domenica, 15 Giugno 2025

Cassinelli, avvocato: «M&A per le RSA: margini più ampi e servizi migliori»

Sommario

Il boom di fusioni e acquisizioni non è solo affare da banche. La tendenza all’aggregazione colpisce anche un settore sempre più fondamentale in un Paese, come il nostro, in costante invecchiamento: il mondo delle Residenze Sanitarie Assistenziali, o RSA. «Stiamo già assistendo a un aumento dell’aspettativa di vita dei cittadini europei», dice Nicola Cassinelli, avvocato presso lo Studio Legale Cassinelli di Genova, capoluogo di quella Liguria che è oggi al centro del fenomeno. «È un fattore che comporterà soggiorni sempre più lunghi in questo genere di strutture, richiedendo un aumento dei posti letto. La nostra è una Regione già di suo molto anziana. È anche meta di anziani che arrivano da fuori Regione. Ci sono tante attività dedicate al mondo della terza età e ai servizi in questo ambito e una domanda crescente di cure assistenziali».

Qual è il ruolo delle M&A in questo Mercato?

«La tendenza a concentrare le strutture nelle mani di operatori più organizzati. Oggi in Italia l’80% delle strutture ha meno di 45 posti letto. Si tratta di realtà molto piccole, spesso gestite da enti religiosi o da famiglie. Probabilmente anche la complessità normativa del settore fa la sua parte: ci sono regolamenti severi da rispettare. Sono business che si fa fatica a sostenere se non si ha una struttura adeguata, che possa contare anche su delle economie di scala. Di conseguenza, quello che vediamo sono operatori medio-grandi che acquistano piccole strutture, talvolta raggruppando posti letto prima sparpagliati in più residenze. Questo porta un chiaro beneficio alla redditività, grazie all’abbattimento dei costi, assieme a un incremento della qualità dei servizi, visto che spesso si tratta di strutture più moderne ed efficienti rispetto alle piccole realtà familiari, dove si fanno pochi investimenti».

Quali aspetti consentono di migliorare redditività e qualità dei servizi?

«Le RSA devono necessariamente avere una serie di ambienti, come cucine, mense, sale per l’attività fisica, ambulatori e camere mortuarie. Per le strutture piccole, questo comporta una riduzione dei posti letto, il primo fattore di redditività. La concentrazione di un numero maggiore di posti in una sola struttura permette di ottimizzare lo spazio dedicato all’erogazione dei servizi. Naturalmente, questo riduce la proporzione tra personale e ospiti e con essa i costi. Anche sul fronte dell’attività di ufficio, concentrare strutture più grosse porta chiari vantaggi di costo. In più, organizzazioni moderne ed efficienti riescono a vendere i loro servizi a prezzi maggiori».

Qual è la struttura attuale del settore, a livello di concentrazione?

«L’80% delle RSA ha meno di 45 posti letto e il 90% meno di 80. In pratica, gli istituti grandi in Italia rappresentano appena il 10% del totale di circa 12mila, con poco più di 400mila posti letto. Come si può vedere, è un Mercato molto frammentato. Peraltro, è un settore destinato a crescere, perché l’Unione Europea raccomanda di mantenere un numero di posti pari ad almeno il 5% della popolazione over 75, mentre in Italia siamo sotto il 2%, meno della metà della quota raccomandata. Anche per questo, purtroppo, non tutte le persone che ne avrebbero necessità riescono ad accedere ai servizi. L’altra faccia della medaglia è che le tariffe diventano più elevate, soprattutto in Regioni anziane come la nostra, con liste d’attesa per l’ingresso. In più, i posti convenzionati tra pubblico e privato sono ancora largamente insufficienti. Chi non ha le risorse personali per accedere a questi servizi fatica a trovare un supporto nel pubblico. Questo sta spingendo alcune Regioni ad aumentare i posti in convenzione e credo sarà motivo di ulteriore interesse da parte degli operatori economici. Naturalmente, avere una convenzione col settore pubblico garantisce già in partenza un certo fatturato che spesso copre già da solo i costi, per cui tutto ciò che si vende in seguito rappresenta un utile».

Qual è la fisionomia di chi investe e il ruolo degli attori internazionali?

«Ci sono quattro o cinque operatori di rilievo nazionale che stanno facendo molte acquisizioni sul territorio. In generale, ci sono tre livelli di operazione: le famiglie, che gestiscono strutture molto piccole; gli imprenditori più organizzati, che magari hanno in un ambito territoriale limitato anche più di una struttura; infine, i grandi gruppi a livello nazionale, ma anche europeo, che molto spesso hanno alle spalle anche investitori istituzionali e stanno acquisendo quote di Mercato significative. Di recente abbiamo assistito alcuni imprenditori liguri nella vendita a un gruppo francese che, a livello europeo, conta alcune centinaia di strutture e intende rafforzare la propria quota di Mercato».

Le grandi imprese internazionali come queste tendono anche a unirsi tra loro?

«Non abbiamo ad oggi riscontrato l’avvio di processi di fusione tra questi giganti del Mercato. Per il momento, si stanno ingrandendo tramite l’acquisizione di realtà più piccole. Tuttavia, come sempre accade in questi casi, mi aspetto nel giro di 5-6 anni processi volti all’integrazione per creare degli operatori europei ancora più grossi. Certo è che a oggi l’offerta cresce troppo lentamente rispetto alla domanda: oltre alle aggregazioni, ci sarà bisogno di costruire».

