Manca la fiducia nel sistema bancario e finanziario. Partire è semplice: una volta trovato il coraggio per buttarsi, un investimento comincia dalla scelta dell’obiettivo. «È importante avere le idee chiare su che cosa fare con il denaro. Solo così la selezione degli strumenti finanziari e la comprensione delle dinamiche successive diventano più gestibili», spiegano Debora Rosciani e Mauro Meazza, giornalisti e conduttori di Due di denari su Radio 24 e autori del libro Investire è facile (Edizioni Il Sole 24 Ore), che nella nostra intervista si alternano nelle risposte. «La nostra vita finanziaria ha bisogno di cura e di attenzione come tutti gli altri aspetti della vita personale e familiare. Il segreto è avere il coraggio di iniziare, poi diventa tutto più facile o, almeno, molto meno complesso di quanto non si creda».
Gli errori più comuni?
«Prima ancora degli sbagli indicati dalla finanza comportamentale (eccesso di confidenza, diversificazione mancata, attribuzione di competenza agli interlocutori sbagliati) c’è l’errore di non dire chiaramente, a se stessi e al consulente al quale ci si affida, che cosa ci aspettiamo dal nostro investimento. A cosa dovrà servire? A darci sicurezza, a comprare un’auto nuova, agli studi universitari di un figlio che è però nato da poco… Non parlare chiaro con i propri soldi porta sempre equivoci. E poi un altro comportamento da evitare è quello di aspettarsi risultati in tempi brevi e lontani dalla realtà».
La pandemia ha cambiato il modo di investire degli italiani…
«È rallentato. Gli oltre 1800 miliardi fermi sui conti correnti, senza speranza alcuna di rendimento, segnalano una scelta di campo precisa, che ha sicuramente molti motivi puntuali (perdita del lavoro o timore di perderlo, paura per la salute, mancanza di informazioni) ma tutti derivanti da un crollo verticale della fiducia non solo nel sistema bancario e finanziario, ma anche verso le prospettive di una crescita duratura. Questo diffidare è il punto cruciale del nostro attuale modo di investire o di non investire, in Italia, così come in molti altri Paesi».
Da qui l’importanza del “cuscinetto”, a cui dedicate un intero capitolo
«Possiamo dire che è importante la sua dimensione, da valutare secondo il proprio stile di vita e la propria personale capacità di gestire le emergenze. Più gli inconvenienti ci danno ansia, più dovremmo cercare di accantonare. Poi è determinante diversificare, perché il “cuscinetto” deve poter poggiare su più pilastri: dal contante per l’emergenza immediata alla polizza per dare una protezione più solida alla famiglia, dal fondo comune prudente allo strumento un po’ più aggressivo, per i progetti del futuro»
Come gestire quindi i risparmi e raggiungere i propri obiettivi?
«A noi, quando il giovedì ospitiamo in trasmissione i professionisti del risparmio, gestori, consulenti, analisti, sembrano sempre determinanti i consigli più essenziali: diversificare gli investimenti, darsi un orizzonte temporale adeguato, chiarirsi gli obiettivi. Non importa aver da parte poco o molto, anzi: meno se ne ha, più ci si tiene e più quel risparmio merita la nostra attenzione. Poi ci sono i cinque consigli che dà anche il portale nazionale per l’educazione finanziaria, quellocheconta.gov.it: abbi cura dei tuoi soldi, informati bene, confronta più prodotti, ricorda che più alto è il guadagno promesso e più alto sarà il rischio e infine l’aureo “non firmare se non hai compreso”, molto valido in tanti casi della vita. E informarsi su quello che succede attorno a noi: se leggiamo che un titolo di stato ad un anno ha un rendimento negativo, più facilmente capiremo che se un intermediario ci propone un investimento con un rendimento da fuochi d’artificio c’è qualche cosa che non quadra».
Come scegliere gli strumenti finanziari più utili?
«Informandosi. È determinante saper selezionare le fonti alle quali si attinge. La tecnologia ha dato ai truffatori mezzi incredibili per aggirare le nostre difese, dal phishing al ricatto tecnologico. L’Arbitro bancario finanziario ha ricordato proprio in queste settimane l’incremento delle insidie per i risparmi».
Quali sono quelli su cui si è puntato di più durante la pandemia e oggi?
«A fine giugno Assogestioni ha segnalato un ottimo andamento per i fondi di lungo termine azionari e bilanciati e questo farebbe pensare a investitori pazienti e lungimiranti. Un’ipotesi, tuttavia, smentita non solo dal già ricordato record di giacenze sui conti correnti, ma anche dalla persistente resistenza ad affidarsi alla previdenza complementare: la Covip, commissione di vigilanza sui fondi pensione, ha comunicato che il tasso di copertura a fine 2020 è rimasto al 33% della forza lavoro, pur crescendo di oltre due punti percentuali rispetto all’anno precedente. La pensione di secondo pilastro è fondamentale, eppure una marea di lavoratori è ancora scoperta. Lavoratori che non hanno sufficienti informazioni sullo stato di salute della previdenza pubblica e si aspettano di ricevere assegni pensionistici in linea con quelli del passato: ancora una volta, aspettative del tutto fuori dalla realtà».
Invece i ragazzi puntano a investire per il loro futuro?
