venerdì, 29 Marzo 2024

AI, BONFANTI (IIT): «I ROBOT? RESTITUIRANNO DIGNITÀ ALL’UOMO»

DiRedazione

1 Novembre 2021 , , ,

L’Intelligenza artificiale si prepara a riscrivere il mondo. «I grandi operatori si stanno muovendo per ottenere brevetti acquisendo startup più piccole», dice Matteo Bonfanti, Technology Transfer Director di IIT. «Nel 2019, anno dei rilevamenti più recenti, in ambito AI ci sono state circa 200 acquisizioni di startup da parte di grandi gruppi. Gli investimenti in quell’anno avevano superato i 28 miliardi di dollari. Oggi la più finanziata è una società di Hong Kong di nome SenseTime, che ha ricevuto 1,6 miliardi di dollari. I brevetti nel 2010 erano poco più di 25.000, oggi sono oltre gli 80.000. Gruppi come IBM, Samsung, Microsoft hanno gli occhi puntati su quel settore. Non credo che l’era degli smartphone sia finita, quello dei vari Google e Facebook non è un mercato saturato». 

L’ultimo vanto in fatto di startup sul tema è il polo genovese RoboIT, il primo nazionale per il trasferimento tecnologico dedicato alla robotica. Unicum nel panorama europeo, è nato in una sinergia tra l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e diversi partner (università, multinazionali, holding di investimento e fondi di Venture Capital) con l’intento convogliare fondi in progetti di ricerca già affacciati sul mercato. Ma il panorama è ancora più ampio.

«Si tende spesso a sottolineare che all’estero godono di investimenti cinque, sei o dieci volte maggiori dei nostri ma non si tende mai a vedere il buono che sta succedendo attorno. La parte di startup robotiche è in vero fermento in Italia. L’ecosistema è in crescita, con molti più capitali. A oggi abbiamo raggiunto circa 2 miliardi di investimenti, appena pochi anni fa si stava sui 100 milioni. I robot? Avremo bisogno di loro soprattutto per curare i nostri anziani: restituiranno dignità all’uomo».

L’anno scorso RoboIT ha vantato commesse per 25 milioni di euro con enti e aziende di varia natura. La prova di un nuovo corso delle startup italiane?

«C’è ancora tanto lavoro da fare, è un processo che va fatto crescere e che è nato nel 2012 con il decreto Passera. Ci voglio soldi, infrastrutture e cultura: servirà non meno di una generazione, siamo forse a metà del guado. Non dobbiamo paragonarci all’estero, ma farlo con i nostri stessi risultati rispetto agli anni precedenti. Il segnale di cui siamo più soddisfatti quest’anno è il numero di nuove startup nate. Lo abbiamo visto a IIT: in soli 3 mesi abbiamo lanciato tre startup diverse, tutte con investitori importanti e coinvolgendo diversi stakeholder, anche stranieri. In un caso un investitore tedesco è entrato a contatto con una tecnologia molto specifica, italiana, adatta per la ricerca su nuovi farmaci e l’investimento è stato importante. Casi italiani di questo tipo sono tanti».

E in cosa si può ancora migliorare?

«Si può lavorare sull’appetibilità di alcuni progetti agli occhi degli investitori. Migliorare le caratteristiche di una proposta di startup per fare sì che attecchisca sul mercato e che non rimanga nel mondo della ricerca. Per questo passaggio è fondamentale un team adeguato, la tecnologia giusta, un business plan sviluppato, validazioni di mercato. Bisogna mettere insieme tutti questi aspetti».

Come il mercato sta intercettando questo settore?

«Farei un’analisi più macro su questo. Quello dell’intelligenza artificiale è un settore in crescita, diversi report ne evidenziano uno sviluppo esponenziale. Parliamo di un ingrandimento che sarà di sei volte rispetto a oggi in pochi anni. Sarà quasi sicuramente un mercato pervasivo, ossia applicato a quasi tutto ciò che conosciamo, difficile scorporarlo dal resto. Sarà una parte del tutto, più che un nuovo settore industriale. Industria, trasporti, il settore pubblico, il banking, nel commercio, tutto verrà stravolto. Una parte è già presente tra noi: si pensi ai chatbot utilizzati da molte compagnie commerciali».

Super materiali, nano tecnologie, robotica e intelligenza artificiale: che futuro ci attende?

«La robotica è un equilibrio tra ingegneria e scienza. Quella di nuova generazione sarà collaborativa, si interfaccerà con l’uomo, dall’industria alle case. Oggi ci sono già robot che svolgono compiti in sezioni apposite, ma lo sviluppo futuro sarà nei robot umanoidi. Elon Musk ha lanciato recentemente un’idea che pone questa traiettoria e non è così lontana dal reale. Pensiamo ai droni: fino a pochi anni fa erano una tecnologia militare, oggi chiunque può acquistarli e pilotarli. È forse uno dei primi androidi reali che vediamo nell’uso quotidiano».

