domenica, 28 Aprile 2024

ITALBASKET, MENEGHIN: «L’ITALIA DARÀ TUTTO PER IL SOGNO OLIMPICO»

DiRedazione

2 Agosto 2021 ,

C’è da scommettere che l’Italbasket di Meo Sacchetti darà tutto per continuare a vivere il sogno olimpico, nonostante una Tokyo deserta, a distanza di sicurezza e in formato “de-sponsorship”. Il profumo della vittoria contro la Serbia è ancora vivo nei corridoi del villaggio olimpico e anche se a distanza di giorni, le emozioni del preolimpico di Belgrado sanno di impresa che strizza l’occhio a un movimento italiano tutto in ascesa. 

«È una grandissima gioia poter rivedere l’Italbasket alle Olimpiadi», dice Dino Meneghin, storico pivot dell’Olimpia Milano che ha partecipato a 4 Olimpiadi (medaglia d’argento a Mosca 1980) ed ha vinto una medaglia d’oro e due di bronzo ai campionati europei. «Mi sono immedesimato nel lavoro fatto dal coach Romeo – Meo – Sacchetti e dai giocatori: si sono sacrificati, tanta fatica per coronare questo sogno di qualificazione».

Vincere contro la Serbia in casa loro ha un sapore speciale…

«Conferisce maggior pregio a un risultato di per sé straordinario, dopo 17 anni, un tempo lunghissimo che non ha rappresentato degnamente il vero valore dell’Italbasket. Pensi che alle Olimpiadi ci vanno solo le dodici squadre migliori del mondo, quindi il livello e il valore degli avversari è aumentato e andarci con una qualificazione sofferta significa solo doppia soddisfazione». 

Doppia anche perché condivide un argento con il coach Sacchetti…

«Eravamo compagni di squadra a Mosca e, guardi, anche allora fu una soddisfazione incredibile: battemmo i padroni di casa eliminandoli dalla zona medaglie e la vittoria dell’Italia contro la Serbia mi ha riportato indietro nel tempo. Meo fece una super partita in difesa contro il loro idolo Sergej Belov, costringendolo a pochissimi punti. Anche lì Sacchetti è stato determinante: i corsi e ricorsi della storia».

Che Italia sarà quella che vedremo a Tokyo 2021: quali sono le chance di superare il girone di “ferro” in cui siamo stati sorteggiati? 

«Mi aspetto di vedere le stesse qualità espresse nell’ultima partita contro la Serbia: sfrontatezza, tecnica, concentrazione, difesa. È un girone difficilissimo perché la Germania è una squadra tosta e forte fisicamente e tecnicamente. La Nigeria può vantare diversi giocatori che militano nell’NBA, un gruppo di tiratori molto forti. L’Australia è, invece, terza nel ranking mondiale e questo la dice tutta sulle qualità di questa squadra, che è fatta di grande temperamento e tecnica». 

Il presidente LBA Gandini dice «il futuro del basket in Italia è legato a doppio filo a quello che sarà il destino dell’Italbasket in Giappone», condivide?

«Ho vissuto la Nazionale per tantissimi anni e mi sono subito accorto che è la locomotiva di tutto il movimento: se la Nazionale vince, anche dal punto di vista dell’immagine, da consapevolezza e sicurezza di aver fatto un ottimo lavoro. Se la Nazionale non vince allora si mette un po tutto in discussione, a partire dai giocatori, quanti stranieri ci sono in rosa, se far giocare più italiani o meno: insomma l’insuccesso porta all’apertura di questi eterni dibattiti che inevitabilmente hanno come soggetto il settore giovanile e la competenza degli allenatori. Quello che stiamo raccogliendo adesso è il frutto di un grande lavoro di squadra che abbiamo fatto in questi anni, quindi bisogna continuare su questo binario». 

Tokyo 2021 parte tra tanti punti interrogativi, dovuti alla pandemia, e qualche esclamativo, come il fuggi fuggi degli sponsor che preferiscono eliminare il proprio tatuaggio sui Cinque Cerchi. Che cosa ne pensa?

«Questo è un autogol e mi riferisco a Toyota. È proprio in questo momento che l’industria dovrebbe essere vicina alle Olimpiadi che sono la maggiore espressione dello sport mondiale. Ritirarsi significa interesse a metà e vuol dire che queste aziende non hanno capito niente di quello che è la vera essenza dell’attività sportiva. Sarà sicuramente un’Olimpiade molto triste senza pubblico e, quindi, i nostri atleti non potranno vivere quella gioia immensa di potersi confrontare con uno stadio gremito, perché al di là del risultato si gioca anche perché c’è il sostegno sugli spalti. I tifosi sono elemento imprescindibile per le buone prestazioni degli atleti. Viviamo questi giorni con la spada di Damocle sulla testa e bisogna sperare che nessuno, all’interno degli staff olimpici, compresi gli atleti, si ammali perché metterebbe a repentaglio la propria prestazione e quella di chi gli sta vicino, soprattutto se si parla di sport di squadra. Verrebbe a mancare la tranquillità al gioco, che vanifica il lavoro di anni e anni di sacrificio e sudore». 

Quanto manca al movimento italiano di pallacanestro per diventare grande tra le grandi? 

«Il basket ha bisogno di più visibilità e di più esposizione mediatica, e voglio ringraziarvi per questo spazio dedicato alla pallacanestro: se tutto questo viene a mancare, difficilmente si riescono a coinvolgere le aziende che sponsorizzano e che sono la linfa vitale del nostro movimento e che va a discapito del lavoro delle nostre società. Il nostro è uno sport amato dai giovani, ma soprattuto dai meno giovani: un tiro a canestro lo hanno fatti tutti a scuola e quindi bisogna partire anche da lì, dall’educazione sportiva nel scuole, anche perché il nostro è uno dei pochi sport che si possono praticare tra le mura delle palestre scolastiche. Per quanto riguarda un discorso societario, c’è bisogno di grandi tecnici: non che quelli che ci sono non siano capaci ma bisogna tenere alta la qualità di chi insegna la pallacanestro nel settore giovanile. È su quel settore che ci giochiamo il basket che verrà: lì si formano i Gallinari, i Datome, i Pozzecco che hanno fatto felici i nostri tifosi. È importante formare i ragazzi all’educazione al basket, anche se non diventeranno dei campioni, il messaggio della pallacanestro è universale e parte dal rispetto delle regole e dell’avversario. Un messaggio che è essenza dello sport e fondamento per la società». 

Un pronostico sull’Italbasket?

«Non sono un mago, ma confido e sono sicuro dell’impegno dei nostri ragazzi e dell’intensità e maturità del loro gioco, anche se sono tutti giovanotti. Siamo tutti nelle mani di Meo Sacchetti: lui è stato un grande giocatore, è una grande persona e ha dimostrato di essere un ottimo allenatore che sa cosa fare per coadiuvare i ragazzi e guidarli al successo».          

©Luca Maddalena