lunedì, 29 Aprile 2024

Boom dei prezzi dei farmaci, aumenti fino al 130%. L’inchiesta

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Curarsi costerà molto di più dell’anno scorso, se non scegliamo attentamente le medicine. Infatti, il costo di molti farmaci di classe C con ricetta è aumentato a dismisura. Sono una quarantina le medicine che nel 2023 hanno visto il loro prezzo crescere di più del 20% rispetto al 2022. In alcuni casi l’incremento supera abbondantemente il 100%, stando alla lista fornita da Farmadati Italia, azienda che produce banche dati per il settore farmaceutico. Gli aumenti non risparmiano neanche il paracetamolo, analgesico che figura tra le medicine più prescritte in assoluto.

Sono ben quindici i farmaci composti da questo principio attivo che sono aumentati di prezzo, con percentuali che vanno dal 5,71% al 32, 91%. E sono diversi i produttori che hanno incrementato il costo per confezione di un euro o più rispetto all’anno scorso. Solo alcuni esempi dei quasi 1.000 farmaci interessati dall’incremento. Una spesa in più che ricade totalmente sulle spalle del cittadino, poiché queste tipologie di medicine non sono concesse dal Servizio Sanitario Nazionale, a meno che non si possieda una pensione di guerra.

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Le cause degli aumenti dei farmaci

Ironicamente, proprio la guerra in Europa è uno dei fattori principali che influiscono sul boom dei prezzi. Infatti, il conflitto in Ucraina ha provocato problemi di approvvigionamento dei principi attivi farmaceutici, materie prime alla base dei medicinali. Una situazione che ha determinato un calo della produzione delle fabbriche, in alcuni casi costrette a chiudere a causa delle spese troppo elevate e delle continue interruzioni delle forniture.

Ma questi aumenti dei prezzi sono leciti?

«La situazione degli aumenti dei prezzi ha creato grande confusione. È un tema di cui si parla molto all’interno di AIFA in questi mesi, che da gennaio sta monitorando la situazione per verificare che gli incrementi siano in linea con i limiti massimi previsti dal Decreto Storace», ci ha rivelato una fonte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Tuttavia, AIFA ufficialmente non ha risposto alle nostre domande. Lo ha fatto Famaciline, il centro d’informazione indipendente sui medicinali autorizzati dell’Agenzia, sottolineando che «l’unico obbligo del titolare AIC è di comunicare ogni variazione del prezzo all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la cui azione di monitoraggio sui farmaci con obbligo di prescrizione consiste nella verifica che il prezzo del medicinale venga aumentato ogni due anni».

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I farmaci più cari

Passando in rassegna l’elenco dei farmaci che hanno subito una variazione di prezzo emerge che quelli che sono aumentati di più del 20% sono circa 150. Il record negativo spetta al Dukoral (orale sosp 2 flaconcini 3 ml) vaccino contro il colera prodotto da Valneva Sweden, che costa 140,76 euro, il 176% in più rispetto all’anno scorso. Al secondo posto troviamo invece il sodio cloruro di Salf (10 sacche soluz infus 1.000 ml 0,9%), per cui spenderemo il 121,82% rispetto al 2022.

Il terzo classificato è il potassio lattato (EV 20 meq 10 ml), farmaco per il trattamento della carenza di questo minerale, il cui prezzo è aumentato del 101,32%. Come anticipato, la vigilanza sui prezzi spetta all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che ha il compito di monitorare l’entità degli aumenti. È importante però sottolineare che l’AIFA può autorizzare lo sforamento dei limiti nel caso in cui ci siano motivazioni sufficienti a giustificarlo, quali ad esempio problemi nella catena di approvvigionamento e produzione che durano per periodi di tempo significativi.

L’anno scorso l’Agenzia ha introdotto un nuovo strumento digitale per la comunicazione degli aumenti dei prezzi previsti per il 2023. Le case farmaceutiche hanno avuto tempo fino al 31 gennaio di quest’anno per comunicare le variazioni, due settimane prima dell’entrata in vigore. Le informazioni che l’azienda deve fornire comprendono il prezzo vigente, il nuovo prezzo comprensivo della variazione e eventuali annotazioni. Successivamente, il sistema calcola automaticamente la variazione percentuale e emette una ricevuta. Un documento che contiene diverse informazioni, tra cui il codice di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale, la ditta produttrice, il nuovo prezzo al pubblico, la data di decorrenza e la variazione percentuale. Infine, la casa farmaceutica invia la ricevuta all’indirizzo email specifico.

Se l’azienda riscontra errori nei dati o l’assenza dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) deve chiedere che vengano inseriti all’interno della Banca Dati Farmaco (BDF) indicando il codice AIC ed il codice SIS della confezione e dell’azienda titolare associata per cui viene richiesto l’aggiornamento della banca dati. Un sistema che a una prima analisi sembra affidabile, ma che è anche molto complesso. E il gran numero di aumenti di medicine potrebbe aver rallentato il processo di monitoraggio dei prezzi.

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Farmaci, autorità allo stremo

Il 2022 è stato caratterizzato infatti da difficoltà di approvvigionamento e dalla crescita del prezzo del gas, che hanno influito sulla capacità di produzione delle case farmaceutiche. In particolare, l’industria nazionale è fortemente dipendente dall’estero per i principi attivi. Infatti, il 75% di queste materie prime arriva dall’Estremo Oriente, principalmente da India e Cina. Le cronache degli scorsi mesi lasciano pensare che alcune case farmaceutiche potrebbero aver già ricevuto il via libera dall’AIFA, ma non sappiamo quante e quali siano.

