Tre miliardi e mezzo di euro subito e ricavi potenziali nel medio-lungo termine superiori ai 10 miliardi. Con la neonata Superlega i dodici club fondatori puntano a dare una boccata d’ossigeno alle proprie casse, messe a dura prova dalla pandemia da Covid-19. Aumento degli utili, contenimento dei costi e show televisivo all’ennesima potenza per uscire dalla crisi economica ed entrare nel futuro. Le società calcistiche sono reduci dalla prima stagione senza gli introiti derivanti dai biglietti e dagli abbonamenti: il coronavirus è entrato a gamba tesa anche in un settore come il calcio, multimilionario sì ma anche dettato da fragili equilibri.
Gli stipendi dei giocatori sono lievitati col passare degli anni, così come i prezzi dei cartellini in sede di calciomercato. E appena un evento drammatico e imprevedibile come l’arrivo di una pandemia globale è piombato sulle nostre vite, anche la bolla creata in questi anni dal mondo del pallone è esplosa con strascichi pesantissimi. Basti pensare all’ultimo bilancio della Juventus, chiuso in rosso di 113 milioni di euro. Ebbene, all’indomani del comunicato congiunto dei fondatori, di cui fa parte anche il club bianconero, la società campione d’Italia ha aperto in borsa con un rialzo di oltre il 10 per cento.
La Champions League e un modello non più sostenibile
Evidentemente il modello del calcio contemporaneo non era più sostenibile per i grandi club e il Covid ha soltanto accelerato un processo inevitabile. L’attuale Champions League, la massima competizione a livello europeo, garantisce 15,3 milioni di euro ai club per la sola partecipazione. A questa cifra di base bisogna aggiungere ulteriori introiti in base ai meriti sportivi: +9,5 mln per gli ottavi di finale; +10,5 mln per i quarti di finale, +12,5 mln per le semifinali e +15 mln per la finale (la vincitrice ha un’ulteriore bonus di quattro milioni).
In più c’è il ricco paniere dei diritti televisivi, oltre 1 miliardo di euro da spartire però con altri club, magari meno prestigiosi. Ecco, le magnifiche 12 vogliono accentrare soldi e potere nelle proprie mani e incassare il massimo possibile, sfruttando il loro maggior appeal a livello internazionale e televisivo. I grandi del calcio hanno capito che il traguardo è raggiungibile solo giocando gli uni contro gli altri, così da valorizzare il prodotto e moltiplicare i guadagni.
Agnelli: «Così trasformiamo il calcio europeo»
«La Superlega è il futuro – ha spiegato il presidente della Juventus Andrea Agnelli, dimissionario dall’Eca, l’associazione dei club europei, e nuovo vicepresidente della neonata competizione -. Le 12 società fondatrici hanno una fanbase che supera il miliardo di persone in tutto il mondo e un palmarés di 99 trofei a livello continentale. In questo momento critico ci siamo riuniti per consentire la trasformazione della competizione europea, mettendo il gioco che amiamo su un percorso di sviluppo sostenibile a lungo termine».
Leggendo tra le righe del comunicato congiunto dei club scissionisti si fa riferimento a un torneo che «fornirà una crescita economica significativamente più elevata e un supporto al calcio europeo tramite un impegno a lungo termine a versare dei contributi di solidarietà senza tetto massimo, che cresceranno in linea con i ricavi della lega. Questi contributi saranno sostanzialmente più alti di quelli generati dall’attuale competizione europea e si prevede superino i 10 miliardi di euro durante il periodo iniziale di impegno dei club». Sarà JP Morgan, una delle più grande banche d’affari al mondo, a finanziare il progetto.
Aumenta la forbice tra big e club medio-piccoli
La nota prosegue poi annunciando che «il torneo sarà costruito su una base finanziaria sostenibile con tutti i club fondatori che aderiscono a un quadro di spesa» e che «in cambio del loro impegno, i club fondatori riceveranno un contributo una tantum pari a 3,5 miliardi di euro a supporto dei loro piani d’investimento in infrastrutture e per bilanciare l’impatto della pandemia Covid-19». Insomma, 3,5 miliardi subito e un progetto con solide base finanziarie in uno scenario sempre più remunerativo per l’élite del calcio: la forbice tra gli introiti dei dodici e dei club medio-piccoli, già sproporzionata, si allargherà ancora di più. E le società scissioniste ne guadagneranno a vicenda, affrontandosi in big match con sold out ogni settimana (appena potranno riaprire completamente gli impianti sportivi).
Format e partecipanti della Superlega
La Superlega è un torneo a cui parteciperebbero 20 squadre, di cui 15 di diritto e 5 scelte annualmente in base ai risultati della stagione precedente. Tra queste ci sono tre italiane (Juventus, Inter e Milan) oltre a tre spagnole (Barcellona, Real Madrid e Atletico) e a sei inglesi (Liverpool, Arsenal, Tottenham, Chelsea e le due squadre di Manchester, United e City). Una competizione elitaria, con le big del pallone divise in due gironi con partite di andata e ritorno da giocarsi a metà settimana. Fifa e Uefa, insieme con le Federazioni nazionali, hanno già proclamato battaglia, minacciando l’esclusione immediata dalle proprie competizioni per i club “disertori” (oltre ad azioni legali) e aprendo scenari mai visti nella storia dello sport più famoso del pianeta.
L’opposizione di Fifa e Uefa
Gianni Infantino, presidente della Fifa, e Aleksander Ceferin, numero uno della Uefa, si sono subito dissociati minacciando una causa da 50 miliardi di euro e appellandosi ai valori etici del calcio, al diritto di tutti (anche di chi non è un top club) di darsi una chance attraverso le competizioni nazionali per l’accesso all’Europa che conta. «La Super Lega è contraria ai principi del nostro calcio», il grido unanime che arriva da Zurigo e Nyon.
Florentino Perez, presidente del Real Madrid e della Superlega, proverà a sedersi a un tavolo con i due massimi organi calcistici per trovare un accordo. «Aiuteremo il calcio a ogni livello e lo porteremo a occupare il posto che gli spetta nel mondo», ha dichiarato il patron dei Blancos. Nel frattempo la rivoluzione è già iniziata e il calcio potrebbe presto ritrovarsi catapultato su un nuovo pianeta. Forse un po’ più vicino (in termini di ricavi) agli orizzonti della NBA e della NFL americane.