Addio carte di credito? L’evoluzione verso i pagamenti digitali sembra destinata a cambiare il modo in cui le persone gestiscono le loro finanze. Oltre ad aprire nuove opportunità per le aziende che cercano di innovare in questo settore. I nostri connazionali tendono a preferire i pagamenti digitali tramite carte e mobile. Ma il livello di utilizzo rimane ancora inferiore rispetto ad altri Paesi europei.
Startup emergenti cercano di creare soluzioni innovative per semplificare le modalità di pagamento. Ma, nonostante la crescente richiesta di tecnologie sempre più avanzate, nessuna di esse riesce a ottenere un ruolo predominante, poiché il settore è altamente competitivo.
Inoltre, complice l’attuale crisi globale e l’incertezza economica, molte realtà subiscono una riduzione delle valutazioni. Le prospettive di crescita vengono rallentate anche a causa dell’aumento dei tassi d’interesse, che impattano negativamente sulle aziende che cercano di raccogliere capitali.
Ad esempio, Checkout.com, valutata 40 miliardi di dollari a gennaio 2022, ha ridimensionato la sua valutazione a 11 miliardi. Mentre Klarna è passata da 46 miliardi di dollari a soli 7 miliardi. All’opposto, attori consolidati come Visa e Mastercard mantengono una posizione di primo piano.
«Il mercato finanziario è un mondo complesso»; dice Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments e dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano. «Il settore dei pagamenti è particolarmente difficile, in quanto richiede di mettere insieme attori eterogenei, come esercenti e consumatori. Ciò significa che anche le Startup con grandi aspettative potrebbero dover affrontare difficoltà nello sviluppo delle loro iniziative.
Nonostante ciò, non si può generalizzare, affermando che non hanno possibilità di successo. Il mercato dei pagamenti è dinamico e reattivo, spesso spinto da hype e momenti di euforia. Le startup potrebbero riuscire a sfidare le posizioni consolidate di attori come Visa e Mastercard se fossero in grado di dimostrare la loro capacità di innovazione e di sviluppare iniziative in modo efficace».
LA CINA È ALL’AVANGUARDIA SUI PAGAMENTI DIGITALI
1,5 miliardi di persone nel mondo hanno usato lo smartphone per effettuare acquisti in negozio, per un transato totale di 2.860 miliardi di dollari (+13% rispetto al 2021). A guidare tale risultato è la Cina con più della metà del transato globale, dove ci troviamo noi occidentali?
«La Cina ha un contesto diverso da quello occidentale. Mentre da noi l’uso delle carte di credito è diffuso da decenni, in Asia si è passati direttamente all’utilizzo dello smartphone, saltando la fase della credit card.
Inoltre, la presenza di super APP, come Alipay e WeChat, ha semplificato l’esperienza degli utenti e favorito l’adozione dei pagamenti tramite smartphone.
Nonostante l’Occidente abbia fatto passi avanti nell’adozione dei pagamenti mobile, il trend è meno diffuso rispetto al Paese asiatico. Ciò potrebbe essere dovuto al maggior utilizzo delle carte di credito e alla frammentazione del mercato occidentale».
Questo significa che siamo indietro?
«No, indica che hanno avuto percorsi di sviluppo diversi, ma non significa che una regione sia più avanzata dell’altra. Da noi si preferisce il contactless e l’NFC; in Cina si utilizzano il QR code e altre tipologie di pagamenti. Ciò è dovuto alle differenze nei sistemi finanziari sottostanti.
La struttura del modello asiatico dipende da due fenomeni: minore maturità del mercato dei pagamenti con carta, e maggior propensione ad utilizzare delle superapp. Mentre, in Occidente si preferisce avere tante applicazioni diverse per ogni servizio, invece di una singola. Di conseguenza la frammentazione del settore potrebbe impedire l’adozione delle suddette applicazioni anche in futuro».
LE VALUTE DI BANCA CENTRALE (CBDC)
Lo smartphone è centrale anche nelle sperimentazioni di nuove versioni delle valute di banca centrale (CBDC). Il livello di adozione dipende, oltre dai fattori di progettazione della moneta, dalla user experience. I progetti più avanzati sono in Cina, mentre Europa e Usa sembrano indietro. Lei come vede questo settore, quali prospettive ci sono da noi in Europa?
«È un tema urgente, ma ancora nella fase di sperimentazione. L’emergere delle criptovalute ha spinto le banche centrali a prestare maggiore attenzione al settore. Un evento particolarmente significativo fu l’annuncio di Facebook di lanciare Libra (una moneta digitale) nel 2019; che sollevò preoccupazione tra le banche centrali. Perché temevano che, una valuta emessa da un operatore privato, potesse sostituire le valute tradizionali, come gli euro o i dollari. Quindi si opposero al progetto, che poi venne abortito.
