giovedì, 25 Aprile 2024

PICCOLE DONNE INVESTONO: LA FINANZA SPIEGATA DALLE SORELLE MARCH

Piccole donne investono: la finanza spiegata dalle sorelle March. La pandemia colpisce duro l’emancipazione femminile: lo stop forzato è chiamato she-cession e identifica la perdita di lavoro di molte donne in questo periodo di crisi. L’emancipazione femminile viene messa alla prova dallo she-cession. «Mi auguro che questa battuta d’arresto abbia presto fine e che gli stanziamenti europei che arriveranno all’Italia con di Recovery Fund favoriranno l’occupazione normalmente incline ai settori dedicati all’istruzione, alla sanità e all’ambiente, in modo da tornare più forti e numerose di prima», dice Laura Tardino, Head of Institutional Business Development per ABRDN e autrice del libro Piccole donne investono. «Il romanzo di Louisa May Alcott (Piccole donne) è stato uno dei primi libri che ho letto e ancor oggi, nonostante siano passati molti anni dalla sua prima pubblicazione, lo trovo di grandissima attualità. È il manifesto di un femminismo positivo che invita le donne a seguire con determinazione le proprie passioni per rendersi emancipate attraverso il lavoro, esalta la figura femminile contrapponendo il matriarcato, rappresentato da Marmee (la mamma, ndr), al patriarcato che allora – come per molti anni a seguire – ha dominato anche le società più liberali e più evolute in tema di pari opportunità. I temi dell’emancipazione economica femminile, il delicato equilibrio tra famiglia, amore e ambizioni e le difficoltà economiche che possono scuotere la vita di una donna alla quale è affidato il duro compito di crescere in solitudine quattro figlie portano, in tempi moderni, alla riflessione su quanto ancora ci sia da fare pur avendo fatto indubbiamente molti passi avanti». L’emancipazione femminile viene messa alla prova dallo she-cession.

Come ha attualizzato la storia nel suo libro?

«Ho cercato di immaginare una zia March moderna che invece di suggerire alle nipoti di scegliere il giusto rampollo per sistemarsi con un matrimonio, le prepari a una conversazione con il giusto consulente finanziario dando loro qualche nozione di micro e macro economia. E una Marmee che insegni l’importanza dell’orizzonte temporale e del rischio di ogni investimento. Infine ho chiesto ad alcuni esperti del settore il portafoglio modello per ciascuna delle quattro sorelle March, che a ben vedere potrebbero rappresentare quattro diverse investitrici».

Una guida…

«Sì, che con l’aiuto delle protagoniste del celebre romanzo cerca di portare le lettrici, giovani donne non esperte di finanza, a comprendere che cosa sono i fondi comuni o le commodities, passando da azioni e obbligazioni. Un capitolo, quello dedicato a Jo la più moderna delle sorelle March, affronta il tema degli investimenti socialmente responsabili che tanto piacciono alle professioniste del risparmio e che mi auguro siano il futuro, la prossima frontiera della finanza».

Un settore in cui le donne rappresentano ancora una quota minoritaria. Perché?

«Nonostante i passi in avanti, le quote rosa sono passate dal 30% al 40%, ancora oggi le donne sono una minoranza soprattutto nelle posizioni apicali. Credo che questo da un lato rifletta la situazione generale italiana, dove l’occupazione femminile è di gran lunga inferiore a quella maschile e si concentra in pochi settori, quali l’istruzione, il commercio e l’assistenza ma non certo la finanza. A questo si aggiungono le difficoltà di un lavoro molto impegnativo in un Paese in cui le donne sono ancora le principali responsabili della cura domestica e  famigliare, con poco sostegno dal pubblico nella gestione dei figli nei primi anni di vita. Tuttavia posso testimoniare un miglioramento negli ultimi vent’anni passati nel settore e mi auguro che l’agenda 2030 delle Nazioni Unite, che tanta enfasi pone al punto 5 sulla gender equality, porti a restringere ulteriormente la distanza che ci separa dai Paesi più virtuosi. Penso che le quote rosa siano da portare almeno al 50% e che sia necessario un ripensamento del mercato del lavoro rendendolo meno maschile nei tempi e nei modi. Devono cambiare le strutture organizzative e i ruoli, vanno ripensati orari e permessi. Forse la pandemia ci ha dato una mano e lo smart working e le video call diventeranno strumenti più friendly, a vantaggio di un numero sempre maggiore di donne».

Come investono oggi le donne?

«Nel mio osservatorio ci sono clienti che investono per lavoro e tante amiche che a volte mi chiedono suggerimenti. Le prime sono grandi professioniste che non hanno nulla da invidiare ai colleghi uomini nonostante siano approdate al mondo finanziario con un indubbio ritardo. Sono disciplinate, poco influenzate dai movimenti giornalieri dei mercati, mediamente avverse al rischio, empatiche, appassionate e grandi sostenitrici della sostenibilità. Poi invece ci sono le amiche che non lavorano in questo settore e molto frequentemente fanno fatica a capire di che cosa mi occupo o dichiarano apertamente di non seguire i mercati finanziari o addirittura di non capirci nulla e, quindi, di non investire».

Che riflessione si sente di fare confrontando le donne italiane che investono, con quelle che vivono nel resto del mondo?

«Recenti statistiche testimoniano che solo il 37% delle donne italiane investe i suoi risparmi contro il 48% degli uomini, nonostante un elevato tasso di risparmio, superiore a quello maschile (l’opposto di quello che avviene in America). Siamo lungimiranti e mettiamo da parte per il nostro futuro ma probabilmente a causa di una scarsa educazione finanziaria, di cui è certamente responsabile anche l’istruzione scolastica secondaria, ci tiene ancora lontane dagli investimenti. Secondo Boring Money, società britannica indipendente nata per incentivare gli investimenti tra la gente comune, in finanza le donne sarebbero ampiamente sottorappresentate nel mondo degli investimenti: solo il 12% delle donne troverebbe divertente investire (contro il 24% degli uomini), mentre il 46% delle risparmiatrici dichiarerebbe apertamente di non investire per la paura di perdere denari (contro il 41% degli uomini) e solo l’11% delle donne dichiarerebbe di investire in azioni (contro il 19% degli uomini) ma il 38% delle donne che si sono rivolte a un consulente dichiarerebbe di avere investimenti sostenibili (contro il 31% degli uomini). Sempre Boring Money calcola che se le donne investissero quanto gli uomini, ci sarebbero quasi 112,3 miliardi di euro di investimenti in più nel Regno Unito. A livello globale questo porterebbe migliaia di miliardi di nuovi investimenti».

A che cosa pensa sia dovuta la scarsità di donne investitrici?

«Concordo con la tesi di Holly Mackay, ceo e fondatrice di Boring Money. Lei dice che la relativa scarsità di investitrici non è una questione di mancanza di prodotti, quanto di comunicazione, che non è solo una questione di rischio. La tecnologia può aiutare a canalizzare il messaggio perché in fin dei conti è una questione di storytelling. L’emancipazione femminile viene messa alla prova dallo she-cession » .                                      ©