lunedì, 7 Ottobre 2024

Risiko bancario: focus su MPS e BPM, Unicredit in stand-by

DiRedazione

29 Aprile 2022 , ,
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roberto_bellasio da Pixabay

MPS e BPM osservate speciali da Unicredit nel risiko bancario, il processo di consolidamento del settore creditizio italiano. Dopo la mossa di BPER su Carige le trattative sembrano in una fase di stasi. Credit Agricole dichiara di non avere interesse a salire in BPM e Unicredit, dopo l’interruzione delle trattative con il Tesoro, non sembra intenzionata a riallacciare i contatti con MPS. Ma le apparenze a volte ingannano.

CREDIT AGRICOLE IN MOVIMENTO SU BPM

Dopo l’accordo con il FITD – Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi – per l’acquisizione di Banca Carige da parte di BPER Banca e lo stop all’offerta di Unicredit su Banco BPM – causa fuga di notizie – sembra essersi stemperata la febbre da risiko bancario. In realtà la vicenda BPM potrebbe vivere un ulteriore capitolo, anche se i protagonisti negano. Il recente ingresso di Credit Agricole nel capitale dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna con una quota del 9,2% ha infatti riacceso le speculazioni. La banca francese l’anno scorso ha acquisito Credito Valtellinese a seguito di un’OPA totalitaria, ma già deteneva una quota del 9,8% in CreVal.

Molti hanno visto nell’ingresso in BPM una replica delle modalità operative con cui Agricole ha poi concluso l’acquisizione di Credito Valtellinese. Oltretutto i francesi erano partner bancassicurativi di CreVal, così come lo sono di BPM nel credito al consumo con la joint venture Agos e nella cessione del quinto con Profamily. L’operazione BPM presenta quindi molteplici similitudini con quella che ha visto Credito Valtellinese finire inglobata in Credit Agricole. In base alle indiscrezioni i francesi sembrano per il momento più interessati al business bancassicurativo di BPM – Bpiemme Vita e Vera Assicurazioni – che ad ambire al controllo della banca. Ma ovviamente l’ipotesi resta sul tavolo dato che BPM è una delle due opzioni rimaste per acquisire una fetta importante del mercato creditizio italiano.

UNICREDIT FUORI GIOCO NEL RISIKO BANCARIO? MPS TORNA NEI RADAR

La conferma è rappresentata dall’offerta che Unicredit stava per lanciare proprio su BPM a metà febbraio – mai confermata ufficialmente – e poi abortita a causa della fuga di notizie che ha fatto balzare il prezzo del titolo rendendo la proposta non attraente. Oltretutto uno dei retroscena dell’operazione riferiva di un contatto tra Castagna e Giampiero Maioli, a.d. di Credit Agricole Italia, per una possibile integrazione a scopo difensivo anti-Unicredit. La combinazione BPM-Agricole darebbe vita al secondo gruppo italiano come quota di mercato – 12% – dietro a Intesa Sanpaolo e davanti alla stessa Unicredit.

A quel punto ad Andrea Orcel – a.d. di Unicredit – resterebbe solo una possibilità per riguadagnare posizioni ma si tratterebbe di un déjà-vu, ovvero MPS. Dall’interruzione dei negoziati con il Ministero dell’Economia e delle Finanze – primo azionista della banca senese con il 64% circa – di fine ottobre sono però cambiate alcune cose. Innanzitutto il vertice di MPS: il nuovo a.d. Luigi Lovaglio è subentrato a Guido Bastianini. Ma anche le tempistiche dell’operazione di uscita del Tesoro sono ben diverse. La vendita della quota sarà presa in esame solo dopo l’aumento di capitale da realizzarsi entro il 2022 e successivamente all’avvio delle operazioni finalizzate a migliorare l’efficienza operativa previste nel piano industriale. Lo ha detto pochi giorni fa il ministro dell’Economia Daniele Franco nel corso di un’audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario riguardo al tema delle partecipazioni dello Stato nel settore creditizio e, di conseguenza, del risiko bancario.

BANCHE ESTERE IN MPS: POSSIBILE MA IMPROBABILE

Il termine precedentemente concordato con la Commissione Europea scadeva a fine 2021: ora il Tesoro punta a una “congrua dilazione” dei paletti temporali da concordare con Bruxelles. Lo scenario delineato dal ministro prevede quindi tempistiche tali da permettere di arrivare alla vendita con una banca risanata ed efficiente. Caratteristiche che potrebbero ben collimare con le richieste avanzate da Unicredit nel corso del fallito round di trattative con il Tesoro: neutralità dell’operazione a livello di capitale e crescita della redditività post integrazione. Ma Franco, rispondendo a una domanda nel corso dell’audizione, ha parlato anche dell’ipotesi di ingresso in partita di investitori esteri. Il ministro non ha chiuso la porta ma ha alzato l’asticella facendo riferimento al fatto che «centri decisionali importanti» debbano rimanere in Italia e alla necessità che «le nostre aziende siano presenti simmetricamente all’estero». ©

Simone Ferradini

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