lunedì, 29 Aprile 2024

Euro digitale: novità e differenze con le crypto

Sommario

Nel settore dei pagamenti, l’euro digitale potrebbe ridefinire le condizioni del Mercato. La BCE (Banca Centrale Europea) inizia la fase di preparazione, che durerà almeno fino al 2025. Ciò non implica una decisione sull’emissione della valuta digitale, che sarà presa solo una volta completato l’iter legislativo da parte della Commissione europea. Ma è un bel passo avanti. «Per euro digitale si intende una passività della BCE resa disponibile in forma virtuale per i pagamenti al dettaglio, a complemento del contante e dei depositi», dice Silvia Attanasio, Responsabile Ufficio Innovazione di ABI. La valuta punta a proporre un metodo di pagamento alternativo al denaro fisico, al fine di garantire la stabilità finanziaria ed economica. L’obiettivo è anche quello di contrastare l’ingresso delle Big Tech nei pagamenti elettronici, che potrebbe ridurre la competitività della Banca Centrale in questo segmento.

Come funzionerà questo nuovo mezzo?

«L’esperienza d’uso di base sarà molto simile a quella a cui siamo abituati già oggi: si potrà utilizzare il proprio conto in euro digitale tramite un’applicazione per smartphone o tramite una carta fisica. In termini di facilità, continueranno a svolgere un ruolo fondamentale le banche commerciali, le quali manterranno il proprio compito di intermediario tra la BCE e i cittadini. Questi ultimi, infatti, esattamente come fanno oggi per prelevare o depositare contanti, si rivolgeranno alle banche per aprire e disporre di un conto in euro digitale».

A che punto siamo con il progetto?

«A oggi, l’emissione dell’euro digitale non è stata ancora decisa in via ufficiale, in attesa del completamento del quadro legislativo. In ogni modo, sia la BCE sia i co-legislatori stanno lavorando attivamente e convintamente per arrivare a questo risultato. Del resto, il progetto della BCE è cominciato poco più di due anni fa, con l’avvio di una fase di indagine che si è conclusa solo lo scorso ottobre e che ha permesso di studiare i primi casi d’uso e le caratteristiche fondamentali che dovrà avere la valuta. Dal primo novembre, invece, la BCE ha cominciato i lavori per definire regole e standard di riferimento e per selezionare i fornitori tecnologici che si occuperanno di sviluppare e mantenere l’infrastruttura. In parallelo, il 28 giugno scorso, la Commissione europea ha pubblicato la proposta legislativa che potrebbe regolare questa nuova forma di moneta. Questo testo ora è al vaglio di Parlamento e Consiglio».

Euro digitale e valuta fisica possono coesistere?

«Certamente, la forma cartacea e la moneta continuerà a esistere fin quando i cittadini vorranno utilizzarla. D’altra parte, la BCE ha sempre sostenuto che l’euro digitale sarà complementare e non sostitutivo dei contanti e degli altri strumenti di pagamento elettronici, nella convinzione che poter scegliere tra diverse alternative sia sempre positivo per il Mercato. Già oggi ci sono molti esempi di coesistenza di strumenti che svolgono funzioni analoghe in modalità diverse. Anche per questo, non occorre che il singolo strumento soddisfi tutte le esigenze: alcune di esse troveranno risposta grazie alla ricchezza delle alternative. Tuttavia, per attrarre i possibili utilizzatori, l’euro digitale dovrà mostrarsi “utile” e nuovo in qualche aspetto concreto. Dovrà essere funzionalmente diverso dagli strumenti di pagamento che usiamo oggi, per integrare e non competere con i contanti e la moneta elettronica di banca commerciale».

Qual è la principale differenza tra l’euro digitale e le altre criptovalute, ad esempio il Bitcoin?

«Si tratta di fattispecie diverse e non comparabili. L’euro digitale è quello che si dice una CBDC (moneta digitale di Banca Centrale), ovvero uno strumento per natura centralizzato ed emesso da un soggetto unico e ben identificato: la Banca Centrale. Invece, le criptovalute sono frutto di iniziative private, dove a volte, ad esempio per i Bitcoin, non è neanche possibile identificare un soggetto di riferimento che sia responsabile del progetto. Inoltre, la maggior parte di esse (Bitcoin, Ether, ecc.) ha un valore estremamente volatile, che può addirittura cambiare significativamente nel giro di poche ore. Questa caratteristica le rende inadatte a essere utilizzate come unità di conto e mezzo di pagamento e molto rischiose anche in termini di riserva di valore, se ripercorriamo le funzioni svolte da una moneta per essere considerata tale. All’opposto, un euro digitale varrà sempre un euro».

Cosa significa programmabilità della valuta digitale e quali benefici può portare?

«Nel settore dei pagamenti, la programmabilità è quella caratteristica che consente di impostare e personalizzare alcune regole di funzionamento delle transazioni. Sul concetto di programmabilità, durante la fase di indagine della BCE, si è acceso un forte dibattito. Occorre però distinguere tra programmabilità della moneta e programmabilità dei pagamenti, che sono due concetti molto diversi: nel primo caso, si altera stabilmente la funzionalità della moneta e la sua fungibilità, assimilandola a una sorta di “gettone” finalizzato alla fruizione di un servizio.

La programmabilità dei pagamenti, invece, focalizza le specifiche funzioni innovative a una sola transazione, terminata la quale la moneta torna a essere equivalente a tutte le altre. Quindi, mentre la programmabilità della moneta è, senza dubbio, una caratteristica che non si può associare all’euro digitale, la programmabilità dei pagamenti potrebbe rappresentare un importante valore aggiunto, in grado di aprire le porte a una gamma di servizi innovativi che oggi iniziamo appena a intravedere».

