giovedì, 13 Novembre 2025

Effetto rossetto: in tempi di crisi il lusso vola

DiIlaria Mariotti

1 Novembre 2025
Sommario

La chiamano “Effetto rossetto”. Una teoria economica che spunta all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle. L’allora Presidente del colosso della cosmetica Estée Lauder nota, subito dopo il tragico evento, una marcata crescita nelle vendite di rossetti. Ed è così che ipotizza come prodotti di questo tipo potessero rappresentare un buon indicatore economico: in tempi di crisi e recessione si tende a rifornirsi, quasi a “consolarsi” verrebbe da dire, con piccoli oggetti di lusso. Troppi pochi i soldi disponibili per concedersi una borsa griffata e allora meglio virare su un viso ben ordinato e truccato.

La teoria si ripete

Non fu un caso. Perché l’effetto boost sulle vendite della cosmesi si è ripetuto anche nel 2008, dopo la crisi finanziaria scoppiata quell’anno, e poi nel 2022, in fase Covid-19. Allora una ricerca osservò ancora una volta un incremento nelle vendite dei rossetti. Non sarà una coincidenza, allora, neppure questa volta, se anche in Italia – dove il potere d’acquisto dei consumatori è in picchiata da tempo – a non conoscere crisi è il Mercato cosmetico.

Proprio le vendite di prodotti dedicati alle labbra hanno registrato a fine 2024 dinamiche di crescita sopra la media rispetto all’andamento complessivo del comparto, dando luogo a un aumento dell’8,8%. E raggiungendo un valore di oltre 510 milioni di euro (fonte Cosmetica Italia, 57esima analisi del settore e dei consumi cosmetici in Italia). Numeri floridi che si ripetono anche per i prodotti per le mani, che giungono a quota 225 milioni di euro, in crescita in un anno del 2,8%.

Gli smalti

Gli smalti sono la prima categoria del gruppo analizzato nello studio: la performance segna in questo caso un +4,3% rispetto al 2023, per un valore di oltre 143 milioni di euro e un peso del 63% sul totale.

Un buon andamento, «generato anche grazie alle formule distributive più recenti che hanno valorizzato questa sottocategoria, ampliando l’assortimento nei punti vendita» si rileva nel report. Sono invece meno movimentate, con fluttuazioni quasi flat, le vendite di creme, gel, lozioni e prodotti per unghie (+1,3%), che coprono il 30% del Mercato dei prodotti per le mani, con un valore superiore a 67 milioni di euro.

La cosmetica mondiale

A correre è anche l’industria cosmetica mondiale, il cui valore complessivo ha ormai toccato i 555 miliardi di euro nel 2024. Con previsioni che si attestano sui 700 miliardi entro il 2028. Quanto all’Italia, il fatturato totale del settore approderà a 17,4 miliardi di euro a fine 2025, in crescita del 5,1% rispetto all’anno precedente e in linea con la crescita media annua degli ultimi 10 anni.

«Il cosmetico è diventato un bene essenziale con un forte valore sociale, rientrando tra i beni primari a uso ricorrente nei consumi quotidiani delle famiglie», ha commentato Benedetto Lavino, Presidente di Cosmetica Italia, «il comparto nazionale continua a crescere costantemente».

L’export

Con un export che va a gonfie vele: nel 2024 le esportazioni della cosmesi – che da sole rappresentano il 54,6% del fatturato complessivo – hanno superato i 6 miliardi di euro, in aumento del 12% rispetto al 2023. La stima per il 2025 è di 6,5 miliardi di euro, con un aumento annuo dell’8,6%. I principali Mercati di destinazione sono gli Stati Uniti, la Francia e la Germania.

Nel frattempo proliferano i Nail salon. I servizi di manicure e pedicure rappresentano circa il 2% dell’intero ramo dell’estetica. A questi bisognerebbe aggiungere gli istituti di bellezza – che pesano sul settore per il 28% –, perché almeno metà dei centri offre anche un servizio di cura per le unghie (fonte Confcommercio).

Le imprese registrate nell’ambito estetico in Italia risultano essere oltre 42.600 (fonte Confartigianato). Tre le Regioni in testa, che da sole si dividono il 43% del Mercato: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. «La Lombardia si conferma il cuore pulsante della cosmetica italiana: ospita oltre metà delle imprese e degli occupati del settore, con 231mila addetti, e guida lo sviluppo del settore anche sullo scenario internazionale», ha detto Filippo De Caterina, Presidente della Sezione Cosmetica di Assolombarda e vicepresidente di Cosmetica Italia.

