mercoledì, 24 Aprile 2024

Turismo: infrastrutture indispensabili per la ripresa

Strade, ferrovie e porti nei prossimi mesi rilanceranno il settore turistico, messo in ginocchio a causa della pandemia. Se da una parte alcune aziende hanno sfruttato gli aiuti economici messi in campo dal Governo per sopravvivere, dall’altra, diversi titolari di strutture ricettive oggi si trovano fortemente indebitati. Adesso, gli imprenditori dovranno fare i conti anche con la stretta contro l’evasione fiscale di hotel e b&b prevista nella nuova bozza della Manovra 2022. «L’attenzione alle imprese del settore, nel decreto Recovery, è ribadita dall’istituzione di un’apposita sezione speciale all’interno del Fondo di garanzia per le pmi, che consente il sostegno finanziario alle attività imprenditoriali nel turismo», spiega Raffaele Scuderi, ordinario di Economia applicata all’Università Kore di Enna. Ma servirebbe anche una visione ad ampio raggio: «Gli effetti netti sull’intero comparto potranno essere amplificati dalla gestione strategica dei fondi previsti per altre misure tra cui, ad esempio, quelli legati alle infrastrutture per migliorare l’accessibilità e valorizzare i potenziali attrattori turistico-culturali. Questo chiama in causa la necessità di una opportuna governance delle iniziative per l’utilizzo dei fondi del PNRR, che guardi al più ampio impatto sul sistema locale delle diverse misure».

Nel 2020 il fatturato delle società di capitali nei comparti dell’alloggio, ristorazione e intrattenimento si sarebbe contratto del 40%, circa 4 volte la riduzione registrata per la media delle imprese e, alla fine dello stesso anno, il 79,4% delle imprese turistiche utilizzava almeno una delle due misure a livello nazionale (decreti “Cura Italia” e “Liquidità”), una quota superiore di 20 punti percentuali rispetto agli altri settori. Gli aiuti del Governo non sono bastati?

«Una recente nota di ricerca pubblicata da Banca d’Italia a fine settembre ha per oggetto il turismo e l’impatto della pandemia. In essa si sottolinea proprio come il calo di fatturato e di occupazione abbia colpito il turismo più di altri settori. Si riporta anche che il covid-19 ha influito negativamente sulla nascita di nuove imprese nel settore turistico e in altri collegati, ma allo stesso tempo le misure governative e la moratoria sui fallimenti sembrano avere frenato le cessazioni delle attività esistenti. Quindi, se da un lato l’accesso alle misure emergenziali è indicatore di uno stato di necessità da parte delle imprese, da un altro lato le stesse potrebbero avere avuto una qualche efficacia nel contrasto alla mortalità delle attività turistiche».

L’incidenza dei finanziamenti in moratoria e/o assistiti dalle garanzie “covid19” era pari, alla fine del 2020, al 48,6% a livello nazionale. La quota era più rilevante nel Mezzogiorno (57,9%) e minore al Nord Ovest (42,6%). In che stato di salute si trova il comparto turistico del Sud?

«Se confrontiamo i dati Istat sul turismo nel 2020 rispetto al 2019, quest’ultimo un “anno di grazia” per il settore, il decremento è generalizzato e riguarda tutte le ripartizioni territoriali che perdono più del 50% delle presenze. Regge un po’ meglio il Nord Est (-46%). Nel calo generalizzato, confrontando le presenze nelle quattro ripartizioni, il Mezzogiorno mantiene la sua posizione relativamente alle altre aree del paese: nel biennio 2019-2020, poco più del 19% delle presenze viene registrata al Sud. Diverso è, invece, il discorso legato alla maggiore o minore debolezza delle imprese letta in chiave di disparità territoriali. Qui vengono in mente le note questioni dei divari tra regioni, della necessità di strategie di sviluppo dedicate, di politiche industriali adeguate. Sicuramente nei territori un decisivo supporto al turismo potrebbe venire da strategie concertate tra pubblico e privato, e tra operatori turistici. Promuovere il turismo nei territori vuol dire sicuramente portarvi il visitatore (quindi rendendoli accessibili con infrastrutture adeguate), ma anche garantirgli una permanenza che ne soddisfi i bisogni e non ne deluda le aspettative».

Nel corso del 2020 l’incidenza dei prestiti classificati in stadio 2 è aumentata dal 13,0 al 32,9 per cento per le imprese del settore turistico e dal 12,0 al 21,1 per le altre aziende. Quanto può incidere il fisco italiano, tra i più pesanti d’Europa?

«L’aumento del rischio di credito è fisiologico se aumenta l’incertezza legata alla possibilità di una normale conduzione della vita aziendale. In questi tempi di pandemia, le incertezze per un settore quale il turismo sono indubbiamente state, e sono, enormi. Minore incertezza vuol dire avere prospettive attendibili di guadagno per fare fronte agli impegni presi con i creditori, ma anche pensare a decisioni di investimento che espandano l’impresa e aumentino l’occupazione. Per ciò che riguarda, invece, la pressione fiscale, una sua riduzione potrebbe liberare risorse aziendali anche per gestire un periodo emergenziale di incertezza quale quello che stiamo vivendo».

Nel 2020 il tasso di copertura dei prestiti deteriorati alle imprese del settore turistico è salito, a livello nazionale, di 5 punti percentuali, al 53,6%. Come evitare il peggio?

«Innanzitutto stimolando nuovamente l’occupazione, e quindi aumentando il reddito disponibile anche per le vacanze degli italiani, oltre che garantendo sicurezza nei luoghi di vacanza. Vedrei questi risultati in linea anche con misure quali il bonus vacanze, che ha trasferito risorse alle famiglie per lo specifico obiettivo di andare in vacanza avvantaggiando imprese italiane. Ma lo stimolo dell’occupazione passa dal sostegno alle imprese, non solo attraverso provvedimenti tampone contro le emergenze».

Quanto può incidere la digitalizzazione sul futuro del settore turistico?

«Il digitale offre, e potrà continuare a offrire, opportunità a quelle destinazioni e imprese che “sanno raccontarsi” al consumatore, oltre che vendere il servizio turistico offerto. Gli strumenti dati dal web hanno anche amplificato la flessibilità nello strutturare la vacanza. In tal senso, un certo tipo di consumo turistico è il tipico caso di “prosuming”, di cui cioè il turista è nello stesso tempo produttore e consumatore. Il consolidamento e l’esplosione dell’offerta online ha colto bene queste caratteristiche, giungendo a creare diversi “turismi” alternativi a quello di massa, per i quali in diversi casi è diventata stretta l’etichetta di “turismo di nicchia”, ad esempio lo sviluppo di quelli “esperienziali” e “relazionali”».

La perdita dei posti di lavoro a tempo è stata del 31,5% nel 2020. In che modo si possono “recuperare”? Gli sgravi fiscali per le nuove assunzioni potrebbero essere una soluzione utile?

«La stagionalità del turismo spiega l’ampio e fisiologico ricorso a contratti a tempo determinato. È chiaro che parliamo di tipi di contratto su cui non hanno avuto applicazione le misure di tutela dell’occupazione a tempo indeterminato introdotte nel 2020, come ad esempio il blocco dei licenziamenti. Il graduale ritorno a condizioni normali interverrà ragionevolmente su tali contratti che garantiscono la necessaria flessibilità alle aziende turistiche. Gli sgravi fiscali potrebbero essere soluzioni praticabili per il ricorso alle assunzioni, specialmente quelle a tempo indeterminato, sempre nella prospettiva di ripristinare una “normale” vitalità aziendale». ©

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