venerdì, 29 Marzo 2024

Farmaceutico: perché gli impianti rischiano lo stop?

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La carenza di materie prime mette sotto stress gli impianti del settore farmaceutico. Ogni mese il rischio di uno stop delle linee produttive è sempre più concreto. Quale potrebbe essere la soluzione? «Parliamo della questione fondamentale dei sistemi produttivi mondiali almeno per il prossimo quinquennio», dice Enrique Häusermann, Presidente di Egualia, organo di rappresentanza dell’industria dei farmaci generici equivalenti, dei biosimilari e delle Value Added Medicines in Italia, rappresenta oltre 50 aziende, ovvero oltre il 95% di quelle del settore. «Il reshoring è lo strumento decisivo a patto che si metta in atto una iniziativa di supporto radicale a livello nazionale ed europeo. Senza aiuti di Stato all’impresa o meccanismi di controllo della domanda, assieme a politiche di acquisto più sostenibili nel tempo, sarà difficile poter competere contro i colossi asiatici, soprattutto alla luce dell’asimmetria tra Asia e Ue sui costi del lavoro».

Il valore aggiunto per addetto nel comparto è di 139mila euro nel 2020 (superiore rispetto a quello degli altri comparti). I numeri cresceranno?

«Rispetto agli altri settori manifatturieri l’industria farmaceutica si distingue per maggiore produttività, che consente di sostenere spese per il personale superiori alla media, più investimenti per addetto, sia in produzione che in ricerca, più alta incidenza di addetti alla ricerca, più alto numero di donne – che quotano circa il 50% degli addetti complessivi – e di under 35, in costante crescita».

Nel 2020, nelle imprese localizzate in Italia erano impiegati circa 67mila unità (l’1,7% dei lavoratori del totale del manifatturiero). Il settore come uscirà dalla pandemia?

«L’emergenza Covid-19 ci ha portati a sperimentare nuove forme di dialogo e collaborazione tra pubblico e privato, accelerando in alcuni casi le procedure di valutazione e autorizzazione, il tutto a vantaggio dello snellimento dei percorsi di cura e dell’accesso dei cittadini alle terapie. È dall’efficacia di queste modalità che dobbiamo ripartire, rendendo strutturali alcune delle principali soluzioni studiate nel momento dell’emergenza».

Le imprese mostrano una buona propensione all’investimento, che nel decennio ha comportato una crescita dell’incidenza degli investimenti farmaceutici sugli investimenti totali manifatturieri di circa mezzo punto percentuale (dal 2,9% del 2008 al 3,4% del 2019). Potrebbe esserci il rischio di una frenata?

«Gli ultimi due anni hanno ricordato e dimostrato a livello globale l’importanza decisiva del settore farmaceutico e della sanità in generale, comparti in cui è necessario investire per garantire sicurezza e la competitività. Il nostro Paese investe purtroppo in ricerca e sviluppo assai meno dei nostri principali partner economici e della media UE. Il PNRR rappresenta per tutti gli attori una irripetibile occasione per riavviare lo sviluppo economico e sociale del Paese a patto di poter contare su una concreta collaborazione tra settore pubblico e settore privato puntando su obiettivi di sviluppo sostenibile e sperimentando nuove forme di collaborazione tra accademie, istituzioni, enti locali e imprese».

Fino al 2020 per la farmaceutica ospedaliera è stata imposta una quota del 6,69% del Fondo Sanitario Nazionale. Dalla legge di Bilancio 2021 al 7,65%, con possibilità di essere rideterminato annualmente. Si può fare di più?

«Si potrebbe fare di più e meglio. Con la miglior volontà del mondo operazioni che si traducono in puro maquillage non sono più sufficienti. Nell’immediato il tetto di spesa va rivalutato su base annuale partendo da un importo complessivo pari almeno al 16% del FSN, già ritenuto insufficiente senza la stampella del payback. Tetti e payback sono strumenti impropri di governo della spesa e progenitori del paradosso che porta a remunerare ai limiti della sopravvivenza chi contribuisce al mantenimento del bene salute. È il caso di equivalenti e biosimilari, chiamati a contribuire al ripiano dopo aver contribuito alla riduzione della spesa farmaceutica. Ormai occorre davvero puntare al superamento della logica dei tetti e dei silos di spesa per dare valore alle terapie».

Con riferimento alla produzione delle sole aziende attive nel CDMO (Contract Development and Manufacturing Organization), con 2,3 miliardi di euro di medicinali e una quota sulla produzione totale UE pari al 23%, l’Italia è leader a livello europeo, precedendo Germania (2,1 miliardi di euro), Francia (1,9 miliardi di euro) e Regno Unito (0,8 miliardi di euro. Quali prospettive future per il settore?

«Sono buone, ma è indispensabile l’attuazione di politiche capaci di sostenere la competitività del comparto adottando misure che facilitino ad esempio il reshoring e nearshoring di produzioni di farmaci essenziali per la salute pubblica, l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione delle pmi del settore farmaceutico».

Il settore farmaceutico assorbe 190mila posti di lavoro tra attività di ricerca e sviluppo, produzione negli stabilimenti e commercializzazione: in che stato di salute si trova a livello italiano ed europeo?

