La crisi nella crisi: mentre lo spettacolo dal vivo subisce un calo del fatturato del 97%, oltre 25mila lavoratori intermittenti del settore sono ignorati dalla legge e destinati a un’attesa senza fine. Gli invisibili della musica – macchinisti, driver, montatori – dovranno aspettare l’estate per essere inquadrati con una legge delega. «Urge il riconoscimento di queste figure professionali: l’ingegnere del live, il produttore, il promoter, l’organizzatore non percepisce neppure la cassa integrazione», dice Vincenzo Spera, Presidente di Assomusica. La filiera è tra le più colpite: l’Associazione segnala una contrazione, nel periodo che va da febbraio a settembre 2020, solo per il settore musicale pari a 650 milioni di euro, oltre 4.000 i concerti sospesi, 16 i grandi festival rimandati. «Bisogna prendere esempio dall’Inghilterra. Lì si è stabilito che, se non si dovessero trovare assicurazioni a garanzia di queste figure, ci penserà lo Stato direttamente. Il problema è anche legato a tutte le cooperative che danno lavoro a queste persone: molte sono fallite».
Il PNRR stanzia 8 miliardi per “Cultura e Turismo”: è compresa anche la musica?
«La pandemia ha fatto conoscere alla politica e ai ministeri di riferimento l’esistenza di una o più realtà che prima non erano nemmeno concepite, tra cui anche il settore della musica dal vivo. La riforma del settore dello spettacolo che chiediamo da tempo non è un tema molto inseribile in un documento come il PNRR, ma indirettamente, molti passaggi la toccano e ci riguardano. Penso per esempio allo snellimento della burocrazia o agli aiuti alle imprese. Più che al PNRR bisogna guardare all’attività che Governo e Parlamento svolgeranno nei prossimi mesi. Molti organi e ministeri sono chiamati in causa, cultura, lavoro, interni e sviluppo economico. E sono tutti orientati sul risolvere i problemi del settore: per questo sono ottimista».
C’è il rischio che tutti i precari del comparto abbiano cambiato lavoro?
«Non è un rischio ma una certezza. Si sono perse diverse figure, soprattutto nel campo del montaggio o della security. Resiste invece la parte professionale intermedia, quella formata da tecnici specializzati. Il 50% degli addetti a tempo indeterminato e 26.000 degli intermittenti non avranno più un posto nel mondo dello spettacolo».
Approvata la legge cosa bisognerà fare?
«Occorre un fondo assicurativo per le figure precarie del mondo dello spettacolo. Il governo ne è consapevole. E poi bisogna attivare un meccanismo di defiscalizzazione per tutti quei locali che fanno musica dal vivo, per incentivare a regolarizzare. Quella di operatore dello spettacolo all’inizio è nata come attività culturale, solo negli anni è diventata professione e attività commerciale. Ed è formata soprattutto da un sacco di liberi professionisti».
Nella programmazione Europa Creativa la musica contemporanea è stata inserita tra i progetti finanziabili. C’è un interesse europeo nella riforma del settore culturale e dello spettacolo?
«Sì, musica e spettacolo devono andare verso questa direzione. Da quasi un anno sollecitiamo la commissione europea a impegnarsi sul tema. La cultura deve avere un’infrastruttura condivisa. Quello della musica è uno dei settori che più di altri ha sperimentato l’ecosostenibilità delle attività, penso a diversi festival o eventi in cui si è ben lavorato anche in favore del turismo».
Qual è la sua proposta?
«Una piattaforma di comunicazione, uno snodo intermodale della cultura nel quale possano convivere teatri dell’Ottocento e altri palazzetti dello sport più moderni, in entrambi i casi luogo di arte, cultura, spettacolo».
L’estate come si preannuncia?
«C’è molto fermento e gli artisti iniziano a programmare le loro tournée. Siamo fiduciosi e guardiamo già all’autunno prossimo, quando, se la campagna vaccinale proseguirà nel modo giusto, ci auguriamo di poter accogliere gli spettatori a teatro con minor limitazioni di capienza. Uno studio su circa 3mila eventi dal vivo tra teatro, lirica e concerti, ha registrato un solo caso di Coronavirus verificato dalle Asl territoriali. Percentuale pari allo zero che fa dei teatri “luoghi sicuri” e liberi».