mercoledì, 24 Aprile 2024

Vino: rischiamo davvero un nuovo proibizionismo?

DiEdoardo Lisi

27 Settembre 2022
Sommario
vino

Dalla vendemmia arrivano buone notizie: la produzione di vino supera a pieni voti caldo record e siccità. La quantità è in linea con lo scorso anno e la qualità va da buona a ottima. L’export regge, ma nel mercato interno scendono gli acquisti. Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) sottolinea il rischio di chiusura di piccole e medie aziende. A peggiorare il quadro si aggiunge la controversa direttiva dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “European framework for action on alcohol 2022-2025”. Il documento identifica 7 aree di azione sull’alcol: prezzo, disponibilità, marketing, etichettatura, risposta dei sistemi sanitari, azione comunitaria e ruolo dell’Europa. «Quanto sta accadendo per il settore vitivinicolo mostra all’orizzonte un nuovo proibizionismo e lo spettro di danni enormi per la filiera», commenta Cristiano Fini, Presidente nazionale di Cia.

Gli italiani bevono meno vino

Le rilevazioni di CIA dicono che l’inflazione causa la contrazione degli acquisti, mentre le uve apirene, di qualità inferiore, guadagnano terreno sulle varietà italiane. La grande distribuzione spinge per contratti al ribasso, con prezzi tra 0,80 €/kg e 0,90 €/kg, la metà rispetto alla scorsa stagione.

Si stima che la produzione della vendemmia 2022 si attesterà intorno ai 50,27 milioni di ettolitri di vino, la stessa quantità dello scorso anno (50,23 milioni), +3% rispetto alla media del quinquennio 2017-2021 (48,825 milioni).

Il mercato interno cresce, con l’indice Ismea che segna un +12% rispetto alla campagna precedente. I vini bianchi trainano lo sviluppo (+19%), seguiti dai rossi (+9%). I prezzi medi alla produzione dei vini Doc-Docg sono cresciuti del +17%, con i bianchi in testa (+20%), secondi i rossi (+16%). Si conferma la performance positiva degli spumanti: 1 miliardo di euro di valore (+25,5%) e +10,6% nei volumi. Cresce anche il valore di vini fermi e frizzanti imbottigliati (+10,3%), ma diminuiscono i volumi (1,2%).

L’inflazione provoca un aumento esponenziale del prezzo medio (+13,1%). Rincaro che negli Stati Uniti, nostro primo buyer mondiale, tocca quota +18%. Questo determina un aumento dell’export Italia-USA del 13,3%, che compensa la contrazione dei volumi del 3,8%. Sempre in tema di esportazioni, gli ultimi dati Istat rivelano che la filiera ha chiuso il primo semestre del 2022 con il valore record di 3,8 miliardi di euro (+13,5% rispetto allo stesso periodo del 2021). In generale, il trend dei volumi esportati segna +0,4%.

Previsioni positive ma domina l’incertezza

Le stime dicono che la produzione crescerà in Valle d’Aosta (+10%), Trentino Alto Adige (+10%), Emilia Romagna (+4%), Toscana (+12%), Umbria (+10%), Marche (+5%), Lazio (+5%), Campania (+4%), Puglia (+3%), Basilicata (+10%), Sardegna (+15%). Calo atteso invece per Piemonte (-9%), Lombardia (-20%), Veneto (-3%), Liguria (-5%) e Sicilia (-5%). In linea con il 2021 le restanti regioni d’Italia.

Gran parte del merito di questi numeri positivi, secondo le associazioni di categoria, andrebbe agli sforzi fatti dai produttori in ricerca e applicazioni per rendere le viti sempre più resistenti alle avversità. Secondo questo scenario, la classifica delle Regioni italiane per produzione resterebbe stabile. Le prime tre classificate contribuiscono per il 59% circa dell’intero vigneto italiano.

La medaglia d’oro va al Veneto, che da solo produce oltre il 20% del vino nazionale (11,5 milioni di ettolitri). Al secondo e terzo posto troviamo la Puglia (10,6) e l’Emilia-Romagna (7,4). Le associazioni di categoria avvisano però che quantitativi e qualità potrebbero cambiare in relazione all’andamento meteorologico delle prossime settimane.

Infatti, in questo periodo si concentrerà il grosso della vendemmia. La straordinarietà della stagione non permetterebbe infatti di fare previsioni omogenee. Per questo motivo, secondo gli esperti, il monitoraggio e la custodia ambientale dovranno essere sempre più al centro delle strategie dei viticoltori.

Soffiano venti europei di crisi sul vino

I dati dimostrano che il vino è un valore aggiunto europeo, oltre a un patrimonio culturale e economico dell’umanità. Dalle ultime stime la produzione vitivinicola a livello europeo sembra reggere, nonostante le numerose criticità degli ultimi mesi: difficoltà nel trovare mercati dopo la pandemia, carenza di materie prime, aumento dei costi di produzione, crescente inflazione e cambiamento climatico.

In Francia si stima una crescita del 3,5% rispetto alla media del quinquennio, arrivando a 44 milioni di ettolitri. La Spagna, invece, dovrebbe ricavare il 16% in meno dai propri vigneti. Nel corso dell’incontro annuale delle associazioni di categoria di Italia, Francia e Spagna (il “Gruppo di Contatto”) è emersa forte preoccupazione per la sopravvivenza del comparto.

Secondo i maggiori produttori europei di vino, gli effetti dell’invasione russa in ucraina, l’aumento dei costi di produzione, la crescente inflazione, l’impatto sempre più tangibile del cambiamento climatico attenterebbero alla sostenibilità economica e sociale del settore. A questo proposito, le associazioni chiedono misure emergenziali, simili a quelle prese durante la pandemia da Covid-19, e un limite agli aumenti del costo dell’energia.

Lo spettro del proibizionismo

Cos’è il nuovo proibizionismo? È un orientamento emerso durante la discussione del “Piano europeo di lotta contro il cancro”, che mira a mettere in relazione tumori e bevande alcoliche. Una tesi sostenuta dal Governo di Dublino, che chiede l’introduzione di avvertenze sanitarie obbligatorie sulle etichette: gli “health warning”.

Il Parlamento Europeo ha eliminato questa connessione dal testo definitivo ma la “questione irlandese” terrà banco finché la Commissione Europea non metterà nero su bianco le norme in fase di discussione. Italia, Francia e Spagna chiedono di puntare su lotta all’abuso di alcol e salvaguardia dei produttori attraverso: promozione dei vini per mantenere la competitività sui mercati internazionali, riconferma delle norme sull’etichettatura nutrizionale e sulla lista degli ingredienti, rigetto della proposta irlandese.

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