Certo è, invece, che il mercato farmaceutico ha caratteristiche uniche. In alcuni casi si configura come un monopolio, perché nei 20 anni successivi alla scoperta di un nuovo principio attivo le case farmaceutiche hanno il brevetto esclusivo. Di più, registrano la proprietà della materia prima ancora prima di iniziare gli studi, che durano in media dieci anni. L’articolo 32 della Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale e prescrive di fornire cure agli indigenti. Per questa ragione il servizio sanitario nazionale copre interamente il costo della maggior parte dei farmaci.

Le autorità sanitarie si trovano quindi a dover negoziare i nuovi prodotti con le aziende in una totale assenza di competizione. Il riferimento per determinare il prezzo è il valore in termini di salute. Le case farmaceutiche, dal canto loro, vogliono recuperare gli ingenti investimenti fatti in ricerca e sviluppo, che mediamente si aggirano tra il miliardo e il miliardo e duecento milioni di euro. Fondi ingenti, che i servizi sanitari nazionali non possiedono.

Ma la grande industria farmaceutica può coprire le spese di ricerca e sviluppo senza problemi, forte di un fatturato totale che supera il Pil della maggior parte degli Stati. In questo modo si alimenta lo studio di nuovi farmaci e vaccini, compiendo passi in avanti altrimenti impensabili. Tuttavia, il rovescio della medaglia è che i farmaci che arrivano sul mercato hanno un costo che pesa sempre più sulla collettività. Allo stesso tempo, la scarsità di risorse spinga i sistemi sanitari nazionali a cercare di tagliare le spese. Basti pensare che nel 2022 i farmaci erogati attraverso le farmacie, al netto del payback dell’1,83% (versato dalle aziende farmaceutiche alle Regioni) sono costati al servizio sanitario nazionale ben 7.675,2 milioni di euro.

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Le particolarità del mercato dei farmaci

C’è però una buona notizia. Infatti, dopo 20 anni il brevetto esclusivo decade e il principio attivo in questione può essere utilizzato da altre case farmaceutiche per formare farmaci equivalenti. Una tipologia di medicine che hanno in media un prezzo inferiore del 50/70% rispetto a quelle coperte da brevetto.

I farmaci equivalenti danno vita a un meccanismo virtuoso che permette al sistema sanitario nazionale di recuperare in parte le risorse spese e ai consumatori di risparmiare. Soffermandosi sulla spesa che i pazienti devono sostenere in prima persona, è importante quindi conoscere queste medicine che possono sostituire quelle più costose, con effetti simili. Tuttavia, a volte gli aumenti di prezzo sono trasversali, complicando ancora di più la scelta del farmaco più economico. È il caso, ad esempio, del paracetamolo. Sono ben 15 le medicine basate su questo principio attivo che quest’anno costano di più rispetto al 2022. Da ultimo, non certo per importanza, non tutti conoscono l’esistenza dei farmaci equivalenti.

Arriviamo così alla seconda particolarità del mercato dei farmaci, che risiede nel fatto che i consumatori non hanno la piena consapevolezza del prodotto acquistato. In altre parole, senza la prescrizione del dottore non sanno quale comprare e non conoscono esattamente la composizione. C’è, insomma, un’evidente asimmetria informativa. Infatti, i pazienti percepiscono i sintomi ma non sono in grado di comprenderne cause e cure. Assumono le medicine fidandosi ciecamente delle prescrizioni del dottore, il quale non sempre presta attenzione al prezzo dei farmaci.

Gli economisti definirebbero il medico come un agente imperfetto in nome e per conto del paziente. La letteratura scientifica stessa afferma che il medico ha un proprio interesse. In altre parole, si potrebbe comportare in modo differente con il proprio paziente a seconda di come viene pagato. Ad esempio, quando gli ospedali erano remunerati in base alle giornate di degenza trascorse dai pazienti, queste strutture avevano interesse a trattenere per diversi giorni le persone. Con un effetto sull’approccio clinico.

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L’importanza dei prodotti equivalenti

In questo complesso sistema fatto di brevetti, esternalità e grandi fondi, il ruolo dei farmacisti assume sempre maggiore importanza. Spetta a loro di controllare che il prezzo al pubblico sia lo stesso indicato sull’etichetta, come prescrive la legge.

Federfarma, contattata telefonicamente per un commento, ha sottolineato l’importanza di rivolgersi al proprio farmacista per risparmiare. L’associazione ha posto l’attenzione sul fatto che richiedere farmaci equivalenti sia la soluzione più semplice contro il caro farmaci. A proposito dell’entità degli aumenti, Federfarma ha sottolineato l’importanza di calcolare l’impatto reale sul tenore di vita del cittadino. Un impatto che secondo l’associazione potrebbe essere di entità lieve, scegliendo le alternative a minor prezzo sul mercato. Un discorso che non vale però per le medicine che non possiedono un farmaco equivalente. In alcuni casi potrebbe non essere sufficiente neanche scegliere una medicina basata su un principio attivo differente ma che ha effetti simili, a causa della trasversalità degli aumenti rispetto allo scorso anno. Chiedere consiglio al farmacista può aiutare a diminuire la spesa per i farmaci, che altrimenti rischia di essere un salasso per i pazienti. ©

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📩 [email protected]. Il mio motto è "Scribo ergo sum". Mi laureo in "Mediazione Linguistica e Interculturale" e "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, specializzandomi in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di libri, spazio, crypto, sport e food. Scrivo per Istituto per la competitività (I-Com), Istituto per la Cultura dell'Innovazione (ICINN) e Innovative Publishing. Collaboro con Energia Oltre, Nuova Energia, Staffetta Quotidiana, Policy Maker e Giano.news.