martedì, 23 Aprile 2024

INVESTIMENTI: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PRENDERÀ IL POSTO DEI CONSULENTI?

L’intelligenza artificiale al posto dei consulenti finanziari: è il dubbio di analisti e studiosi del settore, perché mai come quest’anno la galoppata verso la ristrutturazione digitale apre a scenari fino a pochi anni fa considerati impossibili. La rivoluzione dell’AI applicata al mondo degli investimenti e della gestione dei portafogli è realtà. Se nell’era dell’abbondanza dell’informazione gli algoritmi permettono di estrarre valore dai dati, per certi versi siamo solo all’inizio. Di tutti i dati generati da social media, per esempio, si stima che soltanto l’1% venga processato.

«Il processo di investimento si baserà su un misto di intelligenza artificiale e supervisione umana», ha detto Gautam Samarth, co-responsabile della divisione Systematic Investment Strategies. «Con i due approcci si analizzeranno i dati, ci si occuperà della loro modellazione, li si selezionerà fino a costruire un portafoglio». In sostanza, l’AI sostituirà il classico team di analisti, permettendo di scoprire i pattern che l’analisi umana non potrebbe identificare. Il beneficio di un approccio del genere è avere una visuale perfetta sugli stock più performanti, in soluzioni sempre migliorative.

Alcuni dei temi del futuro, come il cambiamento climatico o le trasformazioni dell’edilizia, passano già attraverso questo percorso digitale e umanizzato. Oggi nelle organizzazioni di consulenza finanziaria buona parte dell’AI è già al servizio dei clienti, con funzioni utili come biometrie, analisi delle spese o riconoscimento del testo. E tutte queste idee applicate sono ancora solo punti di partenza. Anche nel mondo delle assicurazioni si stima che le applicazioni saranno infinite, grazie alle possibilità nel calcolo del rischio, la gestione, la personalizzazione di pricing delle polizze. Si tratta di suggestioni che oggi rappresentano delle realtà. Diversi progetti nel mondo della consulenza sono già basati su una connessione a filo d’oro tra l’AI e un approccio umano, in una cosiddetta intelligenza aumentata. Nei prossimi anni su 100 attività che svolgiamo abitualmente, 30 saranno automatizzate.

«L’intelligenza artificiale sarà un servizio che comprenderà tutto», ha detto Manuel Roveri, Professore Associato presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. «Dall’internet delle cose, con gli oggetti che comunicheranno tra loro e con noi, agli assistenti virtuali (che già vediamo) l’AI diverrà un nostro modo di interfacciarci con la realtà». La grande incognita, però, è legata alla fiducia. Spesso il punto critico non dipende da come la macchina agirà ma da come l’uomo sarà in grado di valutarne l’operatività. «La nostra relazione con le macchine è mediata nel cosiddetto effetto Black Box», ha proseguito Roveri. «Non sappiamo come le macchine ragionino e ci comportiamo come immaginiamo che facciano. Talvolta trasferiamo su di esse un’intelligenza emotiva e sociale che non possiedono. Il grosso delle nostre decisioni le prendiamo più sulla base di emozioni che sulla base di informazioni». Pensiamo, insomma, che le macchine facciano come noi. Il settore si interroga ogni giorno di più sulle possibilità portate dai nuovi algoritmi di lettura e analisi dati. Le strade percorribili sono molte ma le domande anche. Su tutte una: fino a dove si spingono le possibilità dell’AI? Nessuno sa rispondere per certo: ogni decisione sul lungo termine, ogni previsione, non può esimersi dal tenere in considerazione il fattore tempo e un’evoluzione tecnologica e sociale esponenzialmente più veloce di ogni altro periodo della storia dell’umanità. Anche la stessa idea di intelligenza artificiale, tra 20 anni, potrebbe non essere quella che abbiamo oggi. Dalle prime teorie di Alan Turing sui calcolatori, ai PC, agli Smartphone, nessuna invenzione digitale ha mai potuto teorizzare concretamente l’evoluzione delle successive e delle loro implicazioni. In mezzo, tanti passi falsi: non sono mancati periodi di involuzioni, vedremo…