Le Pmi sono la realtà industriale dominante nel nostro Paese, ma perché continuino a rimanerlo occorre promuovere investimenti costanti in innovazione e digitalizzazione. Affinché crescano di dimensioni e aumentino la propria produttività affermandosi a livello internazionale, dando così un contributo significativo al rilancio dell’economia, le imprese devono essere in grado di avvalersi delle nuove tecnologie, per migliorare prodotti e servizi, oltre che gli interi processi. Con questi obiettivi nasce “IR Multidominio” il polo di ricerca ligure, presentato in occasione di Next Generation Liguria, che mira alla valorizzazione del settore tecnologico italiano.
Un distretto composto da 4 infrastrutture di ricerca, gestite direttamente dall’Università di Genova al Campus di Savona e dal Distretto Tecnologico, in cui si incontrano automazione e industria 4.0, sicurezza e monitoraggio del territorio, trasporti, logistica ed energia. «Perché il talento incroci l’alta specializzazione e il lavoro, c’è bisogno di un contenitore che inglobi tutto questo, una macro-infrastruttura in cui PMI e società di ricerca interagiscano», dice Enrico Botte, presidente SIIT PMI, che ha ideato il progetto.
«Abbiamo circa 40 PMI tecnologiche che potranno accedere alle strutture di ricerca. Le società avranno modo di usufruire dei risultati scientifici, lavorando a stretto contatto con l’Università di Genova. Così da trasferire più velocemente le innovazioni sul mercato. Inizialmente partiranno le realtà più strutturate, ma l’obiettivo è quello di coinvolgere nel tempo fino a 250 tra startup e piccole medio imprese». La missione del distretto tecnologico è di invogliare i ricercatori italiani a non emigrare, di evitare la cosiddetta “fuga dei cervelli”. «Ormai abbiamo capito che formare giovani talenti per poi regalarli alla concorrenza non ha senso.
In quest’ottica, l’Università di Genova registra già un aumento delle iscrizioni vicino all’8%. È un segnale incoraggiante: questi ragazzi hanno deciso di non andarsene. Se creiamo le condizioni, investiamo denaro, costruiamo poli di innovazione, nessun giovane vorrà più lasciare l’Italia». Il Distretto Tecnologico Ligure ha l’obiettivo anche di potenziare il progetto #casasiit, programma di accelerazione di startup “residenti”. «Le startup in media presentano un andamento grafico a conca: all’inizio vanno bene, poi, se non vengono assistite, iniziano a decrescere», dice Remo Pertica, presidente di SIIT. «Per questo motivo si è pensato di focalizzare l’attenzione su queste nuove realtà imprenditoriali. Creando e potenziando queste infrastrutture di ricerca dedicate e coordinate da professori universitari. Si può ipotizzare la creazione oggi di 20-40 nuovi posti di lavoro», dice ancora Pertica. «Che potranno diventare 100 nei prossimi tre anni, accompagnati da un miglior posizionamento di mercato degli enti coinvolti».
La realizzazione della macro struttura è un percorso che parte da lontano, quando in SIIT fu creato il primo spazio di lavoro sperimentale di industria 4.0. «Si trattava», continua Pertica «di un’iniziativa condivisa a suo tempo con il Professore Federico Delfino, attuale Rettore dell’Università di Genova. All’epoca le persone non sapevano neanche che cosa fosse. L’intuizione è stata quella di affiancare dei tutor alle nuove società. L’idea ha funzionato, quindi perché non replicarla? Ciascuna struttura sarà guidata da un docente accademico di gran spessore: i professori Raffaele Bolla, Angela Di Febbraro, Loredana Magistri e Flavio Tonelli».
Il vero cambio di passo con il distretto sarà quello di trasferire i vantaggi delle nuove tecnologie alle aziende meno preparate in quel senso. Una recente ricerca dell’Osservatorio sulle Pmi del Politecnico di Milano (dati 2020) rileva che oggi solo il 26% delle società è competitivo a livello digitale e risponde pienamente alle costanti esigenze innovative. Qualche dato più specifico: solo l’80% delle Pmi italiane ha un proprio sito web e di queste solo il 10% dispone di una piattaforma online. Meno dell’85% utilizza applicativi per la produttività o sistemi di posta elettronica. Mentre solo il 29% delle Pmi integra tra loro i dati e il 18% ha risorse dedicate agli ambiti tecnologici.
Questo avviene nonostante molti imprenditori sappiano bene che le innovazioni digitali sono fondamentali per lo sviluppo dei propri business e che rappresentano una sfida inderogabile. C’è ancora una forte reticenza ad allocare investimenti in innovazione e digitalizzazione. E le barriere percepite – dai costi troppo alti, alla mancanza di competenze e figure dedicate, alla predominanza di logiche a breve termine – impediscono a tale percentuale di crescere e raggiungere altri valori. «Il distretto sarà un modo per semplificare i rapporti tra due mondi diversi che parlano due lingue differenti», dice Fabrizio Ferrari, Presidente DIXET – Gruppo Imprese Tecnologiche di Confindustria Genova. «Perché succede spesso che il linguaggio della digitalizzazione e della tecnologia spaventino le imprese più tradizionali. Che in questo modo, però, non sfruttano la possibilità di apportare degli efficientamenti e di diventare molto più competitive».