Shell minaccia di portare Greenpeace in Tribunale per ottenere un risarcimento danni da 8,6 milioni di dollari. Il gigante dell’Oil&Gas ha inviato una lettera all’Associazione che anticipa l’avvio di una causa legale, a meno che gli ambientalisti non accetteranno un pesante compromesso.
Cosa chiede Shell?
Shell offre uno sconto a Greenpeace, in cambio della promessa di non protestare mai più sulle infrastrutture del gruppo. La richiesta arriva in risposta alla protesta messa in atto da sei attivisti, che dal 31 gennaio hanno occupato per 13 giorni la piattaforma petrolifera Penguins. Il gruppo ha tenuto a sottolineare che l’azione legale nasce con l’obiettivo di salvaguardare la sicurezza dei manifestanti.
«Si tratta semplicemente di prevenire attività in mare o in porto che potrebbero mettere in pericolo la vita delle persone, come è accaduto all’inizio di quest’anno, niente di più. Il diritto di protestare è fondamentale e lo rispettiamo assolutamente. Ma deve essere fatto in modo sicuro e legale», ha affermato il portavoce della società.
La risposta di Greenpeace
Greenpeace smetterà di protestare solo quando la compagnia petrolifera smetterà di distruggere il clima. È la secca risposta dell’Associazione, che definisce la richiesta di risarcimento un’azione intimidatoria e una delle più grandi minacce legali negli oltre 50 anni di storia dell’organizzazione.
«Shell sta cercando di mettere a tacere le mie legittime richieste: deve fermare la sua insensata e avida ricerca di combustibili fossili e assumersi la responsabilità della distruzione che sta causando nel mondo. Mi alzerò in tribunale e combatterò per questo. Se si rifiutano di smettere di trivellare, mi rifiuto di smettere di lottare per la giustizia climatica», ha affermato Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace Southeast Asia, tra gli attivisti nominati nella citazione del gruppo.
Cosa succederà?
Le parole di Greenpeace sembrano chiudere definitivamente le porte a una possibile mediazione con il gigante petrolifero. La palla passa ora a Shell, che non è nuova a cause contro ambientalisti. ClientEarth ha già citato, senza successo, 11 direttori del gruppo presso l’Alta Corte di Giustizia di Londra in quanto responsabili di una errata strategia climatica.
Ma non sempre i giudici si sono pronunciati a favore del gigante dell’Oil&Gas. Infatti, nel 2021 un Tribunale olandese ha dato ragione a Friends of the Earth, costringendo l’azienda a impegnarsi a ridurre le emissioni di petrolio e gas del 45% rispetto al 2019 da qui al 2030. ©
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