mercoledì, 24 Aprile 2024

Brexit: «L’Europa potrà migliorare il mercato unico e l’armonizzazione fiscale», l’analisi del Professor Marcello Signorelli

L’impatto della Brexit sul Regno Unito sarà «quasi irrilevante rispetto alla crisi provocata dallo tsunami pandemico che il paese anglosassone sta vivendo». Ne è convinto il Professor Marcello Signorelli, ordinario di Politica Economica all’Università di Perugia e Componente del Consiglio di Presidenza della Società Italiana degli Economisti. Secondo Signorelli sarà l’attuale recessione pandemica, con il suo shock di offerta e di domanda, a provocare esiti gravissimi a breve e a medio-lungo termine. Molto più che l’uscita dall’Unione Europea.
«Gli ultimi dati del FMI stimano per il 2020 un calo del Pil nel Regno Unito di quasi il 10%, ben oltre il doppio della recessione globale e di quella statunitense. Anche se non troppo superiore al dato dei principali paesi Eurozona (Germania esclusa). Il vecchio continente è al culmine della “seconda ondata” pandemica e anche gli Stati Uniti e altri paesi risultano pesantemente colpiti. Ma diversi Paesi asiatici (non solo la Cina ma anche Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda e altri) di fatto sono usciti dalla pandemia o la stanno gestendo bene. La Cina, epicentro iniziale della pandemia, paradossalmente non avrà una riduzione del Pil nemmeno nel 2020. E quindi, in termini comparati, sarà il vero “vincitore” dello shock pandemico, quantomeno nel breve termine, consolidando il ruolo di prima potenza economica globale».
Quale l’impatto geopolitico ed economico di un’uscita con accordo rispetto a un’uscita senza?
«In entrambi i casi, considerando il limitato peso economico del Regno Unito, l’impatto globale della Brexit sarà quasi irrilevante. Anche per UK e UE mi aspetto un impatto minore di quanto spesso stimato. Ovviamente, lo scenario senza accordo potrebbe in parte impattare diversamente dall’ipotesi di accordo. Ma questo dipende anche dal tipo di accordo di dettaglio che sarà concluso. L’aspetto più importante è che il gravissimo contesto pandemico domina tutto. Ed è quasi impossibile cercare di isolare e stimare il ben più piccolo impatto della Brexit nei vari scenari».


Peraltro, l’uscita con accordo è ancora indefinita su alcuni aspetti
«Vero, rimangono delle distanze in tema di diritti di pesca, aiuti statali, futura mediazione delle controversie. E forse su alcuni dettagli della spinosa questione del confine nord irlandese. Tuttavia, in termini geopolitici, non dimentichiamo che i legami particolari con gli oltre cinquanta stati del Commonwealth e soprattutto la tradizionale alleanza con gli Stati Uniti fanno sì che il ruolo politico britannico sia ancora ben maggiore dell’ormai piccolo peso economico nel contesto globale. Va detto che, per quanto riguarda i rapporti con gli Stati Uniti, rafforzati dopo il Referendum del 2016, ora con il neopresidente Biden di origini irlandesi e contrario a una Brexit senza accordo, si aprono scenari in parte diversi, meno favorevoli al Regno Unito».
Gli analisti dicono che il Regno Unito starà economicamente peggio al di fuori dell’UE. Lei è d’accordo?
«In una prospettiva storica ritengo che la Brexit sia stato un errore per il Regno Unito. Il suo peso politico internazionale si ridurrà ulteriormente nei prossimi decenni pur con un certo ritardo rispetto alla riduzione ulteriore del peso economico. Come ho già sottolineato, una quantificazione dell’impatto della Brexit è sempre stato estremamente difficile da fare, oggi ancor di più per il contesto pandemico».
Che cosa significa esattamente un’Europa senza Gran Bretagna?
«Per l’Unione Europea l’uscita del Regno Unito può paradossalmente favorire un percorso di ulteriore approfondimento. Che potrebbe andare verso una maggiore integrazione politica di tipo federale che – quantomeno a livello di Eurozona – è necessario per smettere di stare “in mezzo al guado” che, soprattutto in contesti turbolenti, è una posizione ricca di rischi sistemici. Peraltro, l’accordo per la creazione di debito comune del luglio scorso non sarebbe stato certamente più facile con il Regno Unito ancora presente nel Consiglio Europeo. In termini geopolitici non cambia molto con la Brexit. Nel contesto internazionale i diversi Stati continuano sostanzialmente a decidere la loro politica estera con poco coordinamento, nonostante l’esistenza dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza».
Con l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, nel bilancio europeo si aprirà un vuoto
«A livello economico con la Brexit l’Unione Europea perde un Paese relativamente grande e quindi si riduce il suo già declinante peso economico complessivo. Indubbiamente, l’uscita del Regno Unito, da sempre contributore netto sia pur con sconti da molti decenni, sta rendendo meno semplice l’accordo in dirittura di arrivo sul Bilancio UE 2021-2027. Ma non dimentichiamo che, con l’emissione di debito comune europeo, da metà 2021 la UE avrà a disposizione risorse finanziarie senza precedenti (che vanno considerevolmente oltre la perdita di risorse dovute alla Brexit). Naturalmente, essendo il Next Generation EU ancorato sul Bilancio Europeo, l’approvazione di questo ultimo in tempi brevissimi (si spera entro il 31 dicembre 2020) è la precondizione per non tardare l’uso delle nuove risorse provenienti dal debito comune europeo».
Considerando anche la pandemia in atto, in caso di mancato accordo post-Brexit fra UK e UE chi sarà a rimetterci di più?
«Con lo shock pandemico saranno soprattutto i Paesi del vecchio continente a uscirne con le ossa rotte, sia quelli della UE che gli altri come UK. Mentre la Cina e, in misura minore gli Stati Uniti, sapranno probabilmente riprendere con maggiore rapidità e intensità un sentiero di crescita economica robusta. Una uscita senza accordi di dettaglio potrebbe avere effetti settoriali diversificati. Ma soprattutto renderebbe probabili contenziosi legali di interpretazione delle normative vigenti. E quindi aggiungerebbe altra incertezza in un contesto già pesantemente dominato dalla pandemia. È uno scenario quindi da evitare».
Quali sono le relazioni commerciali che potrebbero nascerere?
«L’impatto sulle relazioni commerciali di un mancato accordo di dettaglio è difficile da valutare, ma comunque saranno dominate da ben altri protagonisti e dinamiche. Gli Stati Uniti con la Presidenza Biden e la Cina potrebbero andare verso una minore conflittualità commerciale e sui dazi. Senza dimenticare gli effetti della pandemia sulle catene del valore globale. La UE, invece non ha ragioni per perseguire un obiettivo di sostituzione. Sia perché impossibile sia perché, come detto sopra, l’uscita del Regno Unito potrebbe rivelarsi un’opportunità per il necessario completamento del progetto di integrazione europea, migliorando il funzionamento del mercato unico e l’armonizzazione fiscale (temi su cui UK faceva da freno), nonché completando la realizzazione sostenibile dell’Unione Economica e Monetaria europea».
Parliamo dell’Italia. Che cosa significa la Brexit per il nostro Paese?
«L’Italia prima della pandemia era ancora circa 4 punti percentuali sotto il livello del Pil precedente la “Grande Recessione” del 2008-09. Adesso sta subendo una terza e ancor più grave recessione, con un calo di circa il 10% nel 2020. La Brexit non è certo un evento positivo per il complesso dell’economia italiana (e per qualche settore in particolare) ma ben poco aggiunge al contesto drammatico, anche economicamente, in cui ci troviamo per la pandemia».