Come i robot cambieranno la distribuzione del lavoro? C’è molto allarmismo da decenni su questo tema, in merito a posti occupazionali che non esisteranno più…

«Vari studi affermano che al netto di alcuni lavori che si andranno a ridurre o perdere ne verranno creati molti altri e il bilancio netto sarà positivo. Bisogna però vedere le cose da un’altra prospettiva. L’automazione, ovvero la collaborazione con l’intelligenza artificiale, non arriverà da un giorno all’altro. Sarà un percorso lento e graduale. La variabile tempo è importante. E poi bisogna considerare un elemento fondamentale: l’invecchiamento della popolazione. Avrà un impatto traumatico nel mondo occidentale. Gli anziani saranno sempre di più, i giovani sempre meno. Le nostre modalità lavorative saranno riviste, il sistema pensionistico potrebbe essere ripensato e l’ecosistema come lo immaginiamo non esisterà più».

Quindi il futuro dell’automazione è legato a doppio filo alla Silver Economy…

«Sì, se qualcuno creasse dei derivati sulla Silver Economy io non avrei problemi a investirci. Sarà uno dei settori del futuro. Fa strano parlare di robot e ritrovarsi a parlare delle pensioni, ma è tutto molto connesso: la maggior parte delle soluzioni robotiche delle quali ci avvarremo saranno quelle dedicate alle cure e ai bisogni delle fasce di popolazione anziana. I robot aiuteranno o si sostituiranno ai caregiver, perché non ci saranno badanti sufficienti per tutti. Come oggi abbiamo tutti il nostro smartphone, avremo i nostri smartrobot umanoidi tuttofare. Non penso che i robot sostituiranno l’uomo, ma ci permetteranno di tornare al centro, di ritrovare la stessa dignità di prima».

Ci spieghi meglio

«Prendiamo il tema degli incidenti sul lavoro con i macchinari. In molti lavori oggi è praticamente l’uomo ad essere asservito alla macchina, bisogna stare attenti a premere il tasto giusto per non attentare alla propria vita. Invece il futuro dell’automazione va nel contesto in cui sono i robot che aiutano l’uomo. L’esempio giusto sono gli esoscheletri (ovvero apparecchi cibernetici esterni in grado di potenziare le capacità fisiche dell’utilizzatore che ne viene rivestito e che costituiscono una sorta di muscolatura artificiale, ndr). Oggi, nel cuore della digital trasformation, si tende a pensare che l’automazione toglierà qualcosa gli uomini. Ma è il contrario: siamo dinnanzi a un ritorno al fisico, in cui i robot faranno concretamente da assistenza all’uomo, prima di tutto per la cura dei più fragili. Che possano sostituirci o meno è un falso problema. Il punto è che ci serviranno».

E come questo nuovo corso può andare verso un’ottica di sostenibilità?

«Spontaneamente. Tra le varie applicazioni, l’intelligenza artificiale ha proprio la sostenibilità, nel senso della riduzione dei consumi. L’efficientamento energetico è il primo risultato cercato. Tutta l’industria robotica è orientata sul garantirla»

Nel PNRR c’è stata la dovuta attenzione su questi temi?

«Qualcuno ha lamentato il fatto che l’AI non fosse citata in modo esplicito, ma io ritengo che forse non serva più: parlare di sostenibilità e digitalizzazione significa passare inevitabilmente attraverso queste innovazioni».

Ci sono fondi europei?

«Sì, a IIT diverse decine di milioni di euro sono stati raccolti attraverso finanziamenti europei. Ovviamente servono ulteriori risorse, incentivi alle aziende per fare Ricerca e Sviluppo. Ma bisogna guardare tutte le soluzioni possibili e non chiudersi in poche».

La Borsa come reagisce?

«I grandi si muovono per ottenere brevetti acquisendo realtà più piccole. Nel 2019, anno dei rilevamenti più recenti, in ambito AI ci sono state circa 200 acquisizioni di startup. Gli investimenti hanno superato i 28 miliardi di dollari. Oggi la più finanziata è una società di Hong Kong di nome SenseTime, che ha ricevuto 1,6 miliardi di dollari. I brevetti nel 2010 erano poco più di 25.000, oggi sono più di 80.000. Gruppi come IBM, Samsung, Microsoft hanno gli occhi puntati su quel settore. Non credo che l’era degli smartphone sia finita, quello dei vari Google e Facebook non è un mercato saturo. Ma da ora prepariamoci a un ritorno al fisico».