«A livello europeo durante la pandemia solo due settori hanno mostrato una crescita positiva delle attività di ricerca e sviluppo: la salute e i servizi ICT. L’Europa e l’Italia dispongono di una forte base industriale nel settore ma stiamo perdendo terreno in materia di innovazione rispetto a Cina e Stati Uniti. Nel settore sanitario, il principale divario tra Europa e Stati Uniti è dovuto proprio ai sottosettori farmaceutici e biotecnologici, meno performanti».

In un contesto fuori dall’ordinario che ha visto – per il complesso della manifattura – una contrazione dei livelli dell’export pari al -10% sul 2019, il settore farmaceutico, insieme a quello alimentare, è stato l’unico a evidenziare una crescita (+3,8% rispetto al 2019). Quanto e come inciderà la guerra in Ucraina?

«La supply chain del farmaco sta subendo da oltre due anni a livello mondiale una pressione, spesso insostenibile, sulla disponibilità ed il costo di materie prime (API ed eccipienti), materiali di confezionamento, macchinari e parti di ricambio cui si è aggiunto – più di recente, proprio come conseguenza del conflitto russo-ucraino – il tema degli approvvigionamenti energetici. Sono convinto che il mantenimento di queste performance passi inevitabilmente per il rafforzamento delle filiere strategiche».

Il sistema delle gare, nella farmaceutica ospedaliera, permette un maggior risparmio pubblico a parità qualitativa, attraverso procedure competitive per gli acquisti. Tuttavia, in alcuni casi, tale sistema se spinto all’eccesso, può generare alcuni effetti indesiderati. Esiste il rischio che il sistema di gare al massimo ribasso possa innescare un eccesso di competizione in grado di provocare la fuoriuscita dal mercato di numerose imprese, soprattutto di PMI, con conseguente rischio di creazione di oligopoli nel medio-lungo periodo, ottenendo così un effetto inverso rispetto ai precetti teorici. Inoltre, per alcuni specifici medicinali, si potrebbe ingenerare una marcata riduzione delle imprese produttrici di specifici principi attivi, con conseguenti rischi di mancata fornitura. Infine, se i prezzi diventassero troppo bassi, erodendo oltre al limite le marginalità, le imprese potrebbero non avvertire vantaggi nella partecipazione, contribuendo così alla crescita del fenomeno delle gare deserte. Quale potrebbe essere la soluzione?

«Per quanto ci riguarda vanno esclusi payback tutti i farmaci fuori brevetto acquistati con gara in concorrenza e vanno rivisti tutti i meccanismi delle procedure pubbliche di acquisto tramite gara, garantendo la determinazione rigorosa dei fabbisogni; promuovendo il passaggio dall’aggiudicazione al prezzo minimo al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; adottando linee guida nazionali per la stesura di capitolati di gara da applicare su tutto il territorio nazionale. Inoltre, andrebbero introdotti contratti quadro pluri-aggiudicatari e va prevista la riapertura immediata delle gare ospedaliere dopo l’ingresso del primo farmaco multisource (più produttori)».

Una difficoltà ricorrente per le imprese inserite nel sistema delle gare ospedaliere risiede nei costi, di tempo e risorse, sostenuti per la fornitura dell’adeguata documentazione richiesta o per la preparazione di risposte a clausole specifiche. In che modo si potrebbe snellire il sistema?

«Sarebbe utile l’elaborazione di linee guida più stringenti, capaci di ridurre la discrezionalità delle stazioni appaltanti e di rendere i procedimenti più uniformi, meno burocratizzati e meno onerosi per le imprese. È tutto possibile puntando sulla digitalizzazione e sulla semplificazione dei processi. Ne trarrebbero vantaggio anche le pubbliche amministrazioni».

Lo stato di emergenza ha messo in luce come parte delle soluzioni alle criticità di approvvigionamento dei farmaci possono essere ricercate nell’ambito di percorsi di miglioramento del sistema delle gare pubbliche per la fornitura e, in particolare, di modifica/perfezionamento dei modelli di rilevazione dei fabbisogni adottati a livello regionale. In che modo rivedere il settore farmaceutico a livello regionale?

«Accade puntualmente le quantità ordinate dagli enti appaltanti tramite le gare siano presunte e non effettive. Inoltre, i capitolati di gara non prevedono l’indicazione di quantitativi di minima o di massima rispetto a quelli espressi. Da qui la problematicità per le imprese di stabilire un prezzo corretto di fornitura ma anche di organizzare i processi produttivi e la catena del valore, con conseguente innalzamento del rischio delle rotture di stock. Da questo punto di vista sarebbe sufficiente includere all’interno dei capitolati una specifica clausola che stabilisca un quantitativo minimo d’ordine vincolante e la possibilità di rinegoziare il prezzo in caso di situazioni di shock della domanda o difficoltà perduranti nella produzione. Lo si è fatto stanziando risorse per i lavori pubblici, perché non anche per beni e servizi sanitari?»

Il conflitto russo-ucraino e il lockdown cinese ancora applicato a singhiozzo quanto incidono nel settore farmaceutico?

«Il controllo delle nuove materie prime e delle produzioni primarie da parte dei Paesi asiatici è diventata un’arma di competizione letale: per questo uno degli obiettivi primari della nuova Pharmaceutical Strategy europea punta a diversificare le catene di produzione e di approvvigionamento, promuovendo gli investimenti produttivi all’interno dell’Unione fino al raggiungimento di un livello accettabile di autosufficienza strategica». ©

Mario Catalano