Dopo l’elezione di Trump, il Mercato azionario dovrà affrontare una lunga fase di incertezza, non necessariamente negativa per gli investitori. Di certo, però, le scelte dell’amministrazione Trump su tasse, tariffe, debito e immigrazione potrebbero amplificare le oscillazioni dei corsi azionari in modo più evidente di quanto avvenuto negli ultimi due anni. La volatilità riflette le percezioni degli investitori. Finché la situazione appare chiara, si manifesta una certa tendenza a restare immobili, ma di fronte a eventi imprevisti, la reazione è spesso violenta, come con le forti oscillazioni osservate nell’indice VIX volatilità attesa delle opzioni sull’S&P500, con l’indice stesso che tocca un nuovo massimo storico.
La Fed nell’era Trump 2
Con il contesto economico, l’inflazione e le politiche della Fed già sotto pressione, l’incognita dell’amministrazione Trump complica ulteriormente le valutazioni degli operatori finanziari. In particolare, con questa nuova presidenza aumentano le difficoltà a leggere le prospettive macro da parte degli analisti, poiché gli shock derivanti da decisioni politiche potrebbero in parte prevalere.
Il neo eletto Trump
Sebbene siano mancati ordini esecutivi sulle tariffe commerciali, il Presidente Trump ha inizialmente alluso alla possibilità di imporre una tariffa del 25% sulle importazioni da Canada e Messico a partire dal 1° febbraio. I commenti successivi, nel corso della settimana, sono stati meno aggressivi – prendendo in considerazione tariffe del 10% sulle importazioni dalla Cina – ma evidenziano quanto gli scenari per il commercio siano ancora in evoluzione. L’amministrazione sta definendo i dettagli, tra cui ampiezza, grado e modalità di attuazione delle sue politiche. In attesa di indicazioni chiare, l’incertezza e l’impatto sulle prospettive economiche rimangono elevati, in particolare per le aziende che stanno valutando le catene di fornitura esistenti e per quelle che stanno considerando nuovi investimenti.
Gli Usa
L’economia statunitense rimane comunque solida e l’indice dei prezzi al consumo di dicembre non contiene nulla che faccia pensare a una riaccelerazione dell’inflazione. È improbabile che il presidente della Fed Jerome Powell possa sconvolgere la situazione nella prossima riunione del Federal Open Markets Committee (FOMC), anche se qualche crescente preoccupazione sul Mercato del lavoro – pur resiliente – sta destando una crescente richiesta di sussidi di disoccupazione, in particolare a seguito dell’emergenza ambientale in California.
Gli utili
Anche la stagione degli utili del quarto trimestre è iniziata bene, con le società che hanno battuto le stime di una media dell’8,7%. Non c’è da stupirsi dunque se l’S&P 500 ha chiuso la settimana scorsa ad un livello record. In questo contesto, mentre sono più probabili decisioni attendiste da parte della Fed, la Banca Centrale Europea (BCE) continuerà molto probabilmente con il suo approccio misurato all’allentamento monetario.
A sostegno dell’ipotesi di riduzione dei tassi di interesse a un ritmo graduale, diversi responsabili politici della BCE hanno sottolineato la dinamica di crescita lenta della regione dell’Eurozona e hanno suggerito che l’inflazione stia rimanendo sulla traiettoria corretta per raggiungere l’obiettivo del 2% nel corso del 2025. I responsabili politici hanno indicato che le aspettative del Mercato per una riduzione dei tassi d’interesse da parte della BCE nelle prossime riunioni prevalgono. I rischi per la crescita, che sono probabilmente al ribasso, e un tasso di policy ancora al di sopra del livello neutrale sono altri argomenti a favore di un ulteriore allentamento monetario.
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Articolo tratto dal numero del 1° febbraio 2025 de il Bollettino. Abbonati!