello sbloccare i nuovi capitali necessari per mandare avanti i laboratori.
I farmaceutici
Quando si parla di Healthcare in Borsa, il nerbo del settore è rappresentato dalle società farmaceutiche. Per la natura stessa del loro business model, difficilmente soggetto a stravolgimenti macroscopici e improvvisi, sono titoli particolarmente apprezzati come elemento difensivo, di solidità, per bilanciare un portafogli. Non a caso, rappresentano ben il 63,74% del peso totale dell’indice settoriale e soprattutto l’ampia maggioranza dei suoi pesi massimi.
Tra le prime dieci compagnie per capitalizzazione nel comparto salute, 8 sono giganteschi conglomerati farmaceutici. Da soli, questi “Magnificent 8” rappresentano oltre il 52% del valore di Mercato totale dell’indice, composto da 72 imprese.
L’ultimo periodo segna una forte discontinuità per questo segmento: il progressivo crollo della domanda di vaccini contro il Covid-19 ha dato luogo a una specie di “caduta dei giganti” tra coloro che più avevano beneficiato della fase pandemica. Parallelamente, la crescita vertiginosa della domanda in altre nicchie di Mercato – in particolare quella riguardante i farmaci per la perdita di peso – innalza alla ribalta altri attori. Quella delle obesity drugs è una tendenza diffusa a partire dagli Stati Uniti: nasce come un’applicazione alternativa di farmaci inizialmente pensati per pazienti diabetici, che agiscono a livello ormonale per dare una sensazione di sazietà. Una novità che ha creato un vero e proprio boom Oltreoceano, dove ben tre quarti della popolazione è sovrappeso od obesa.
Gli effetti? Una perdita di importanza di leader della campagna vaccinale, come Pfizer, Moderna e Astrazeneca a favore delle due aprifila indiscusse del Mercato per quanto riguarda questo tipo di prodotti: Eli Lilly e Novo Nordisk. A dire il vero, la loro leadership non è priva di sfidanti. Numerosi altri competitor, in primis Amgen e Pfizer, stanno cercando di detronizzarle dalla loro posizione. Rimpiazzarle, però, non sarà facile, soprattutto per via dell’efficacia senza precedenti dei nuovi farmaci: secondo gli studi, la perdita di peso derivante dal loro uso potrebbe raggiungere e superare il 20%.
Il Biotech
Altro grande braccio del mondo Healthcare, il settore delle biotecnologie è per certi versi meno interessato dall’attenzione degli investitori. Rappresenta il secondo comparto per peso, con il 21,84% della capitalizzazione, dunque meno di un terzo del farmaceutico. Ma il suo ruolo è di primaria importanza, in quanto rappresenta la componente più “d’attacco” del segmento, in virtù del ruolo fortissimo svolto dall’innovazione tecnologica e da una taglia media minore. Due fattori che, combinati, lo rendono più suscettibile di tuffi verso il basso, ma anche di volate in rialzo.
Al momento, il settore arranca in America, con l’indice Nasdaq Biotechnology in crescita dell’8,29% dall’inizio dell’anno, rispetto al quasi +20% dell’intero listino. In Europa, invece, lo STOXX Europe Total Market Biotechnology mostra un ampio vantaggio sulla media dei titoli, con una crescita del 21,8% dall’inizio dell’anno, a fronte di un +7,8% dello STOXX All Europe Total Market.
Una spiegazione che si può avanzare, oltre alla diversa situazione da un punto di vista di tassi d’interesse e inflazione, riguarda il differente impatto della febbre AI da una parte all’altra dell’Oceano. Se negli Stati Uniti pare ormai essere il driver principale della crescita dei listini, con la sola Nvidia che è arrivata a pesare quasi il 7% del portafoglio dell’S&P 500, in Europa il trend per ora è più contenuto. Un fattore che potrebbe favorire lievemente – o ostacolare in misura minore – le biotecnologie, un comparto per ora non così fortemente toccato dalle conseguenze dell’ondata AI generativa (perlomeno agli occhi degli investitori).
In Italia
A livello di Mercati azionari, il nostro Paese non vanta un segmento Healthcare particolarmente sviluppato. In sostanza, i titoli del settore sono i quattro che vanno a formare l’indice FTSE Italia All-Share Health Care. Si tratta di: Amplifon, leader nel settore degli apparecchi acustici, il cui titolo è in calo del 0,79% dall’inizio dell’anno, dopo un periodo di forte volatilità; Diasorin, l’unica vera e propria Biotech del gruppo, che commercializza kit di reagenti diagnostici in vitro, nel 2024 sale del 9,66%; Recordati, multinazionale farmaceutica, è a sua volta in rialzo di poco più del 6%; infine, Eukedos, che si occupa soprattutto di cura e assistenza per anziani e subisce un calo pesante, di più del 13% year-to-date. Nel complesso, la performance dell’indice nel 2024 totalizza un modesto +1,22%.
In compenso, al di fuori dei Capital Markets propriamente detti, la filiera Biotech italiana si rivela particolarmente vivace, con un fatturato di 13,6 miliardi di euro nel 2022. Un dato in linea, anche se su dimensioni minori, con il notevole grado di attività dell’industria biotecnologica europea. Non a caso, il dato aggregato del settore Healthcare europeo batte, dall’inizio dell’anno, quello dell’indice mondiale: +17,91% a +15,17%.
Le prospettive
In che direzione guarderà il futuro del settore? La società di consulenza Avenga, citata in un’analisi Morningstar, sembra avere le idee chiare riguardo ai principali orizzonti di sviluppo da tenere sott’occhio. In primis, la ricerca sugli antibiotici: negli ultimi anni, per via di un uso – e abuso – sempre più diffuso degli antibiotici, gli studi clinici rivelano una crescente inefficacia degli stessi nei trattamenti. In sostanza, è come se i batteri si fossero adattati a resistere maggiormente a questo tipo di medicinali. Proprio per questo, le compagnie farmaceutiche stanno investendo massicciamente nello sviluppo di nuovi prodotti che siano nuovamente efficaci. Una parte considerevole si svolge applicando tecniche di ingegneria genetica di ultima generazione, in una cooperazione tra le Big Pharma e le compagnie Biotech. Secondo Bloomberg, entro il 2028 questo segmento arriverà a pesare ben 15 miliardi di dollari, contro poco più di 1 miliardo nel 2021.
L’altro fronte particolarmente interessante è quello dell’intelligenza artificiale: sono infatti allo studio diverse potenziali applicazioni, dallo sviluppo di modelli per testare i farmaci in sperimentazione per arrivare fino a un futuro fatto di farmaci “sartoriali”. Non è necessario sottolineare quanto questi progressi possano essere fondamentali nel determinare leader e astri nascenti nel Mercato di domani. Un altro fattore, non dipendente dalla tecnologia, ma meritevole di attenzione, è l’invecchiamento e l’impatto che questo avrà sulla domanda di beni e servizi Healthcare. La crescita della popolazione anziana residente non è solo garanzia di una domanda di cure che si manterrà costante – salvo aumentare – in futuro, ma prelude anche in una nuova strutturazione di sistemi sanitari locali e nazionali. Una trasformazione che non potrà avvenire senza nuovi, grandi investimenti pubblici e privati nel settore.
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Articolo tratto dal numero del 1 settembre 2024 de il Bollettino. Abbonati!
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