martedì, 23 Aprile 2024

Moria delle api ed economia: a rischio un giro d’affari da miliardi di euro

DiMario Catalano

20 Maggio 2022 , ,
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api

Nell’apicoltura italiana piove sul bagnato. Si fa per dire. Tra Covid-19 e avversità meteorologiche – con severe gelate e scarse precipitazioni – il 2021 è stato l’anno peggiore di sempre. E ha messo in ginocchio un intero comparto: oltre 73mila apicoltori, un terzo dei quali produce miele per il mercato (21.335), il restante per autoconsumo (51.813). Ma nonostante le difficoltà, i 227.530 sciami che popolano 1.473.856 alveari presenti sul nostro territorio generano ben 2 miliardi di euro all’anno di valore della produzione agro-alimentare. Su scala mondiale, si stima che il contributo economico fornito dal prezioso (e gratuito) lavoro di impollinazione di api e altri insetti sia di 150 miliardi.

Pesticidi e inquinamento peggiorano una situazione già difficile

Negli ultimi 10-15 anni il numero di api è drasticamente calato soprattutto nei Paesi dell’Europa occidentale, tra cui Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia e Spagna. Le cause potrebbero essere molteplici: gli effetti dell’agricoltura intensiva, l’uso di pesticidi, la fame o lo scarso nutrimento a disposizione delle api, i cambiamenti climatici, i virus, gli attacchi di agenti patogeni e delle specie invasive. Nell’ultimo quarto di secolo, la tossicità di 381 pesticidi ai danni di api, altri insetti impollinatori e invertebrati acquatici è più che raddoppiata. Rimanendo in Italia, solo in Lombardia ci sono circa 650 alveari in meno. «Si stima una perdita di oltre 12 milioni di api sparite nel nulla. A ucciderle sono stati i pesticidi usati nell’agricoltura intensiva», dice Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Greenpeace Italia. Un fenomeno che creerà non poche difficoltà al comparto agricolo considerando che, secondo la FAO, delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % dei cibi di tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. Un’altra grave minaccia è rappresentata dallo stravolgimento delle stagioni con le fioriture anticipate quando le api sono ancora in letargo e la mancanza di nettare e polline quando invece dovrebbero nutrirsi. Per lo svolgimento del loro ciclo biologico, raccolgono tre elementi: acqua, nettare e polline. Cosa potrebbe accadere se dovesse mancare uno o più di questi elementi? Riduzione di popolazioni nelle colonie, minor longevità degli insetti e maggior sensibilità nei confronti delle malattie e dei parassiti dell’alveare. Fenomeni particolarmente accentuati nell’emisfero nord a causa di una maggiore incidenza dell’inquinamento.

L’anomala primavera italiana

Proprio le avversità meteorologiche della scorsa primavera hanno azzerato o fortemente ridotto le rese dei principali mieli monoflora (acacia, agrumi, sulla, ciliegio, tarassaco, erica) e di millefiori primaverile. Le gelide temperature del mese aprile (il più freddo del nuovo millennio) non solo hanno danneggiato le fioriture in corso di melo, ciliegio, erica e molte altre, ma hanno colpito anche le piante di acacia già in fase di germogliamento in gran parte d’Italia. Anche il mese di maggio è stato nefasto. I venti anomali hanno ostacolato e, a volte, impedito l’attività delle bottinatrici, le api operaie adulte deputate alla raccolta del polline. A tutto ciò si aggiungono le scarse piogge soprattutto al Centro e Sud Italia. Un mix che ha “tagliato le gambe” alle principali produzioni primaverili, compresa l’acacia al Nord e l’agrumi al Sud, i mieli che determinano il reddito di gran parte delle aziende apistiche italiane.

Nel 2021 segnali negativi per il miele Made in Italy

Nel Belpaese sono state commercializzate sul mercato nazionale 14.028 tonnellate di miele per un valore di 136 milioni di euro. Ma i numeri sono tutt’altro che positivi: -14% in volume e -12,7% in valore su base annua, in netta controtendenza con l’andamento registrato nel 2020 (quantità: +14,6%; valore: +16,3%) che, nonostante l’emergenza pandemica, era stato particolarmente positivo.

Canali distributivi in Italia

La Grande Distribuzione Organizzata (GDO) rappresenta il principale canale di commercializzazione. Un ruolo primario lo svolgono i Super, coprendo il 43,8% del totale vendite in valore. Al secondo posto gli Iper (con il 26,1%), completano il podio i Discount (con il 19%). Molto limitato, invece, il ruolo dei punti vendita di piccole dimensioni (con l’11,1%). Considerando che la forma di vendita di miele del mercato italiano si basa molto sulla diretta, i dati sono sottostimati.

1,8 kg il consumo medio annuale

Negativa la dinamica dei principali indicatori di acquisto. Il 31,5% delle famiglie italiane ha comprato miele nel 2021, contro i 35% del 2020. Negativa la performance anche sul fronte del consumo medio annuo, che nel 2020 era cresciuto a 1,8 kg per famiglia e nel 2021 è tornato agli 1,7 kg del 2019.

Il confronto con gli altri Stati europei

L’Unione Europea conta oltre 18,9 milioni di alveari, in costante aumento dal 2017, gestiti da circa 615 mila apicoltori. I Paesi con il numero maggiore: Spagna, Romania, Polonia e Francia. Gli europei consumano più miele di quanto ne producono. Il resto? Lo importano dalla Cina, ma anche da Argentina, Romania, Ungheria e Ucraina (quest’ultima copre oltre il 30% delle importazioni dell’UE).

Cirone, FAI: «Fondamentale intensificare la collaborazione tra apicoltori e agricoltori»

«Quella del 2022 – sottolinea il presidente della FAI (Federazione Apicoltori Italiani), Raffaele Cirone – sarà per noi la “Giornata Mondiale dell’Ape per un’Agricoltura più produttiva e sostenibile”: è infatti la funzione di impollinatore che rende questo insetto (Apis mellifera Ligustica-Spinola, 1806), originario della nostra Penisola e ormai diffuso in tutti i continenti, un prezioso alleato dell’uomo. La Giornata Mondiale delle Api deve essere l’occasione per intensificare e perfezionare la collaborazione tra apicoltori e agricoltori: sono loro che insieme operano in concreto ogni giorno e non solo nel momento delle celebrazioni. Aiutare l’ape mellifera e gli impollinatori a ritrovare una naturale collocazione in tutte le aziende agricole italiane che, non va mai dimenticato, sono poi gli spazi dai quali il comparto apistico nazionale trae slancio e valore produttivo per alimentare una filiera indispensabile quanto delicata, è l’impegno concreto di questo tempo difficile, in cui viene messa in discussione persino la sicurezza alimentare».