sabato, 7 Dicembre 2024

Crédit Suisse: quanto costa il salvataggio

Sommario
Crédit Suisse

UBS porta a termine l’acquisizione di Crédit Suisse. La fusione salva la banca svizzera dall’umiliazione di una bancarotta e il sistema finanziario dalle sue conseguenze. Ma non tutti escono dalla crisi sulle proprie gambe. Quanti danni ha fatto il tracollo dell’istituto di credito?

Gli azionisti

Dopo l’accordo con le autorità federali elvetiche e l’assenso della SEC (Securities and Exchange Commission, organo di vigilanza del mercato USA, ndr), si chiude ufficialmente la fusione tra le prime due banche svizzere per importanza. Il titolo di Crédit Suisse viene delistato contemporaneamente dalla Borsa svizzera e dal New York Stock Exchange, dov’era quotata. I soci dell’acquisita confluiscono dunque nell’azionariato della storica rivale. Ma a che rapporto? La proporzione è ingenerosa: stando agli ultimi accordi delle parti, ciascun azionista avrebbe ricevuto un titolo UBS contro 22,48 di Crédit Suisse. Condizioni dure, ma che riflettono gli attuali valori di mercato: 18,36 franchi svizzeri per la prima contro 0,82 per la seconda. Tornando indietro al 16 marzo, prima del crac, l’istituto scambiava a circa 2,02 CHF ad azione. La perdita, su questo breve range, sarebbe dunque di circa 1,20 franchi (circa 1,23 euro) ad azione, ovvero quasi il 60% del capitale investito. Ma i guai per la banca elvetica erano cominciati ben prima di allora e rendono la stima ancora ottimistica rispetto, per esempio, a una valutazione anno su anno. Allargando il campo in questo modo, il calo complessivo sale a 4,88 CHF su 5,66, facendo salire la perdita all’86% del totale.

I cittadini svizzeri

Eppure, gli azionisti non sono gli unici ad avere di che lamentarsi per gli effetti della cattiva gestione finanziaria di Crédit Suisse. A doverne pagare le conseguenze sono anche le casse della Confederazione Elvetica, e dunque i contribuenti stessi. Nell’immediato, per indurre UBS a effettuare il salvataggio, il Governo svizzero ha messo sul piatto 9 miliardi di franchi di garanzie dirette per coprire ulteriori perdite derivanti dall’operazione. Ma se le perdite dovessero eccedere questa cifra, scatterebbe un ulteriore fondo, proveniente dalla Banca Centrale Svizzera e garantito dall’Esecutivo, che fornirebbe fondi fino a un massimo altri 100 miliardi di franchi. Più improbabile è che si arrivi a utilizzare gli ulteriori 100 miliardi di risorse messi a disposizione dalla Banca Centrale senza la garanzia governativa. Ma anche così, il costo potrebbe giungere a 109 miliardi di franchi totali, circa 12500 per cittadino (includendo anche i non contribuenti).

I bond AT1

Un conto salatissimo, cui potrebbe aggiungersi un’altra voce. All’indomani del crollo, FINMA, l’autorità incaricata di supervisionare i mercati elvetici, aveva deciso per l’azzeramento di bond Additional Tier 1 per il valore di circa 15,5 miliardi di franchi, al fine di garantire maggiori disponibilità liquide alla banca. Le obbligazioni AT1 sono titoli molto rischiosi, disegnati appositamente per garantire a chi li emette riserve di liquidità in caso di crisi, attraverso la loro conversione in azioni. In questo caso, tuttavia, gli obbligazionisti (detentori di capitale di prestito) non sono stati rimborsati in alcun modo, a differenza dei titolari di azioni (capitale di rischio). Proprio a questa inversione del tradizionale ordine di rimborso, che ha scioccato i mercati, si appigliano i detentori dei bond cancellati in una causa pendente presso la Corte Amministrativa Federale. Se la Corte dovesse deliberare a loro favore, la perdita sarebbe trasferita a carico di UBS. Ma pare improbabile che la banca si rassegnerebbe ad accettare una perdita tanto consistente per un errore imputabile, a prima vista, alle autorità federali. Il che potrebbe significare ulteriori guai (e spese) per i già travagliati conti pubblici.

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Da sempre appassionato di temi finanziari, per Il Bollettino mi occupo principalmente del settore bancario e di esteri. Curo una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".