giovedì, 25 Aprile 2024

IL COVID-19 SPINGE IN ALTO L’INFLAZIONE, MA FED E BCE RASSICURANO I MERCATI

L’inflazione accelera al rialzo e tocca livelli che non si vedevano da molti anni, addirittura dal 1990 per quanto riguarda gli USA. L’interrogativo che ora si pongono economisti e banchieri centrali è: si tratta di una fiammata causata dai postumi dell’emergenza Covid-19 e dal rally di gas e petrolio – pertanto destinata a rientrare – o è un innalzamento strutturale dei tassi di crescita dei prezzi al consumo dopo un lungo periodo di debolezza?

I dati non mentono: l’inflazione negli USA ha toccato i massimi dal 1990 e dal 2008 nell’eurozona. La pressione sui prezzi è confermata anche a livello produttivo. Gli indici alla produzione, ovvero all’uscita dal processo di realizzazione dei manufatti, sono scattati su massimi pluriennali: inevitabile che, seguendo la catena distributiva, gli aumenti arrivino al consumatore finale. Al surriscaldamento dei prezzi ha dato un contributo notevole il rally delle materie prime: il petrolio WTI e il gas naturale oscillano sui livelli più alti dal 2014.

Oltre al rally delle materie prime, quali altri fattori hanno determinato il balzo dell’inflazione? Anche qui i dati sono chiari: gli indici dei prezzi al consumo hanno toccato livelli minimi tra la metà e la fine del 2020, per poi accelerare con decisione fin sui livelli attuali. Tutto lascia supporre che a far scattare in avanti l’inflazione sia stato il rimbalzo della domanda successivo all’uscita dalla prima fase dell’emergenza Covid-19. Un esempio lampante delle criticità di quel periodo, peraltro ancora lontana dall’essere risolta, è la scarsità di microchip. I ritardi nelle forniture hanno creato grossi problemi all’industria automobilistica. Tutte le case sono state costrette a più riprese a fermare gli stabilimenti per mancanza di questi componenti, ormai indispensabili per produrre i veicoli.

Resta ora da capire se l’inflazione, una volta riassorbiti gli squilibri causati dalla pandemia, tornerà ad abbassare la testa o se si stabilizzerà in modo permanente su livelli più alti rispetto a quelli visti negli ultimi due-tre decenni. Ripercorrendo l’analisi sulle cause la risposta sembra automatica: una volta lasciata alle spalle l’emergenza Covid-19 e i relativi strascichi, anche la fiammata dei prezzi si spegnerà. Questa prospettiva non è condivisa da molti economisti di banche d’investimento e prestigiosi think tank, i quali temono soprattutto la reazione delle banche centrali: un aumento dei tassi potrebbe infatti destabilizzare i mercati. Da BCE e Fed arrivano invece messaggi rassicuranti, come quello inviato dalla presidente della BCE, Christine Lagarde, in audizione al Parlamento Europeo: lo scenario di medio termine dell’Eurotower vede l’inflazione, sebbene “sgradita e dolorosa”, ancora “al di sotto del nostro nuovo target simmetrico del 2%”, anche se il rientro verso livelli più moderati (previsto nell’arco del 2022) avverrà con un ritmo più lento di quanto inizialmente ipotizzato. ©

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