martedì, 14 Gennaio 2025

Filiera dell’auto a rischio: la portata dei tagli

DiIlaria Mariotti

1 Gennaio 2025
Sommario

ll Mercato dell’automotive è in crisi nera e per l’Italia, dove la filiera è chiave, i danni si prospettano ingenti, specie sul piano dell’occupazione. Nel 2023 le 2.135 imprese di componentistica legate al settore hanno impiegato circa 170.000 addetti e generato un fatturato pari a circa 58,8 miliardi di euro (Fonte: Camera di commercio di Torino e Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica). Se si aggiunge l’indotto, si arriva a oltre 100 miliardi di euro prodotti e a un numero di lavoratori pari a 1,5 milioni: cifre che pongono il comparto al terzo posto per contributo all’occupazione italiana (6% del totale), dietro a filiera agroalimentare ed edilizia.

Il calo delle vendite

Con il calo delle vendite e l’accanita concorrenza asiatica, il destino sembra però già scritto: dietro l’angolo si prospettano raffiche di licenziamenti. Da alcune parti si tratta solo di comunicazioni, senza l’ufficialità. Altrove, gli esuberi sono già in corso. Nel primo semestre 2024, i tagli annunciati sono stati per 32mila posti di lavoro, ancora in aumento rispetto ai 29mila del secondo semestre 2020. Se i volumi delle vendite resteranno fermi al palo, la quota potrebbe arrivare a 50mila.

Dal 2020 a oggi le perdite nette di posti di lavoro nel settore in Europa – dove gli occupati sono 14 milioni, il 7% del totale dell’occupazione europea – hanno superato le 56mila unità. Un colpo che ha disatteso tutte le proiezioni passate, quando si prospettava invece un futuro roseo, fatto da 100mila nuovi posti di lavoro che si sarebbero creati grazie all’emergente comparto del veicolo elettrico ed entro il 2025.

Serviranno nuovi investimenti

Per il riposizionamento serviranno scossoni forti sul piano dell’attrazione di nuovi investimenti da parte dei costruttori, che siano però vincolati a garanzie di natura occupazionale. In più, si renderà necessario lo sviluppo di nuovi piani di formazione per far fronte alle tendenze tecnologiche e ai nuovi modelli di business. In un caso o nell’altro, le imprese di preparano al peggio: una su tre prevede una contrazione dell’occupazione.

Il caso di Stellantis

Uno degli annunci più temuti è arrivato lo scorso 25 novembre, rivolto al primo degli stabilimenti aziendali FIAT, quello torinese di Mirafiori, trasformato negli anni della pandemia in una fabbrica di mascherine. Gli esuberi per il sito saranno 250, come anticipato nel corso di un incontro tra le organizzazioni sindacali e i vertici dell’azienda per discutere della scadenza degli ammortizzatori sociali a fine gennaio 2025. Nel frattempo, qui come a Pomigliano (Na) continua la cassa integrazione “spot”, ovvero su pochi giorni al mese. In mancanza di misure sociali dedicate, quelli interessati da questa misura potrebbero essere i primi lavoratori licenziati da quando a Torino esiste la FIAT. Un fatto emblematico che fornisce il polso della situazione.

La proroga dei sussidi

Da parte di Stellantis, guidata al momento da un comitato esecutivo presieduto dal Presidente John Elkann, è stata confermata la volontà di prorogare i sussidi in favore dei dipendenti, anche se al momento non ci sono previsioni normative in tal senso. La linea è stata però ribadita.

«Imparato (responsabile europeo dell’azienda, ndr) ha detto una cosa molto precisa: il 2025 sarà un anno duro, il che significa ancora cassa integrazione, come succede da 18 anni a questa parte per Mirafiori» ha detto il segretario generale FIOM Michele De Palma. 

Le nuove produzioni

A fine anno nella storica sede della ex FIAT si dovrebbe avviare la produzione della 500 ibrida. Oltre alla possibile ripartenza della produzione su Mirafiori, un altro salvagente potrebbe arrivare a Melfi (Pz), dove tra il 1995 e il 2003 è stata realizzata la seconda generazione della Lancia Ypsilon. Per il 2026 si ipotizza invece la ricreazione della linea di produzione della nuova Lancia Gamma. Ma fino a quel momento, fanno sapere i sindacati, «non ci sono strumenti che ci consentano di prevedere che questi lavoratori saranno coperti».

Gli esuberi di Mirafiori

I tagli non riguardano solo Mirafiori. In primavera erano stati preannunciati 1.087 nuovi esuberi sulle sedi di Pomigliano d’Arco, Termoli (Cb), Cento (Fe) e Verrone (Bi). Senza contare il piano di risanamento previsto per il centro di assemblaggio della Jeep, a Toledo, in Ohio. L’idea di Stellantis è di ridurre l’organico della fabbrica statunitense di circa mille unità, nel tentativo di riguadagnare il vantaggio competitivo dopo i risultati deludenti dell’ultima trimestrale e in particolare il calo del 42% del fatturato. «Sebbene difficili queste misure sono necessarie per aiutare l’azienda a recuperare competitività e in futuro riportare la produzione ai livelli precedenti» spiega una nota della compagnia.