Di conseguenza, le banche centrali sono consapevoli che la valuta ha necessità di evolversi. Perciò hanno iniziato a lavorare in modo più stabile e strutturato sulle CBDC; valute digitali con caratteristiche avanzate simili a quelle delle criptovalute, ma con meccanismi di diffusione più adatti al mondo moderno.
La Cina è un po’ più avanti nello sviluppo e già sperimenta il suo digital yuan. L’Europa, invece, studia il digital euro, attualmente in fase di consultazione tra gli operatori del settore. Si prevede che entro il 2026 verrà delineato un progetto più concreto per la criptovaluta europea. Anche se, la sua effettiva circolazione potrebbe richiedere qualche anno in più.
Oltreoceano, la Fed appare più cauta, attende che operatori privati strutturino una stablecoin, per poi valutare l’adozione come dollaro digitale ufficiale. Sono approcci leggermente diversi, però è ancora prematuro stabilire quale sarà quello vincente. Il digitale in questo ambito sarà fondamentale, perché per una valuta che nasce digitalmente, lo scambio tramite il mobile è cruciale».
PAGAMENTI DIGITALI: + 18% IN ITALIA
Il transato con strumenti di pagamenti digitale ha raggiunto il 40% dei consumi in Italia, equivalenti a 397 mld €, +18% rispetto al 2021. Sul numero delle transizioni pro capite con carta registrate nel 2021, siamo uno dei Paesi a maggior crescita nell’ultimo anno, +33,6%. Una componente fondamentale della crescita è rappresentata dai pagamenti da smartphone e dispositivi wearable in negozio. Questi dati possono essere un’opportunità per aumentare la competitività?
«L’Italia si colloca al 24° posto in Europa per transazioni pro capite effettuate con carta, con 114 operazioni a testa nel 2021, mentre la media europea si aggira intorno a 170. I Paesi scandinavi, i migliori in questo campo, registrano circa 340 transazioni. Tuttavia, nel 2021 il nostro Paese ha registrato un significativo aumento del 33,6% rispetto al 2020, piazzandosi al secondo posto dopo la Grecia, che ha avuto una crescita del 34,1%.
Nel 2022, la crescita del transato si è confermata, passando dal 33,6% tra il 2020 e il 2021 al 18% tra il 2021 e il 2022. Prima della pandemia, la crescita media annuale (CAGR) tra il 2017 e il 2019 era del 10,5%. Anche tra il 2019 e il 2021, la crescita è stata del 10,5%. Ciò è un segnale che gli italiani si avvicinano sempre più ai pagamenti con carta, che diventano uno strumento quotidiano. Nel 2022 il totale delle transazioni è stato di 397 miliardi di euro, pari a circa il 40% dei consumi totali.
Questi risultati dipendono da componenti innovative come il contactless, il mobile e l’e-commerce, che fanno da impulso a questa crescita, abituando sempre più gli italiani a utilizzare strumenti più evoluti, sempre più digitali per i propri pagamenti. Il mobile payment, pur rappresentando solo il 5% del totale dei 397 miliardi, ha registrato una crescita superiore al 100% rispetto all’anno precedente.
Sebbene l’Italia abbia ancora molto da fare per colmare il divario con gli altri Paesi europei, sta crescendo più velocemente di loro, il che potrebbe portare a un recupero nel tempo. È interessante notare che l’importo medio delle transazioni effettuate con carta in Italia è di 47,2€, mentre il 76% delle transazioni in negozio sono inferiori a 50€. Ciò dimostra che gli italiani utilizzano le carte di credito anche per piccoli importi, mentre la media nordeuropea è di 33€, indice di pagamenti quotidiani».
L’EUROPEAN UNION DIGITAL IDENTITY WALLET
Nel 2022 la concezione di digital wallet è iniziata a cambiare, il tema centrale è diventato l’identità del possessore (e non strumento di pagamento in sé). La revisione del regolamento eIDAS ha l’obbiettivo di introdurre nel 2024 l’European Union Digital Identity Wallet (EUDI wallet). Questo cosa comporta?
«Il concetto di portafoglio digitale, presente sul mercato da qualche anno, guadagna più importanza grazie alla revisione del regolamento europeo. Inizialmente, molte aziende tecnologiche si focalizzavano sui pagamenti, come dimostrato dal cambio di nome da Google Wallet a Google Pay e poi nuovamente a Google Wallet. Anche Apple e Samsung hanno seguito questa tendenza, ampliando le funzionalità dei loro portafogli digitali.
