sabato, 7 Dicembre 2024

Startup ed educazione, un binomio per la competitività del Paese

Sommario

Terreno controverso quello delle startup, in particolare quando si parla di edutech. Protagoniste di un boom durante la pandemia – facendo registrare un +16,8% – per la maggior parte, il 37,9%, si occupano di produzione di software, consulenza informatica e attività connesse.

Secondo i dati contenuti nel report di fine anno del Ministero dello Sviluppo economico, redatto con Infocamere, Unioncamere nell’ultimo trimestre del 2021, le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese sono poco più di 14mila, con una media di capitale sociale di 65mila euro.

A colpire è il processo di digitalizzazione: oltre tre quarti fornisce servizi alle imprese in specializzazioni digitali. Oltre al quasi 40% che si occupa di produzione di software e consulenza tecnologica, il 14,4% investe in attività di R&D e poco meno del 9% si occupa di servizi di informazione. A livello territoriale, più di un quarto di tutte le startup del Paese si trova in Lombardia.

Solo il 14% delle startup italiane si dedica al mondo dell’edutech. Un seme da far crescere per coltivare il futuro competitivo del nostro Paese. «Purtroppo si è agito poco sulla formazione di coloro che saranno i lavoratori di domani», dice Silvia Mion, Principal in H-Farm Innovation e direttrice del programma FuturED, l’acceleratore Edutech voluto dalla rete nazionale Cassa Depositi e Prestiti.

«Per questo ci impegniamo a promuovere all’interno del panorama italiano un network sull’educazione e sulla tecnologia a essa legata. Poi puntiamo a un riassetto di qualità in termini di upskilling, reskilling e sharing di esperienze, stimolando una trasformazione del settore per tutto ciò che riguarda l’ambito formativo, dalle scuole fino alle aziende. Infine vogliamo far crescere il tessuto imprenditoriale delle startup, aiutandole a capire se la strada intrapresa è quella giusta».

H-FARM HA RACCOLTO UN CENTINAIO DI APPLICATION, L’80% SONO ITALIANE E IL 20% PROVENGONO DAL RESTO D’EUROPA: QUAL È L’IDENTIKIT DEL CANDIDATO TIPO?

«Ci siamo spinti soprattutto sul territorio nazionale per una questione di mission condivisa con CdP. Alla fine, dopo varie scremature ne sono rimaste otto, ma guardando alle persone dietro alle startup ci si rende conto della loro eterogeneità. Tre founder sono donne e quattro sono uomini, mentre una ha due founder, un uomo e una donna. Dal punto di vista formativo sono tutti laureati e hanno un’età media di 35 anni».

L’IMPORTANTE È TROVARE UN EQUILIBRIO TRA LE DUE CARATTERISTICHE CHE DANNO IL VIA ALLA STARTUP: TECNOLOGIA E MARKETING.

«Dipende molto da chi c’è dietro: chi ha un fondatore che proviene dal mondo tech, magari non ha il pensiero corretto per mettere l’idea sul mercato e viceversa».

QUANDO SI PARLA DI FORMAZIONE, IN MOLTI SI SOFFERMANO SU QUELLA SCOLASTICA, MA QUELLA AZIENDALE RIVESTE UN RUOLO ANCORA PIÙ IMPORTANTE…

«Siamo stati dei pionieri da questo punto di vista, cercando sempre di formare le persone di domani per aiutarle a ragionare in un certo modo. Non è quindi tanto una questione di settore e conoscenze, ma di mindset: la cosa che più ci chiedono le aziende è quella di insegnare ai loro dipendenti a ragionare come facciamo noi, in maniera da essere pronti alle evoluzioni tecnologiche. Non si può innovare senza educare le persone all’innovazione».

Alessio Incerti

Linkedin: Alessio Incerti

Twitter: @aleince7

Foto Copertina: Marvin Meyer da Unsplash.com

Foto interno articolo: Silvia Mion, H-Farm