giovedì, 2 Maggio 2024

Violenza economica sulle donne: le prime a pagare? Le separate. Cosa dice la legge

Sommario

Una donna su due è stata vittima di violenza economica. Esattamente è il 49% delle intervistate nel rapporto di WeWorld, in collaborazione con Ipsos, che dichiara di aver subito almeno un episodio di questo tipo. Una percentuale che sale al 67% tra le donne separate o divorziate. Oltre un quinto di loro infatti ha subito decisioni finanziarie prese dal partner senza il proprio consenso e il 61% ritiene di essere – una volta diventata single – in una peggiore condizione economica rispetto a prima.

Come si riconosce

Riconoscere la violenza economica non è facile. Quali sono i campanelli d’allarme? In pratica tutti i comportamenti del partner volti a controllare la propria capacità di acquisire, utilizzare e mantenere risorse economiche. Può trattarsi però di un atteggiamento talvolta difficile da cogliere. Ma quando ci si accorge che viene meno piano piano la propria autonomia finanziaria e il potere decisionale su ogni aspetto della vita, dalla cura della propria immagine al coltivare una passione o amicizie, fino al possesso di un conto corrente a proprio nome, è il caso di correre ai ripari.

L’importanza della prevenzione

Qual è il confine tra violenza economica e scelte condivise? Perché la vittima fa fatica a essere creduta? Queste sono alcune domande essenziali per affrontare il problema e cercare di risolverlo. In che modo? Per combattere questo cancro sociale, al primo posto delle mosse da compiere c’è la prevenzione. E in questo la scuola può fare una parte importante. L’89% dei protagonisti dello studio ne è certo: educare all’indipendenza economica e a gestire i propri soldi è prioritario fin da piccoli.

Il gap salariale

Il gap salariale e lavorativo tra uomini e donne è ancora lontano dall’essere colmato. A livello globale solo una donna sue due ha un lavoro retribuito, ma più in generale è tutta l’organizzazione della società a partire dalla dimensione domestica e familiare fino all’accesso alla politica e alle istituzioni a porre al centro gli uomini, come sottolinea il rapporto Violenza economica, dell’Ordine degli psicologi della Lombardia. E poi gli stereotipi di genere portati avanti anche nel quotidiano. Con «automatismi nella vita quotidiana che danno per scontate nelle generazioni alcune costanti su una divisione dei ruoli non paritetica in termini di accesso alle opportunità».

Che cosa dice la legge

  • Nel Diritto internazionale: il primo strumento giuridicamente vincolante è la Convenzione di Istanbul, entrata in vigore il 1° agosto 2014. L’art. 3 dice:«una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata» e definisce la violenza domestica come «tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima».
  • In Italia: nel nostro sistema di diritto la violenza economica non è considerata un reato determinato ma è inquadrabile nel sistema di diritto civile e di diritto penale. Ai casi di violenza economica si possono applicare gli ordini di protezione contro gli abusi familiari previsti ai sensi dell’art. 342 bis e dell’art. 342 ter del codice civile. La violenza economica in Italia viene menzionata per la prima volta dall’art. 3 del decreto 93/2013 convertito in Legge 119/2013 che disciplina l’istituto dell’ammonimento.
    Le restrizioni economiche, dal controllo dell’impiego delle proprie risorse fino alle privazioni economiche, possono inoltre configurare diversi reati:
  • Maltrattamenti in famiglia (art. 572 del codice penale)
  • Violenza privata (art. 610 del codice penale)
  • Controllo e limitazione assoluta della libertà personale, come riduzione e mantenimento in schiavitù (art. 600 del codice penale)
  • Violazione degli obblighi di assistenza familiare, privazione parziale o totale delle risorse economiche necessarie per il sostentamento personale e dei figli (art. 570 del codice penale).

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Credits: Canva

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con il pallino del giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere per i giornali, quasi sempre online. All’inizio di cinema e spettacoli, per poi passare a temi economici, soprattutto legati al mondo del lavoro. Settori di cui mi occupo anche per Il Bollettino.