venerdì, 26 Aprile 2024

CALCIO: Juve giù in borsa per la Superlega. Race (Competere.eu): «Ora rinnovare board. Agnelli? Quotazione facilita successione»

Sommario

Dal +17,85 per cento al -13,7%. La Juve perde terreno in Borsa per il flop della SuperlegaPiazza Affari non perdona e la società bianconera cede nel complesso il 4,5% nella settimana del fallito golpe al sistema. «È il segnale di come il mondo del calcio debba tornare ai valori dello sport e non debba essere solo finanza. Il necessario giro d’affari delle società deve essere a supporto dei club sportivi, non può diventare la ragion d’essere. Il Covid-19 è andato ad amplificare i problemi strutturali. Si parla di 3 miliardi di debiti solo per le 12 società coinvolte. C’è un problema legato ai costi di calciatori e procuratori, che in epoca pre-pandemia avevano superato il 60 per cento del fatturato secondo il presidente del Real Madrid, Florentino Perez. Tutto ciò è insostenibile», spiega Roberto Race, esperto di mercati finanziari e segretario generale del think tank Competere.eu. La Superlega è durata 48 ore, poi il dietrofront dopo le reazioni di FIFA, Uefa, Lega Serie A e dei principali governi europei (compreso quello italiano di Mario Draghi). E la Juventus, uno dei club maggiormente coinvolti nel progetto, si lecca le ferite a livello politico e finanziario.

Per quanto soffrirà ancora a Piazza Affari?

«La Juve perde terreno in Borsa per il flop della Superlega e le difficoltà dovrebbero protrarsi: il club sta vivendo una stagione poco positiva sul campo. E anche dal punto di vista finanziario la situazione non è florida. Gli ultimi dati resi noti a febbraio, legati alla relazione finanziaria relativa al primo semestre 2020-2021, mostrano una perdita di 113,7 milioni di euro: nel primo semestre dell’esercizio precedente il rosso era stato di 50,3 milioni. In tutto questo i mancati ricavi per il Covid-19, legati in primis al botteghino e al merchandising, non aiutano».

L’andamento del titolo della Juventus a Piazza Affari nell’ultimo mese

Come farà il club a risollevarsi?

«Nell’ultima relazione finanziaria il club lasciava intendere che ‘potrebbe far ricorso a operazioni di cessione di diritti alle prestazioni sportive di calciatori’. Questo è un sintomo che c’è la necessità di migliorare i conti già a partire dalla prossima sessione estiva del calciomercato. Come? Riducendo il monte ingaggi e non facendo soltanto ricorso all’inflazionato meccanismo delle plusvalenze. Inoltre, un rinnovamento del board o di alcune posizioni apicali nell’area sportiva potrebbe segnare una rottura. E gli azionisti potrebbero vederci un cambio di passo verso l’inizio di una nuova epoca».

In caso di dimissioni di Agnelli e cambio di presidente il titolo ne risentirà?

Andrea Agnelli

«Una società quotata può adottare con maggiore facilità un percorso di soluzione o la successione. In tanti considerano la posizione di Agnelli molto delicata: sia agli occhi degli azionisti che davanti ai colleghi del calcio italiano. Gli altri presidenti si sentono traditi dal comportamento del presidente bianconero. In particolare gli imputano il suo ruolo nella trattativa con i fondi per la Lega Serie A, fatta saltare perché in contemporanea c’era in ballo la Superlega. La frattura potrebbe essere così insanabile da richiedere un passo indietro anche per questo motivo».

Oggi alla Juve conviene ancora restare quotata o il delisting può essere un’ipotesi concreta?

«Negli ultimi anni per le squadre di calcio si è spesso parlato di delisting. È successo di recente con l’Arsenal in Inghilterra dopo l’uscita di scena di Alisher Usmanov. E anche con la Roma in Italia, dove l’Opa del nuovo proprietario Dan Friedkin si è chiusa raccogliendo solo l’1,6% del capitale. Per i club sportivi la quotazione rappresenta anche un modo per rafforzare il legame con i tifosi e gli appassionati».

In che modo la società può coinvolgere i tifosi?

«La quotazione in Borsa può essere ua grande alleata per la crescita: è un percorso che vede al centro governance e trasparenza come precondizione per la liquidità del titolo. Un’azienda quotata ha un accesso facilitato al capitale di rischio per pianificare nuovi investimenti: sia in impianti sportivi, che in marketing e licenze fondamentali per aumentare gli introiti. I club calcistici in realtà non si sono rivelati in questi anni un buon investimento, proprio per l’insostenibilità della struttura dei costi e i pochi profitti. Probabilmente quindi siamo di fronte a un giro di boa: il mondo del calcio dovrà ripensarsi e non potrà che farlo coinvolgendo i tifosi. I fan potranno scegliere di unire la passione calcistica alla scelta di società sugli investimenti. Ma a patto che le aziende sappiano ripensare la struttura dei costi e dei ricavi».

Delle 12 squadre coinvolte soltanto tre erano quotate: oltre alla Juve anche il Manchester United a Wall Street e l’Arsenal a Londra. Prevede lo stesso scenario anche per loro?

«Il progetto Superlega era legato anche alla necessità di reperire liquidità e mettere in piedi un prodotto ancor più attraente per investitori e sponsor. Adesso i 12 club scissionisti coinvolti dovranno cercare altre strade, magari attraverso nette riforme di sistema. Per esempio l’introduzione del salary cap, che permetterebbe di mettere un tetto agli stipendi dei calciatori e rendere sostenibile la gestione societaria».

Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “l’esperto risponde”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]