Il sommerso

Una porzione dei numeri del giro d’affari sfugge però inevitabilmente al conteggio. I dati non prendono in considerazione il sommerso, un enorme bacino che nel 2023 vale complessivamente 217 miliardi di euro, con un’incidenza sul PIL del 10% (fonte Aska) e che non risparmia l’estetica.

«L’abusivismo nel settore Benessere ha raggiunto un tasso nazionale del 27,6%, quasi il doppio rispetto alla media generale del lavoro sommerso, che si ferma al 14,4%», ha spiegato Giuseppe Anastasia, referente del settore Benessere di Confartigianato. «Gestire un salone di bellezza oggi richiede investimenti in sicurezza, formazione, prodotti certificati e igiene. Non si tratta solo di fare un taglio o una ceretta: è un’attività che richiede competenze aggiornate e rispetto delle normative», aggiunge Anastasia.

Una scorciatoia

Il sommerso rappresenta una scorciatoia per molti che aprono un’attività. Da condannare con fermezza: «è ingiusto e pericoloso che chi lavora in regola venga penalizzato, mentre chi opera in nero prospera indisturbato. Serve un rafforzamento dei controlli, ma anche più consapevolezza da parte dei cittadini: affidarsi a un professionista regolare significa tutelare la propria salute e sostenere il lavoro onesto».

Non è facile sostenere la concorrenza quando il Nail salon è gestito in maniera irregolare. Negozi aperti fino a tarda sera, assenza di riposi e chiusure festive, prezzi stracciati. 

Le prospettive

Nel comparto estetico gli addetti in Italia sono circa 545mila (dato Confesercenti), spesso donne, che coprono il 54% della quota totale. La domanda sempre più diffusa incoraggia a intraprendere una strada nel settore. Che offre opportunità che vanno dalla specializzazione nel trattamento delle unghie, al titolare di salone, all’insegnante di ricostruzione unghie o consulente per aziende che rivendono prodotti.

Con la parallela nascita di nuove professioni come quella dell’onicotecnico, ovvero l’esperto in trattamento e ricostruzione delle unghie. Ad agosto scorso è stato anche depositato un Disegno di legge che ne inquadra giuridicamente la figura. Una qualifica soggetta a uno specifico corso di formazione, da tenersi a livello regionale con durata minima di 600 ore.

Il disegno di legge

Se il Disegno di legge andasse in porto, si tratterebbe di un «via libera a decine di migliaia di nuove partite IVA per attività onicotecniche, che permetterebbe finalmente l’uscita dal sommerso di altrettante professioniste, il riconoscimento del valore del settore Nails e, per le casse dello Stato, significherebbe un enorme gettito fiscale oggi assente», ha osservato Roberto Capobianco, Presidente nazionale di Conflavoro. «In definitiva, una situazione Win-win dove tutti gli attori avrebbero solo da guadagnare».

Il divieto

Arriverà una battuta d’arresto per il settore dopo la stretta sull’utilizzo di alcune sostanze? È ancora presto per dirlo. Ma dal primo settembre 2025 sono al bando – su mandato della Commissione europea – due composti chimici impiegati nell’applicazione di gel e smalti semipermanenti, la versione del trattamento manicure che prevede di fare indurire il colore sotto un’apposita lampada ultravioletta.

Il motivo è la loro potenziale tossicità. Il regolamento è il numero 877, approvato il 12 maggio 2025, mentre le sostanze sono il Trimethylbenzoyl Diphenylphosphine Oxide, in sigla TPO, e il Dimethyltolylamine, spesso abbreviato in DMPT, che gli esperti hanno evidenziato come potenzialmente cancerogene e tossiche per la fertilità e lo sviluppo del feto, secondo quanto evidenziato da studi condotti sugli animali.

Non solo sarà vietato commercializzare colori, basi e rafforzanti che contengano le due sostanze, ma anche continuare a utilizzare i prodotti che li hanno in etichetta. Avere in magazzino delle scorte di smalti intonsi ma non esenti da TPO e DMPT non sarà considerata una scusa: bisognerà smaltirle per non incorrere nelle sanzioni che ciascuno Stato UE ha stabilito. L’Italia, per esempio, prevede una multa da 2mila a 15mila euro e la reclusione da sei mesi a due anni. ©

📸 Credits: Canva   

Articolo tratto dal numero del 1° novembre de il Bollettino. Abbonati!   

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.