In che modo andrebbero incentivati i consumatori a utilizzarlo?

«I consumatori useranno l’euro digitale solo se porterà loro valore aggiunto rispetto agli strumenti che utilizzano già. Per esempio, se rendesse possibile la programmabilità dei pagamenti, gli intermediari potrebbero offrire nuovi servizi a cui oggi i cittadini non hanno accesso. Si tratta di rendere l’euro “a prova di futuro”. Di progettarlo e realizzarlo in modo che abiliti servizi che a oggi non riusciamo neanche a immaginare. Un po’ come è successo con il web dei primi anni ’90, che oggi supporta il Metaverso e l’intelligenza artificiale.

Per provare a dare concretezza a questo futuro, le banche italiane hanno lavorato fin dal principio per immaginare, grazie alla programmabilità dei pagamenti, nuovi servizi a valore aggiunto come la split transaction (un’unica transazione in cui più beneficiari ricevono parte del denaro movimentato, come nell’acquisto di una casa) e il conditional payment (ad esempio per erogare un bonus governativo o dare la paghetta ai minorenni escludendo l’acquisto di alcuni prodotti e servizi)».

Considerando che l’euro digitale si sovrapporrà ai mezzi di pagamento elettronici attualmente presenti, quali saranno le conseguenze per il settore e gli intermediari?

«Come accade già oggi, nel nostro portafogli c’è spazio per molti strumenti diversi e questa sarà una delle alternative. La BCE intende comunque preservare il ruolo di banche e intermediari a supporto dell’economia, attraverso le molteplici funzioni che essi svolgono, ed evitare fenomeni di destabilizzazione. Per questo motivo, Francoforte ha chiarito che la nuova forma di moneta non dovrà essere usato come riserva di valore, ma solo come mezzo di pagamento. Per conseguire tale obiettivo saranno progettati appositi strumenti che limitino la detenzione di euro digitali, come ad esempio un tetto massimo al possesso chiaro e facilmente comprensibile, mentre il collegamento con il conto corrente consentirà di superarli a livello di transazione».

Quali sono i rischi legati alla privacy?

«Grazie al Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), già conosciamo il quadro di regole che tutelerà la privacy degli utilizzatori: non ci sarà un unico punto di raccolta dei dati dei singoli cittadini e quindi non ci sarà nessun rischio “Grande Fratello”. Questa è una delle massime priorità per la BCE. In una transazione online, l’infrastruttura dell’euro digitale sarà sviluppata in modo tale che, esattamente come avviene oggi con i pagamenti elettronici, solamente l’intermediario dell’utente avrà visibilità sulle sue transazioni, mentre la Banca Centrale non potrà mai risalire alle persone che hanno effettuato o ricevuto uno specifico pagamento.

Inoltre, è allo studio una versione offline dell’euro digitale, che intende abilitare l’esecuzione di operazioni anche senza connessione a internet e senza alcun intermediario coinvolto nella transazione. Ovviamente questa configurazione comporta dei limiti e degli svantaggi rispetto alla versione online: non avendo accesso ai dati delle transazioni offline, gli intermediari non potranno offrire servizi a valore aggiunto su questi movimenti e non potranno neanche intervenire qualora l’utente perda parte o l’intera disponibilità della somma digitale offline posseduta. Un po’ come succede oggi quando una persona perde il portafoglio».

Come cambieranno i pagamenti da persona a persona, in negozi e verso la pubblica amministrazione?

«Molto dipenderà dalle caratteristiche che avrà l’euro digitale. Se ben disegnato, potrebbe sicuramente migliorare, ad esempio, molte inefficienze della pubblica amministrazione. Si pensi ad esempio ai bonus ministeriali che oggi vengono erogati tramite dei voucher gestiti su piattaforme parallele e alle quali tutti gli attori interessati devono accedere, comportando tempi e costi per tutto il Sistema Paese. Nei pagamenti fra persone, potremo scambiare denaro in forma digitale in modo molto semplice, senza doverci chiedere quale piattaforma si utilizzi».

In che modo l’Europa può rimanere competitiva nell’era digitale?

«Sicuramente sviluppando una forma di moneta digitale sicura e di valore per il futuro. Per l’UE, la sicurezza è da sempre un punto di forza oltre che una priorità, quindi non ho dubbi a riguardo. Quanto al valore, è fondamentale abilitare gli intermediari a sviluppare e offrire nel tempo servizi che possano rispondere alle mutevoli esigenze del Mercato e, secondo l’ABI e le banche italiane, questo passa necessariamente dalla programmabilità dei pagamenti. Diversamente, l’euro digitale potrebbe perdere attrattività per gli utenti, perché queste funzioni saranno offerte da valute digitali straniere e da altri strumenti di pagamento privati, sui quali le istituzioni europee avrebbero decisamente meno controllo. Il rischio quindi, oltre a perdere un’opportunità competitiva, sarebbe quello di vanificare i risultati delle azioni di politica monetaria che la BCE potrebbe mettere in atto in futuro».

Guardando un po’ verso l’esterno, quali sviluppi vede nel settore delle CBDC e dell’euro digitale nei prossimi anni? «In generale, è difficile fare previsioni che vadano oltre i 12 mesi in questo settore. Alcuni progetti di CBDC sono già attivi in giro per il mondo e sicuramente tanti altri ne seguiranno nei prossimi anni (due grossi esempi su tutti la Cina e l’India, che sono attualmente in fase pilota). Per l’euro digitale, vedremo come proseguiranno l’iter legislativo e i lavori della Banca Centrale, ma questa trasformazione è ormai inevitabile». ©

📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 gennaio 2024. Abbonati!

Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “il punto sui Mercati”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]