Quali potrebbero essere i vantaggi di questo Mercato, nell’ottica di un investitore istituzionale?

«Innanzitutto, la sicurezza di avere un’utenza di riferimento stabile: la popolazione invecchia e quella dei servizi assistenziali agli anziani è un’esigenza che non viene meno. È molto simile a un investimento infrastrutturale, nel senso che c’è un flusso continuo di richiesta, anche alla luce anche dell’evoluzione demografica europea. In più, il fatto che a oggi nel settore pubblico non vi sia sostanzialmente un’erogazione di servizi di questo tipo, se non in convenzione con il privato e in numero molto limitato, costringe gli utenti a rivolgersi a privati».

L’operatività del settore si interseca da vicino con il pubblico. Come funziona in concreto questo rapporto e in che misura i posti sono convenzionati?

«Il pubblico ha un ruolo molto importante, perché è fonte di un bacino di utenza significativo. Naturalmente, i prezzi che l’imprenditore privato applica alla Regione per i servizi sono solitamente molto inferiori a quelli di Mercato. In altre parole, l’ospite in convenzione tende a rendere meno alla struttura rispetto a uno privato. D’altro canto, seppur a tariffe inferiori, si ha un introito certo e dei letti sempre occupati».

La presenza di una certa frammentazione nel quadro normativo ostacola l’aggregazione a un livello più ampio, nazionale?

«Certamente. La regolamentazione è molto diversificata tra le Regioni. Oltre a una stratificazione di competenze di carattere nazionale e regionale, anche a livello di classificazione delle strutture ci sono differenze tra le varie aree. Questo rende più complicato gestire in maniera uniforme strutture su più Regioni, non solo da un punto di vista sanitario e assistenziale, ma anche urbanistico. È anche vero che, se sulla carta questo può complicare l’aggregazione, al tempo stesso le realtà molto grandi sono anche molto strutturate da un punto di vista consulenziale, con advisor decisamente più evoluti. È la piccola società che molto spesso non ha la struttura per approfondire queste tematiche».

Un cambiamento in questo senso da parte del legislatore è auspicabile – e soprattutto realizzabile?

«Sarebbe un intervento di carattere strutturale: la competenza regionale in materia di sanità è dettata a livello costituzionale, per cui non potrebbe essere modificata dal legislatore ordinario. Al momento non mi pare che ci siano all’orizzonte proposte di questo tipo, ma forse in sede di Conferenza Stato-Regioni si potrebbe cercare di lavorare a una maggiore uniformità, lavorando tra enti locali. In ogni caso, al momento non mi sembra ci siano i presupposti per un intervento statale».

Questo ambito è adiacente a quello sanitario in senso stretto, delle strutture ospedaliere private. L’aggregazione del settore potrebbe andare anche in quella direzione?

«A oggi, sono due business che viaggiano in parallelo, ma si incrociano poco. Non mi aspetto nell’immediato un’evoluzione di questo tipo. Potrebbe accadere, ma ci sono ostacoli anche infrastrutturali, nelle dotazioni. Chi si occupa di ricoveri di carattere ospedaliero investe molto anche nella diagnostica per immagini, nella strumentazione, con numerosi medici specialisti e sale operatorie. Al momento, sono due attività che mi sembrano poco compatibili».

Il trend più rivoluzionario è l’inverno demografico. Quali sono i principali punti critici su cui la rete attuale delle RSA dovrà evolversi per poter assorbire una domanda in crescita?

«Il più banale è l’aumento dei posti letto, al momento insufficienti. Poi occorrerà anche puntare sulla formazione del personale: oggi una componente significativa degli impiegati delle RSA – circa il 12% – è straniero. È la classica dimostrazione di come le nostre università e le scuole di formazione non immettano nel Mercato personale sufficiente per coprire la domanda. Certo, molti giovani diplomati in infermieristica e nelle altre professioni sanitarie ambiscono a entrare nella sanità pubblica, dove ovviamente hanno una stabilità diversa. Ma ciò non toglie che una quota così importante di operatori stranieri sia chiara dimostrazione di un’elevata necessità di forza lavoro. Una risposta possibile sarebbe istituire nuovi percorsi formativi e investimenti pubblici volti ad assicurare che queste realtà possano contare su personale qualificato, anche in ragione della delicatezza del ruolo nel tessuto sociale».

Qual è un’altra potenziale sfida per il settore?

«Nel caso in cui ci fossero degli incentivi statali all’assistenza di carattere domiciliare, potrebbero avere un effetto negativo in questo settore. È difficile parlare dell’impatto per l’utente, ma se si sviluppasse a livello un po’ più strutturato la tendenza già in voga oggi del ricorso a badanti, magari con incentivi alla formazione e all’impiego di personale di assistenza domiciliare, si potrebbe creare un concorrente in più per gli operatori di Mercato».

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Articolo tratto dal numero del 15 giugno 2025 de Il BollettinoAbbonati!

📸 Credits: Canva      

Da sempre appassionato di temi finanziari, per Il Bollettino mi occupo principalmente del settore bancario e di esteri. Curo una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".