venerdì, 26 Aprile 2024

Moda sostenibile: che cos’è il Fashion Pact

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Il Fashion Pact è alle prese con l’uscita di prestigiose aziende del lusso e con scarsi risultati sugli obiettivi Green. La moda è un’industria cardine per l’economia di molti Paesi, che solamente in Italia genera un un giro d’affari di oltre 100 miliardi di euro. Ma è anche uno dei settori più inquinanti al mondo. Producendo dall’8% al 10% di tutte le emissioni globali, cioè tra i 4 e i 5 miliardi di tonnellate di CO2 immesse in atmosfera ogni anno.

Nonostante ciò, giganti come Hermès, Selfridges e Stella McCartney lasciano il Fashion Pact. Iniziativa volontaria che riunisce i CEO di oltre 60 aziende leader mondiali del settore tessile e del fashion impegnati in un programma comune di ambiziosi e concreti obiettivi ambientali incentrati su tre macro-temi. La lotta al cambiamento climatico, la tutela della biodiversità e la protezione degli oceani. Ma il Fashion Pact è solo un altro specchietto per le allodole per permettere ai brand di ripulirsi?

Fashion Pact: obiettivi, membri e problematiche

Il Fashion Pact è stato lanciato in occasione del G7 nel 2019 su sollecitazione del Presidente francese Emmanuel Macron. Da allora, tre volte all’anno, gli amministratori delegati di alcune delle aziende più potenti della moda si riuniscono per discutere una sfida condivisa e sempre più urgente: come ridurre l’inquinamento che il settore riversa nell’aria, negli oceani e nel suolo del mondo. Ma a quattro anni dal suo avvio, i risultati concreti sono ancora oscuri.

È infatti difficile tracciare esattamente come il gruppo si stia comportando rispetto agli obiettivi fondamentali per ridurre le emissioni, gli imballaggi in plastica e l’impatto delle materie prime. I membri sono tenuti a riferire i propri progressi annualmente, ma lo fanno in modo selettivo e, in alcuni casi, per niente. Molti devono ancora soddisfare alcuni criteri di base del Fashion Pact. Ad esempio, i firmatari dovrebbero stabilire obiettivi verificati e basati sulla scienza per ridurre le proprie emissioni, ma quasi il 40% non si è ufficialmente impegnato a farlo.

Anche se, a tal proposito, la leadership ha affermato di aver trascorso gli ultimi tre anni a gettare le basi per un’azione più rapida. Il gruppo si concentra su progetti a lungo termine che richiedono il consenso di più parti interessate e ci vorrà del tempo per mostrare l’impatto sul campo. Come ad esempio utilizzare il 100% di energia rinnovabile entro il 2030 e raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050.

L’iniziativa include aziende tanto importanti, che si dice che i suoi membri rappresentino il potere decisionale di circa un terzo del settore. Ne fanno parte i giganti del lusso Kering, Chanel e Prada, o i titani dell’abbigliamento sportivo Nike e Adidas. Ma anche colossi del fast fashion H&M Group e Inditex.

I successi

Oltre il 40% dei membri ha fissato uno o più obiettivi relativi alla biodiversità con il supporto degli strumenti e della ricerca sviluppati dall’iniziativa. Ma resta comunque da vedere come questo maggiore impegno si traduca effettivamente in azioni per ridurre l’impatto e promuovere l’obiettivo collettivo di sostenere la deforestazione zero entro il 2025.

Però il tempo stringe. E a questo punto, è più probabile che le temperature globali superino di 1,5°C i livelli preindustriali entro i prossimi cinque anni. Soglia oltre la quale diventerà difficile evitare i peggiori effetti del riscaldamento globale. E la fashion industry sta già risentendo delle conseguenze delle condizioni meteorologiche estreme. Sia per quanto riguarda la supply chain e le materie prime, sia nelle abitudini di acquisto dei consumatori.

Contemporaneamente negli ultimi due anni c’è stata una stretta al greenwashing. Anche da parte delle istituzioni governative. A causa di impegni climatici aziendali che si sono rivelati, come si suol dire, tutto fumo e niente arrosto. Il fenomeno ha amplificato la pressione sulle aziende affinché forniscano risultati reali. E adesso gli occhi sono tutti puntati sui membri del Fashion pact. ©

Credit: Canva.com

Dopo gli studi universitari in relazioni internazionali e un master in Communication & brand management inizia subito a lavorare nella moda a Milano. Scrive a tempo pieno per diverse testate occupandosi di business, moda, lusso e design. La conoscenza finanziaria maturata nell'editoria e l’occhio per le ultime tendenze sono i suoi punti di forza.