venerdì, 3 Maggio 2024

Diversità e inclusione: le norme europee (che mancano)

Sommario
diversità

Performare meglio del Mercato: il grande imperativo di aziende e operatori nel campo finanziario (e non). Ma anche valori come Diversity, Equity and Inclusion, riassunti nella sigla DEI, diventano driver economici essenziali. «Occorrerebbe individuare norme armonizzate europee in tema per tutte le istituzioni finanziarie», dice Roberta D’Apice, Direttore Affari Legali e Regolamentari, Assogestioni. «Avere un terreno comune è fondamentale per ridurre il rischio di arbitraggio regolamentare e concorrere al tempo stesso all’obiettivo di una maggior competitività del Mercato finanziario europeo». Come osservato da McKinsey, la correlazione con la performance è sempre più evidente: le compagnie nel quartile più alto per diversità di genere hanno il 25% di probabilità in più di battere la media del Mercato rispetto a quelle nel più basso. In compenso, le normative europee in materia paiono ancora indietro rispetto allo stato dell’arte.

Roberta D’Apice, Direttori Affari Legali e Regolamentari, Assogestioni

Un fattore che può fare la differenza, in un anno come questo 2024, che sarà molto probabilmente diviso a metà. Laddove molti avrebbero sperato in un imminente taglio dei tassi di riferimento delle Banche Centrali, un’inflazione che non molla e gli ancora solidi dati economici fanno rinviare quel momento almeno fino a luglio, per gli USA. Quanto all’Europa, la BCE si stacca dalle scelte americane e annuncia che anticiperà la FED, iniziando probabilmente a tagliare dello 0,25 da giugno.

Nel frattempo, questa prima metà d’anno potrebbe essere la più dura, con le imprese che sentono gli effetti della stretta, nella forma di un costo maggiore del credito e di un conseguente aumento delle insolvenze – già previste al +19% in Italia. In una situazione del genere, diventa a maggior ragione importante cercare di spiccare in tutti i modi possibili per sfruttare al meglio l’allentamento che seguirà.

Emerge sempre di più dalla base degli stakeholder una domanda di normative comunitarie che stabiliscano principi chiari e universali di diversità e inclusione. Come si presenta il framework normativo?

«La legislazione europea sugli intermediari finanziari prevede disposizioni volte a promuovere la diversità solo per le banche (CRD) e per le imprese d’investimento (MiFID), con una particolare attenzione alla diversità nella composizione dei board. Nessuna disposizione in tema di diversità (e inclusione) è invece presente né nella direttiva per i gestori di fondi UCITS (“undertakings for the collective investment in transferable securities”, fondi regolamentati a livello europeo e scambiabili in tutta Europa, ndr) né in quella per i gestori di FIA (Fondi di Investimento Alternativo, ndr). La stessa lacuna è riscontrabile nella Direttiva IORP II del 2016 per gli enti pensionistici aziendali o professionali e nella Direttiva Solvency II del 2009 per le imprese di assicurazione.

Norme trasversali europee in tema di diversità sono previste con riferimento alla diversità di genere nella Direttiva UE 2022/2381, seppur limitatamente agli amministratori delle società quotate, nonché nella Direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda le rendicontazioni di sostenibilità di talune imprese. Quanto a trasparenza salariale e migliore applicazione della parità retributiva, la materia è trattata soprattutto nella Direttiva UE 2023/970».

Guardando invece poco più in là, qual è la situazione nel Regno Unito?

«La Financial Conduct Authority (FCA) ha pubblicato lo scorso settembre un Consultation Paper dal titolo Diversity and inclusion in the financial sector – working together to drive change volto a proporre un framework normativo in tema di diversità e inclusione al fine di garantire una maggiore coerenza e trasparenza in tutto il settore finanziario UK. L’approccio adottato dalla FCA nel documento in consultazione va oltre la promozione della diversità nell’organo di gestione delle imprese finanziarie UK, suggerendo di stabilire almeno un target per ciascuna delle categorie rilevanti (organi sociali, personale apicale). Inoltre, la sottorappresentazione non riguarda solo il genere, ma anche altre caratteristiche demografiche».

Come si colloca la disciplina degli Intermediari italiani nel quadro europeo?

«Siamo più avanti rispetto alla disciplina comunitaria. I gestori italiani di UCITS e di FIA, (al pari delle banche e delle SIM) sono tenuti ad assicurare che la composizione degli organi sociali rifletta un adeguato grado di diversificazione in termini di competenze, esperienze, età, genere. Inoltre, il comitato nomine dei gestori significativi, vale a dire quelli con patrimonio netto gestito almeno pari a 5 miliardi di euro e, in ogni caso, dei gestori le cui azioni sono quotate in un mercato regolamentato italiano o estero, è tenuto, nello svolgimento dei suoi compiti, a tener conto dell’esigenza di assicurare un adeguato grado di diversificazione nella composizione collettiva dell’organo con funzione di supervisione strategica, anche fissando un target in termini di quota di genere meno rappresentato.

Per le banche italiane non quotate, la Banca d’Italia ha anche previsto l’obbligo di una quota di genere pari almeno al 33% per la composizione degli organi con funzione di supervisione strategica e quelli di controllo. Scelta effettuata anche per le imprese di assicurazione non quotate dal Ministero dello sviluppo economico nel Decreto n.88/22».

Quali step intraprendere per armonizzare il framework vigente?

«Si tratta di una esigenza rappresentata anche da EIOPA, l’Autorità europea di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali, in una lettera dell’aprile 2022 indirizzata alla Commissione Europa nella quale invita la Commissione ad allineare i requisiti di diversità. In primo luogo per le banche, tenendo conto anche delle politiche retributive, e in secondo luogo per gli assicuratori e gli IORPs (enti pensionistici aziendali e previdenziali regolamentati, ndr), nel presupposto che laddove tanto i prodotti pensionistici quanto quelli assicurativi implicano un significativo impatto sociale e finanziario sui consumatori europei, è importante che riflettano appieno le considerazioni legate alla diversità nel loro processo decisionale.

Lo stesso rilievo è stato ripetuto da EIOPA nelle consultazioni sulla revisione della Direttiva IORP II, inviate alla Commissione lo scorso settembre. Inoltre, per imprese di assicurazione, la proposta di revisione della Direttiva Solvency II richiede di“put in place a policy promoting diversity in the administrative, management or supervisory body, including setting individual quantitative objectives related to gender- balance».

Su quali principi dovrebbe basarsi un’armonizzazione delle normative europee?

«Innanzitutto, si dovrebbe adottare una definizione comune di diversità, inclusione ed equità, per aumentare la comprensione e garantire la coerenza. In secondo luogo, occorre prevedeere un’applicazione proporzionata, per tener conto delle dimensioni e delle caratteristiche della singola entità finanziaria. A seguire, l’adozione di politiche e strategie non limitate agli organi sociali, per assicurare la diffusione dei valori all’interno dell’intera organizzazione aziendale. Poi il monitoraggio e misurazione dei progressi compiuti, attraverso la definizione di obiettivi e target. Infine, professionalità, impegno e formazione, per guidare il cambiamento culturale, assieme a un principio base di meritocrazia e trasparenza, sempre e comunque essenziale».      ©

📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero dell’1 aprile 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".