Eppure, ancora una volta sono i numeri a scoraggiare: dal 2014 a oggi i lavoratori usciti dagli stabilimenti italiani di Stellantis sono 11.500, di cui 2.800 dagli enti centrali (dati CGIL). Nel 2024 sono previste ulteriori 3.800 uscite incentivate. A questi vanno aggiunti gli oltre 3.000 lavoratori in somministrazione, che da giugno 2024 risultano licenziati.

Volkswagen e Ford

Una delle vicende più clamorose è poi quella della casa tedesca Volkswagen. La crisi di quella che è considerata un’eccellenza nazionale è tra le più rilevanti del comparto, considerata la portata di un nome che include marchi come Audi, Porsche e Seat. Al momento, i risultati di VW sono trainati  verso il basso da un forte calo della domanda da parte dei consumatori, dal costo del passaggio ai veicoli elettrici e dalla concorrenza della Cina. Il colosso impiega circa 300mila dipendenti, di cui 120mila con un contratto collettivo di lavoro. Gli stabilimenti di produzione sono dieci, quelli a rischio chiusura almeno tre. Per i restanti si parla solo di quello che su organi di stampa tedeschi è stato definito  come un ridimensionamento.

Parole che evocano ancora riduzioni di organico. Sarebbe la prima volta per l’impresa fiore all’occhiello della Germania, che in tre decenni non è mai ricorsa a licenziamenti  non volontari né ha mai chiuso una fabbrica nei suoi 87 anni di storia. I posti a rischio sarebbero in totale 15mila. In ballo c’è anche l’intenzione da parte dell’azienda di procedere con un taglio degli stipendi del 10% e un blocco degli aumenti fino al 2026.

Le chiusure paventate

Per impedire la chiusura degli stabilimenti, IG Metall, il sindacato dei metalmeccanici tedesco, assieme al consiglio di fabbrica aveva proposto al gruppo un piano che indicava come soluzioni applicabili una sforbiciata ai bonus per dirigenti e resto del personale. In più, di congelare gli stipendi futuri in cambio di orari di lavoro più brevi. Secondo i calcoli, il risparmio avrebbe potuto essere di circa 1,5 miliardi di euro. Da parte dell’azienda è però arrivato un secco no. Il motivo è che si tratterebbe di misure giudicate inadatte a funzionare sul lungo termine.

Ford

Dall’altra parte dell’oceano, c’è il caso Ford. L’azienda automobilistica statunitense ha reso noto che entro il 2027 ridurrà del 14% il personale europeo, vale a dire che accompagnerà alla porta circa 4mila lavoratori. I licenziamenti riguarderebbero poco più del 2% dei 174mila lavoratori sparsi per il mondo, coinvolgendo principalmente Germania e Regno Unito, dove – stando agli annunci – saranno tagliati rispettivamente 2.900 e 800 posti di lavoro. Anche qui, alla base delle decisioni ci sarebbero le difficoltà relative alla produzione di auto elettriche a causa della forte concorrenza esercitata dalla Cina, unitamente al calo della domanda.

I danni collaterali

A risentire dei venti freddi che scuotono l’automotive è anche l’indotto. Settore anch’esso affossato sia dalla scarsa richiesta di autovetture tradizionali da parte dei compratori, sia dal mancato decollo delle auto elettriche. Schaeffler, società tedesca che fornisce componenti all’industria automobilistica, taglierà dal 2025 al 2027 circa 4.700 posti di lavoro in Europa. Poco meno di 3mila riguarderanno una decina degli stabilimenti presenti in Germania, altri interesseranno cinque stabilimenti europei, due dei quali chiuderanno i battenti per sempre. E il timore – per nulla remoto – è che i tagli possano riguardare anche il sito aziendale di Momo, nel novarese.

Michelin

Anche la francese Michelin si prepara al peggio. Le prospettive qui vanno nella direzione di una chiusura delle fabbriche di Cholet e Vannes, con la conseguente dismissione di 1.254 posti di lavoro, prevista entro i primi mesi del 2026. Nel mirino dei licenziamenti anche la connazionale Valeo, uno dei più grandi fornitori automotive del mondo. L’azienda ha annunciato di dover tagliare in Francia 868 posti di lavoro, di cui 694 licenziamenti obbligatori e 174 volontari. Il sito di l’Isle-d’Abeau Valeo non chiuderà, ma il personale passerà da 308 a 70 unità. Al contrario, le sedi di La Suze-sur-Sarthe e La Verrière (Yvelines) verranno chiuse definitivamente, con lo spostamento dei lavoratori nei centri aziendali delle vicinanze.

Nissan

Non è risparmiata neppure Nissan, che ha comunicato un piano di riorganizzazione che comporterà il taglio di 9mila posti di lavoro e la riduzione del 20% della capacità produttiva globale, con l’obiettivo di risparmiare 2,4 miliardi di euro all’anno. Le vendite sono scese a 1,6 milioni di unità e gli utili sono crollati da oltre 1,8 miliardi di euro a circa 100 milioni. La quota di profitto sul 2024 è stata rivista al ribasso, con un utile operativo previsto sotto il miliardo. Infine, ci sono Bosch, che ha confermato il taglio di circa 10mila posti di lavoro a livello globale, e Continental, che prevede una contrazione dell’organico fino a 30mila posti nei prossimi anni.                                 

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📸 Credits: Canva   

Articolo tratto dal numero del 1° gennaio 2025 de il Bollettino. Abbonati!                

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.