«Per quello che possiamo osservare dai messaggi che riceviamo, molti di loro sono determinati ma confusi, quando non addirittura scettici. Crediamo che l’industria del risparmio dovrebbe rendersi un po’ più accessibile per gli investitori più giovani, privilegiando la disintermediazione e la semplificazione, dove si può, e illustrando adeguatamente (e tenacemente) i vantaggi che si possono ottenere se si è costanti: il tasso di interesse composto fa meraviglie anche con importi ridotti, se lo si lascia lavorare per decine di anni. Certo, se dalla scuola si cominciasse un serio lavoro di educazione finanziaria, l’approccio dei ragazzi a questi temi sarebbe molto diverso: più consapevole, maturo, meno scaramantico: “ci penserò più avanti” è un modo di fare poco responsabile, perché gli anni passano in fretta e le questioni irrisolte si presentano sempre all’appello».
Gli italiani però sono un popolo di risparmiatori…
«Sì, ottimi risparmiatori ma pessimi investitori: è un detto molto diffuso tra i gestori e i consulenti. Sicuramente non amiamo rischiare troppo, forse perché il nostro welfare, pur generoso, rivela spesso carenze e inaffidabilità, eccellenze da primato accanto a carenze che sembrano insanabili. Questo ci spinge a far conto su noi stessi, con un atteggiamento che facilmente diventa individualista o di arroccamento in difesa della nostra categoria. È anche vero che la cronaca finanziaria degli ultimi anni è stata, purtroppo, ricca di eventi negativi che hanno tradito il risparmio degli italiani: le banche risolte e le obbligazioni azzerate, i bond argentini, Cirio e Parmalat, i diamanti da investimento, le rendicontazioni Mifid consegnate con ritardo e mai chiare fino in fondo. Con questi presupposti è difficile pensare che gli italiani abbiano voglia di fare un salto di qualità nell’approccio all’investimento: sentono di avere a che fare con interlocutori poco credibili».
Quindi qanto è importante la figura di un consulente per aiutare le persone a gestire i propri risparmi?
«È determinante. Sapendo che il buon consulente non è colui che ti fa guadagnare di più, ma è quello che ascolta i tuoi bisogni, ti aiuta a dare un indirizzo agli investimenti, aiuta a gestire i momenti favorevoli e quelli sfavorevoli. Dev’essere quasi uno di famiglia, insomma. D’altro canto, il risparmiatore deve accettare di condividere molti aspetti della sua vita personale con questo professionista».
Tutti possono diventare investitori?
«Tutti lo dovremmo diventare. Anche perché la partecipazione ai mercati internazionali è una grande opportunità. Occuparsi del proprio denaro è un’attività importante. Senza trasformare il denaro nel fine ultimo della nostra vita, naturalmente. Ma diventare investitori vuol dire anche essere consapevoli di come gestiamo il nostro denaro, quindi come lo risparmiamo, ma anche come lo spendiamo».
Quali sono le tendenze di breve e di lungo periodo e gli aspetti di attualità che agitano i mercati?
«L’unica certezza che abbiamo è che le dinamiche dei mercati finanziari sono complesse, condizionate da aspetti difficilmente controllabili e che le incognite sono tante e spesso hanno effetti diversi da quelli che possiamo immaginare. Ricordiamo che, proprio nei mesi terribili della pandemia, i mercati hanno recuperato in tempi brevissimi le perdite dello shock iniziale e nei primi sei mesi del 2021 hanno segnato rialzi a due cifre, + 18% per Parigi e Amsterdam, + 14% per la Borsa italiana, con Wall Street sui record. Inoltre, gli importi affidati al risparmio gestito non sono calati, anzi: l’industria ha chiuso il 2020 con una raccolta netta positiva di 7,8 miliardi. Chi lo avrebbe mai detto, visto che la pandemia ha praticamente congelato il mondo per mesi, quante attività economiche si sono fermate, gettando nel panico milioni di persone? Eppure, dopo qualche settimana di smarrimento, i mercati hanno ripreso a correre, sicuri dei sostegni delle Banche centrali. Quello che sappiamo per certo ora è che il mercato azionario, a parte qualche episodica giornata di correzione, viaggia al rialzo e sembra inarrestabile. Ci sono tante opportunità ma magari è meglio un approccio prudente».
La crisi economica legata al Covid-19 quanto ha influenzato e cambiato le scelte economico-finanziarie delle persone?
«Ha dato un forte impulso al mondo digitale: chi in passato non aveva mai usato una carta di credito ha scoperto che in realtà questo modo di pagare le spese è sicuro e ci rende la vita più facile, a patto di adottare tutte le precauzioni del caso. Questo è stato uno dei cambiamenti più importanti spinti dalla crisi. Abbiamo imparato a lavorare con dotazioni tecnologiche alle quale non eravamo abituati, a spendere meno, a interagire di più con il settore pubblico, che è comunque un interlocutore complicato. Abbiamo capito quanto sia importante avere le spalle coperte di fronte a un imprevisto. Tutti aspetti che ci hanno costretti a ragionare in famiglia su che tipo di consumatori e risparmiatori siamo».
Quanto è importante conoscere i propri bisogni per pianificare il futuro economico-finanziario?
«Non ha senso risparmiare se il risparmio è fine a sé stesso e non canalizzato in una direzione con una meta precisa. Un euro fermo sul conto varrà molto meno tra cinque anni: se abbiamo l’idea di comprare tra cinque anni una casa quell’euro dovrà essere investito in uno strumento che ci permetta di realizzare la provvista sufficiente per raggiungere il sogno della casa. Questo si può fare solo pianificando». ©