mercoledì, 24 Aprile 2024

IMPRESE ARTIGIANE: DECENNIO NERO PER 28MILA UNDER 30

«Nella omologazione portata dalla globalizzazione, la maestria espressa dagli antichi mestieri mestieri è da salvaguardare al pari delle opere d’arte», diceva la stilista Carla Fendi. L’Italia, però, non ha intenzione di proteggere i suoi “artisti”, specialmente quelli giovani. Sono 170 mila le imprese artigiane perse dal 2011 al 2021 (28mila solo under 30) e oggi 39.389 aziende sono “guidate” da giovani tra i 18 e i 29 anni. «La contrazione non è solo l’effetto della profonda crisi economica, pesano l’assenza di misure specifiche e mirate per artigiani e micro imprese e la conferma delle difficoltà in Italia di fare impresa soprattutto per i giovani», dice, Daniele Vaccarino, presidente della CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa). «Grande limite nelle politiche orientative da parte della scuola che spesso non valorizzano l’autoimprenditorialità».

Nel 2011 per ogni imprenditore over 70 c’erano almeno due titolari d’impresa under 30 pronti a sostituirlo, nel 2021 questo “ricambio” è sceso a meno di uno (eccetto al Nord-Ovest). Come incentivare i giovani?

«Invertire questo trend non è un’esigenza per il mondo dell’artigianato ma rappresenta una necessità per l’Italia, per guardare al futuro con fiducia. Abbiamo avanzato una serie di proposte per invertire la tendenza: l’istituzione di un voucher universale per la formazione, un fondo dedicato alla nuova imprenditoria, la copertura contributiva per i primi tre anni di attività, un super avviamento al 100%, sostegno alla riconversione green, potenziamento e razionalizzazione degli incentivi per giovani imprese e un fisco che non penalizzi il loro passaggio generazionale».

Nel 2020 il 70% degli artigiani ha subito un calo. Sono bastati gli aiuti messi in campo dal Governo?

«I contributi a fondo perduto hanno scongiurato un terremoto da danni incalcolabili. La ripresa economica che stiamo vedendo grazie alla campagna vaccinale non è ancora omogenea. Ci sono settori in sofferenza, come quelli che ruotano intorno al turismo, e non solo. Le piccole imprese sono protagoniste nella ripartenza delle esportazioni e di comparti strategici come le costruzioni. Artigiani e micro imprese rappresentano un patrimonio da tutelare e valorizzare e in alcun modo sono un freno per il Paese».

Il 54% degli artigiani prevede di tornare ai precedenti livelli produttivi entro il prossimo anno (quota che scende al 46% per le realtà artigianali alle prese con problemi di passaggio generazionale) e crede che digitalizzazione e green faranno salire sensibilmente le prospettive di ripresa: il 63% che ha investito in digitale e il 58% che ha puntato sulla sostenibilità contano infatti di recuperare entro il 2022. Incideranno i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?

«Il PNRR è una occasione irripetibile per modernizzare il Paese e da tempo indichiamo le due principali direttrici: procedere rapidamente con la digitalizzazione e favorire la transizione ecologica delle imprese. Per perseguire questi orientamenti tuttavia servono un poderoso piano di semplificazione, rendere efficiente la pubblica amministrazione e definire un fisco che non sia un ostacolo agli investimenti delle imprese».

Quello dell’artigiano resta ancora un mestiere a forte prevalenza maschile: nel 2011 c’erano 535 uomini per 100 donne, nel 2021 sono 447 ogni 100 donne. Come investire per superare il gender gap?

«Purtroppo il problema non riguarda soltanto l’artigianato. La bassa partecipazione delle donne al lavoro, i tassi elevati di disoccupazione giovanile rappresentano da anni la priorità della politica. Secondo una nostra indagine, le piccole imprese sono un luogo di parità, integrazione e buone pratiche. Nelle aziende fino a nove dipendenti sostanzialmente non esistono differenze retributive tra uomini e donne».