Quindi, è come se ci fosse stato uno spostamento da dimensione di solo pagamento a dimensione di portafoglio più amplio che includa sicuramente il pagamento, ma non solo, (es. identità digitale, patente, passaporto, ecc). In questo settore il mobile riveste un ruolo fondamentale. La normativa ha dato centralità a questo tema in Europa e si lavora a livello di consorzi; perché sono stati elargiti una serie di fondi europei che hanno costituito dei consorzi multinazionali.
Gli operatori privati sono già partiti con la parte di pagamento, e fanno accordi con le varie nazioni per poter inserire funzionalità aggiuntive, ad esempio le chiavi per aprire l’automobile, oppure la carta d’identità e la patente.
Per esempio, il nostro Spid o la nostra CE potrebbero finire dentro un wallet, forse emesso dal governo o forse da operatori privati, ora è ancora tutto da definire. Non è chiaro cosa succederà. È possibile che il portafoglio sarà solo un contenitore e il contenuto verrà offerto da altri operatori, che non siano ad esempio Apple o Google, e da lì inizieranno tutte le collaborazioni che riusciranno a instaurare tra i vari operatori.
L’obiettivo del regolamento è che il proprietario di quei dati sia solo l’utente, il rischio è che se ci si muove solo con operatori privati ognuno possa avvantaggiarsi grazie alla sua capacità di gestire i dati privati degli utenti. Invece, il meccanismo che vuole favorire l’Europa è quello che il provider del wallet non deve vedere cosa c’è dentro. Perché l’unico proprietario dei dati deve essere l’utente».
LE OPEN API COSA SONO?
Le chiamate alle Open API registrate in Italia sono ancora legate ai servizi di account information e registrano un valore pari a 105 milioni nel primo semestre del 2022. Quali sono le prospettive future per l’utilizzo di questa tecnologia?
«Il tema dell’open API è di grande importanza perché sta cambiando il modo in cui funziona il sistema finanziario tradizionale. Grazie alla normativa PSD2, le banche sono state obbligate a diventare degli abilitatori di sistemi di pagamento, aprendo le proprie porte ad altri operatori del settore.
Tuttavia, questi soggetti terzi devono essere regolamentati e autorizzati ad accedere ai dati. Ciò significa che le banche possono aprire a entità terze per accedere ai dati dei loro clienti, ma solo con il consenso dei diretti interessati.
Ad esempio, si potrebbe usare un operatore che permette di avere un unico sistema per gestire i propri conti correnti in banche diverse. Questo è noto come “account information” e viene realizzato attraverso l’open API. In questo modo, autorizzando l’operatore ad accedere ai dati delle diverse banche, si può avere una visione completa dei propri averi e delle proprie spese in un unico luogo.
Quindi, si sta aprendo un mercato che prima era molto chiuso; questo attiva molte opportunità interessanti che possono essere sfruttate dai nuovi attori del mercato. Ci sono solo 19 operatori italiani che hanno scelto di accedere alle autorizzazioni, ma in Europa ce ne sono 356, di conseguenza la vivacità del settore è molto forte.
I nuovi attori stanno creando sempre più dati e servizi con l’obiettivo di offrire un miglior servizio alla clientela. Inoltre, grazie all’Open Banking, è possibile effettuare pagamenti al di fuori dell’account bancario, direttamente all’operatore con cui si effettua l’acquisto.
Così le Startup possono agganciarsi alla banca, aumentando la concorrenza e il livello di servizio offerto ai clienti. Ci vorrà tempo per questa trasformazione perché bisogna cambiare mentalità e capire quali servizi saranno più interessanti, ma ci aspettiamo che questa apertura delle banche ad altri servizi porterà a un miglioramento del livello di efficienza del mercato».
Le commissioni dei nuovi pagamenti digitali sono un freno allo sviluppo del settore?
«Attualmente, l’utilizzo dei pagamenti mobile non comporta costi aggiuntivi per i consumatori, poiché le eventuali fee sono incluse nelle commissioni del conto corrente associato alla carta di credito. Mentre, i merchant sono tenuti a pagare i costi dei pagamenti digitali.
Lato open API, i business model saranno tutti da costruire. Però l’obiettivo non è rendere più costoso il servizio per il cliente, ma creare più servizi e alcuni di questi saranno magari a pagamento perché sono nuovi. Ma altri saranno certamente gratuiti; quindi, i costi per il consumatore dovrebbero tendere prospetticamente a essere sempre più bassi.
Ci saranno quindi una maggiore varietà di servizi tra cui scegliere e alcuni potrebbero richiedere un pagamento aggiuntivo. Ad esempio, un’applicazione per saldare il parcheggio direttamente dallo smartphone richiede una piccola fee, ma i consumatori potrebbero riconoscere il valore del servizio e decidere di utilizzarlo comunque. Poi il business model delle Startup presenti nel settore è ancora da definire, perché è un mercato giovane». ©
Articolo tratto dal numero del 15 aprile 2023. Abbonati!