sabato, 20 Aprile 2024

Lorenzo Pollicardo, Technical & Environmental Director di SYBAss: «Il settore è in ripresa, investire nella nautica è un business»

Anche la nautica soffre gli effetti del lockdown, che continuano a danneggiare pesantemente l’economia in ogni settore. Un peccato per un settore che fino a meno di un anno fa vantava numeri importanti. Nel 2019 l’Italia si è confermata leader mondiale nella produzione di imbarcazioni sopra i 24 metri.

Il Global Order Book, elaborato ogni anno da Boat International, aveva posizionato l’industria italiana al top mondiale per ordini di unità oltre i 24 metri. Con 398 yacht in costruzione su un totale di 807 a livello globale.

La quota italiana rappresenta pertanto il 49,3% degli ordini mondiali con una crescita del 3,6% e un incremento di 19 unità rispetto all’anno precedente. I primi tre cantieri dell’Order Book sono italiani, e rappresentano da soli oltre il 22,5% degli ordini totali.

«Le buone performances del 2019 riscontreranno purtroppo una battuta d’arresto. La positiva reazione dei mercati esteri e anche di quelli nazionali nella riapertura dopo il lockdown non basteranno a mitigare l’impatto delle chiusure», spiega Lorenzo Pollicardo, Technical & Environmental Director di SYBAss e consulente della sezione Yacht di Federagenti.

«Il calo del valore della produzione ad oggi atteso per il 2020 potrebbe sfiorare il 12%. Però le stime più a medio termine confermano un clima favorevole per il nostro settore. Tale da poter ritenere che già nel 2022 vi sarà un recupero pressoché complessivo del fatturato delle aziende».  

Pensa che anche oggi investire nei cantieri navali quotati in Borsa possa essere un buon investimento?

«Si perché la nautica è da sempre un ghiotto boccone. La quotazione in Borsa di San Lorenzo è molto positiva e probabilmente presto anche Ferretti seguirà il suo esempio. Il settore è in ripresa e stanno rinascendo anche alcuni storiche aziende, come il cantiere Antonini. Se dovessi tracciare oggi una curva dell’industria nautica non percepisco uno stop alla crescita ma solo un lieve rallentamento e guardo al futuro con ottimismo».

Come possono essere quantificati i danni provocati dalla pandemia?

«È chiaro che alla fine dell’anno si vedrà un segno meno anche in Italia, perché l’industria della nautica è stata fermata per un mese a marzo, in un momento in cui era in pieno regime produttivo. C’è stato un dodicesimo di fabbricazione in meno, che nei prossimi mesi porterà a un decimo in meno del fatturato complessivo. Quando fermi un intero settore per così tanto tempo, anche se poi riesci a ripartire a pieno regime, non puoi recuperare completamente la perdita».

Oggi, a distanza di un po’ di tempo dalla prima riapertura, vede che la situazione è migliorata?

«Analizzando lo scenario complessivo il settore che ha patito di più – e che continua a patire – è quello del noleggio dei grandi yacht internazionali. Perché i clienti sono europei ma soprattutto americani, russi e arabi, che oggi con questa situazione complicata non si possono muovere con facilità dai loro Paesi d’origine.

L’offerta di navigazione commerciale presupponeva che le persone prendessero un aereo per raggiungere gli yacht, ma questo non è stato possibile per molto tempo e il segmento ne ha patito molto. Le previsioni sul gap di fatturato oscillano addirittura tra il  -40% e il -50%.

Negli altri settori invece la nautica ha fruito di un bel segno di fiducia da parte delle persone che hanno riscoperto il piacere di navigare insieme alla propria famiglia. A contatto con la natura e lontane dagli assembramenti. Una scelta che ha comportato l’acquisto di molte barche nuove ma soprattutto di seconda mano, svuotando letteralmente il parco usato».

Che previsioni fa per il futuro?

«C’è il timore che nel 2021 ci sia un minor ricambio della flotta dei grandi yacht, ma il problema va inserito nello scenario dei mercati internazionali. Visto che la nautica è un settore ludico, ci si deve confrontare con la capacità d’acquisto delle persone. Il rischio che ci sia una crisi economica tale da ridurre i consumi in genere e, come tale, da andare a incidere non positivamente su quelli ludici un po’ c’è».

Saltate le fiere di Montecarlo e Cannes, la sessantesima edizione del Salone Nautico di Genova  può essere interpretata come un segno di rinascita per il settore?

«Lo è sicuramente. Rafforzerà quel senso di fiducia verso la nautica da parte dei consumatori italiani e aiuterà le vendite. Il Salone è di grande aiuto per i produttori e per i distributori che lì potranno misurare il feeling per la prossima stagione, sia in termini di quantità di barche da mettere in cantiere sia di diversificazione dei vari prodotti. Visto che non sono stati fatti i Saloni di Montecarlo e Cannes, quello di Genova sarà un ottimo indicatore».