L’Europa mette ordine nel marasma dei Green Bond. Dopo anni di incertezza sul tema, arriva il Green Bond Standard europeo (EuGB), grazie all’accordo dei ministri delle finanze UE. Ma cosa comporta per il mercato?
Cosa sono i Green Bond
I Green Bond sono emissioni obbligazionarie a impatto positivo per l’ambiente. Permettono di finanziare progetti con obiettivi legati alla sostenibilità. A partire dalla presentazione del pacchetto di misure “Energia pulita per tutti gli europei” nel 2021, l’Unione ha individuato tra i suoi obiettivi primari la riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030. Da allora, i Green Bond sono entrati al centro del dibattito come uno degli strumenti finanziari privilegiati per l’attuazione di questo ambizioso obiettivo. Inizialmente emessi esclusivamente da entità internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, sono ora sempre più diffusi anche tra le Banche Centrali e le singole banche e aziende nazionali. Nel solo 2022, le nuove emissioni di Green, Social and Sustainability (GSS) Bond hanno raggiunto la cifra di 850 miliardi di euro. Di questi, il 50% è rappresentato dalla componente “verde” (MainStreet Partners, GSS Bonds market trends). Una tale popolarità ha però prodotto molta confusione riguardo a cosa può essere definito Green Bond, moltiplicando i casi di greenwashing.
L’accordo europeo
Lo standard annunciato dal Consiglio Europeo intende proprio fare luce su questi temi di regolamentazione. Introduce infatti un modello standardizzato per classificare i Green Bond e verificare la loro coerenza con dei criteri europei di riferimento. La nuova norma «sarà utile sia agli emittenti di obbligazioni verdi che agli investitori in tali obbligazioni» ha affermato Elizabeth Svantesson, ministra delle Finanze svedese. I primi «potranno dimostrare che finanziano progetti green legittimi in linea con la tassonomia dell’UE». I secondi potranno invece verificare e confrontare i titoli in un framework definito, sgombrando il campo dai dubbi di greenwashing. Insomma, l’accordo, per ora solo provvisorio, nell’attesa che si arrivi a una soluzione più definita, favorirebbe entrambe le parti coinvolte.
Il contenuto dello standard
Nello specifico, ciò che è stato deciso dal Consiglio sono una serie di requisiti chiari e uniformi per l’assegnazione della denominazione “EuGB”, cioè European Green Bond. Questa diventerebbe così una sorta di etichetta a garanzia dell’effettiva validità, in termini ambientali, del titolo in questione. In aggiunta a questo, si pongono le basi per l’istituzione di un quadro di vigilanza efficiente, che prevenga le falsificazioni e protegga l’investitore. La vigilanza, con l’applicazione dell’accordo, sarà affidata alle autorità competenti nei singoli Stati. Nel caso dell’Italia, si tratta della Consob, l’autorità garante della correttezza e della trasparenza degli intermediari finanziari. Anche così, però, i criteri rimangono piuttosto limitati e non coprono tutti i campi. Proprio per prevenire i problemi derivanti da questo aspetto, è stato disposto che anche i settori non ancora inclusi nella tassonomia europea potranno essere compresi nei titoli EuGB, seppur con una sacca di flessibilità del 15%.
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