C’è una sfasatura nel mercato del lavoro italiano. L’occupazione viaggia a ritmi sostenuti, con una disoccupazione ai minimi storici, intorno al 7,2% secondo gli ultimi dati. Eppure le imprese faticano a trovare lavoratori, specie le figure più specializzate. Un fenomeno conosciuto come mismatch, con cui l’Italia fa i conti da decenni ma che nel tempo si è acuito. All’appello mancano infatti 316mila figure professionali, riassume il rapporto dello scorso novembre Censis-Confcooperative “Lavoro, il mercato contorto: l’Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni”. Un esercito in crescita: nel 2021 gli introvabili erano 235mila.
Le figure mancanti
Ma in quali settori si concentrano le posizioni vacanti? Difficilmente reperibili sono per lo più fabbri (78,9%), seguiti a pari merito da tecnici in campo ingegneristico e operai specializzati del tessile-abbigliamento (70%). Sono le percentuali rese note dal borsino di aprile del Sistema Informativo Excelsior. Si fa fatica anche a reclutare sanitari (55,3%), e – sempre nel terziario – operatori per la cura estetica (55,1%) e addetti agli sportelli (51%).
Il calo demografico
Diversi sono i fattori dietro l’incontro asimmetrico tra domanda e offerta di lavoro. Pesa molto però l’inverno demografico: le fasce di soggetti in età da lavoro si assottigliano, venendo a mancare – sempre di più – forza lavoro disponibile. Osservando i dati sull’occupazione emerge come la stessa sia concentrata nelle classi di età più avanzate. Tra il 2012 e il 2022 gli occupati over 50 sono passati da 6,3 a 9 milioni, sottolinea il rapporto Censis-Confcooperative. Il gruppo over 50 corrisponde oggi al 39% del totale degli occupati (era il 28% nel 2012). Di pari passo i 15-34enni sono scesi dal 25 al 22%.
Un pezzo di Pil
A scontare la mancanza di lavoratori è anche il PIL. «Nel 2023 avrebbe potuto raggiungere i 1.810 miliardi di euro se tutte le imprese fossero riuscite a trovare le figure professionali di cui hanno bisogno» dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. Un buco che è equivalente a 28 miliardi di euro, l’1,5% del PIL. Un costo che si fa sempre più salato, perché nel 2021 era pari all’1,2% del PIL. Mancavano infatti “solo” 235mila lavoratori. ©
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