sabato, 20 Aprile 2024

La Russia fuori dalle competizioni danneggia anche i nostri atleti

La guerra in Ucraina e conseguentemente la Russia fuori dalle competizioni, rischiano di mettere a serio rischio non solo il sistema sportivo/economico russo ma quello globale, causando perdite incalcolabili. «Premetto che parlare di conseguenze economiche mentre le persone muoiono, perdono tutto o fuggono è molto difficile. Altra necessaria premessa è che lo scenario è in continua e veloce mutazione e, ciò che sto per dire è correlato a quanto conosciamo a oggi», dice Giovanni Palazzi, Presidente di StageUp, società leader nella ricerca e nell’advisoring nel business dello sport. «Un esempio è quello della squadra di Basket del CSKA Mosca, esclusa dall’Euroleague, ora sta perdendo giocatori con way-out basse. Il CSKA è una delle realtà più importanti del panorama europeo cestistico. Senza competizioni internazionali si ritroverà introiti fortemente compressi. Cosi rischia di implodere il sistema».

Prima la finale di Champions spostata a Parigi, poi le decisioni della FIFA e poi quelle del CIO. Come tutto questo può impattare sullo sport russo e sul sistema degli sponsor?

«Oltre al CSKA pensiamo anche al caso del Mondiale di Volley, che si sarebbe dovuto svolgere ad agosto in Russia e che rischia di compromettere gli introiti dell’FIVB. Al momento dell’assegnazione il sistema sportivo russo doveva versare alla Federazione internazionale 30 milioni di dollari di fee. È stato pagato un anticipo che probabilmente dovrà essere reso alla Russia. Ora il corrispettivo certamente non sarà mai di 30 milioni di dollari, i Mondiali non hanno una casa e forse non ci sarà alcun premio, generando perdite a tutto il sistema della pallavolo. Questo ci fa capire come il mondo sportivo sia interdipendente. In prima battuta le sanzioni avranno una ricaduta sulla Russia, ma poi a cascata su tutti i player. Un altro esempio è l’Euroleague di Basket. La Turkish Airline ha pagato per essere il main sponsor della maggiore competizione continentale con 18 squadre presenti. Con le sanzioni imposte alle squadre russe, le compagini impegnate saranno probabilmente 15 con un livello di competitività più basso e meno partite da giocare. Meno gare significa meno incassi, meno tv, meno sponsor. È probabile che Turkish voglia rinegoziare il contratto al ribasso».

È possibile fare una stima economica delle perdite a livello sportivo che il conflitto sta causando?

«Al momento è impossibile. L’unica cosa che si può dire è che oltre alle debolezze emergeranno opportunità. Mi spiego meglio: prendiamo l’esempio sempre del CSKA Mosca di Basket. I giocatori di grande qualità del club russo al momento sono liberi. Certamente è stato trovato un accordo che fa comodo anche alla società perché permette di risparmiare sui salari e incassare le cosiddette way-out. Ricordo che i salari vengono stabiliti in dollari americani e con il cambio attuale gli ingaggi, già di per sé significativi, si sarebbero ulteriormente allargati».

Al di là di temi etici, l’allontanamento dei team russi dalle competizioni internazionali è giustificato?

«Far giocare squadre russe in questo momento in competizioni internazionali sarebbe problematico oggettivamente. I voli per la Russia sono pochi, con percorsi complessi, con costi molto elevati. Giocare in Russia avrebbe ovvii problemi di sicurezza e anche in casa si potrebbero generare non pochi ostacoli all’ordine pubblico, in situazioni che vedono contrapposti atleti russi e ucraini».

A livello di immagine quanto perde una società sportiva russa: c’è un modo per svincolarsi da questa situazione?

«La tematica reputazionale riguarda tutto quello che concerne il mondo russo. C’è un appiattimento che le persone stanno facendo tra il governo e la popolazione russa e, ancor più genericamente, la cultura russa. Non esiste nell’immediato una politica di branding che possa allontanare un club da un fatto tragico ed eticamente riprovevole come una guerra di aggressione, salvo che dissociarsi con tutte le conseguenze del caso, alla luce anche degli inasprimenti di pene su questi temi che la Duma, il parlamento russo, ha approvato. A conflitto concluso i club sportivi e, più genericamente, le aziende russe dovranno far leva, se il clima politico nel loro Paese lo consentirà, sulla sempre maggiore attenzione che le persone hanno per l’impegno etico delle imprese. Questo significa essere critici verso la guerra e, come minimo, prendersi cura delle vittime».

Per gli atleti valgono le stesse regole?

«Sicuramente, anche perché, grazie ad internet, si è affermato il personal branding, l’applicazione di tecniche di brand management alle persone e, soprattutto, alle celebrità. In questo ambito ci sono esempi positivi. Pensiamo a Ivan Zaytsev, giocatore di pallavolo di origine russa, ma italiano di passaporto, il pallavolista più famoso in Italia. È noto per il coraggio di prendere posizioni anche scomode su tematiche delicate come i vaccini e, anche in questo caso, si è schierato condannando l’intervento militare russo. Ha dimostrato di avere coraggio, un’etica e un sistema valoriale che lo rafforzano prima di tutto come uomo poi come personaggio pubblico».

Una volta finito il conflitto come potranno rilanciarsi i marchi russi?

«Gazprom era ed è un’azienda importante nello scenario mondiale, ma per capire quanto i marchi saranno danneggiati occorre comprendere preliminarmente come usciranno economicamente dal conflitto le aziende russe. Imperi economici al momento sono messi pesantemente in discussione. Ci vorrà tempo per tornare alla normalità dei rapporti commerciali. Non sarà un processo automatico, tutt’altro».

La UEFA e lo Schalke 04 hanno rinunciato allo sponsor Gazprom, azienda energetica russa. Una scelta coraggiosa, non trova?

«Sicuramente la scelta dello Schalke 04 è stata più coraggiosa rispetto a quella della UEFA per motivi dimensionali ma anche per l’assenza di logiche di rapporti che contraddistinguono le federazioni sportive in un mondo globalizzato. Lo Schalke 04 ha dimostrato eticità e una grande sensibilità. Sono certo che questo rafforzerà le relazioni con fan, pubblico e sponsor. Probabilmente anni fa, in un mondo in cui etica e affari erano completamente separati, una scelta del genere sarebbe stata più difficile». ©

Massimiliano Guerra

Twitter: @MaxWar87