venerdì, 19 Aprile 2024

Cosa c’è dietro la strategia economica di Macron

Francia

Punta sull’aspetto energetico la nuova Francia di Emmanuel Macron. «Rendere il Paese più indipendente e forte con la sua economia, il lavoro, la ricerca, l’innovazione, grazie alla sua cultura. Inoltre, migliorare la vita del quotidiano: per esempio, la sanità pubblica e il sistema scolastico», ha detto il Presidente nell’euforia della vittoria, appena festeggiata dopo il ballottaggio con Marine Le Pen. Poche parole per definire il nuovo mandato, che intende proseguire l’ambizione dell’autonomia strategica dell’Esagono, in particolare attraverso indipendenza e transizione energetica puntando sulla ripresa e sviluppo del nucleare e del rinnovabile.

I dati della Banca di Francia mostrano una proiezione finanziaria estera francese di un certo rilievo: gli investimenti diretti privilegiano l’industria e la finanza, con uno stock rispettivamente pari a 565 miliardi e 293 miliardi al 2020.

Su La Tribune, Anaïs Voy-Gillis sottolinea il nodo problematico tra energia e rilancio industriale: durante l’inverno 2021-2022 il Paese ha rischiato il black-out e ha dovuto importare molta elettricità dai partner europei, benché resti un esportatore. Negli ultimi dieci anni il sistema energetico francese si è privato di almeno 10 GW di energia, a causa delle complicazioni nel mantenimento dei reattori nucleari: al 19 gennaio 2022, 10 risultano inattivi. Ma il ritardo sull’investimento nelle rinnovabili e il tempo necessario alla costruzione e rodaggio di reattori nucleari comporta che la Francia potrà dotarsi degli strumenti necessari non prima del 2035.

Ai fini della comprensione del prossimo mandato di Macron e delle possibili ripercussioni geo-economiche, non si può trascurare il più alto tasso di astensioni da almeno 50 anni, secondo quanto riporta Les Echos pari al 29,5%. Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che negli ultimi 5 anni sotto Macron il partito di Le Pen ha ampliato la sua base di almeno il 10%. Si tratta di una vittoria che dovrà misurarsi con una più netta spaccatura all’interno della società civile. Prima di prevedere scenari a partire dalle politiche economiche è necessario quindi che Macron si assicuri un parlamento favorevole e quindi le elezioni legislative di giugno, nonostante lo strumento del “decreto presidenziale” spesso usato negli ultimi anni per affrontare le emergenze emerse dalla pandemia. Il Financial Times riassume efficacemente: «la vittoria di Emmanuel Macron maschera la “fragilità” della Francia».

Alcuni elementi della politica economica di Macron

In che modo il Presidente dell’Esagono intende garantire la transizione ecologica? Puntando su un mix energetico tra rinnovabili (pannelli solari ed eolico marittimo, per quest’ultimo la Francia produce a Le Havre pale e infrastruttura) e nucleare. A tale scopo, Macron intende creare un super-ministro ad hoc per la pianificazione energetica e territoriale dedito alla produzione energetica e alla transizione ecologica. Il super ministro è anche una risposta per scongiurare le adesioni a livello dipartimentale all’estrema destra attraverso una pianificazione territoriale che tenga conto delle esigenze locali, la cui determinazione potrebbe essere anche decisa tramite referendum. Su Le Monde si riportano alcune politiche che vengono incontro ai giovani, come la riduzione delle tasse per le coppie di fatto. Non trascurate sono le pensioni con l’aumento del minimo mensile a 1100 euro, garantiti per l’aumento graduale dell’età pensionabile a 64-65 anni. Nel mirino vi sono anche le alte tasse di successione, nonché l’ambizione di punta: la “sovranità digitale” della Francia, punto condiviso dalla Le Pen, raggiungibile soltanto nel quadro europeo sulla scia dei progetti Airbus, Ariane (per l’industria aerospaziale), nonostante le chiare intenzioni di destrutturare l’Ue in un’Europa delle Nazioni e la volontà di uscire dal comando NATO.

Il tema cardine della transizione energetica si incarna nell’intenzione di Macron di incentivare la produzione francese di macchine elettriche o ibride attraverso l’agevolazione permessa dal leasing per garantire il mercato interno per le tre grandi fabbriche di batterie Renault, che intende – in linea con Volvo e Ford – separare le attività tra la filiera della produzione tradizionale a combustione e quella per le macchine elettriche. La tassa sul carburante di Macron, che aveva scatenato i gilets jaunes, era venuta troppo in anticipo sui tempi. L’intenzione sarà prima di incentivare il mercato dell’automobile elettrica assieme alla sua filiera produttiva, al fine di riprendere alcune delle riforme interrotte durante il mandato 2017-2022.

La riscoperta del dirigismo francese

Se da una parte la Francia è la meno esposta energicamente alla Russia, i duri toni rilasciati dal ministro Bruno Le Maire sulla linea sanzionatoria nei confronti dell’Orso non devono tuttavia far dimenticare che due giganti francesi, Renault e Société Générale, sono tra i perdenti nel forzato ritiro dal mercato russo, che rappresenta per il costruttore di automobili il secondo mercato dopo la Francia. In questo contesto, si può comprendere quanto Macron sia l’espressione di una linea di apertura diplomatica alla Russia, che rimane secondo il Presidente francese un attore indispensabile per la stabilità dell’Europa.

Dati Trendeo dicono che, dal 2019, vi sono state 115 rilocalizzazioni sul territorio francese e 45 soltanto nel 2021 creando 5 posti di lavoro ciascuna, che non colmano i 31740 posti di lavoro trasferiti all’estero dal 2009 al 2021. Il trend di rilocalizzazioni continuerà e, dopo la pandemia e la guerra in Ucraina, Macron intende chiaramente supplire alle vulnerabilità sistemiche richiamandosi alla tradizione del dirigismo francese a partire dall’acquisizione da parte dello Stato di quote in imprese di rilevanza pubblica, come EDF (Électricité de France), che l’estrema destra intende invece nazionalizzare.

L’inflazione al 5% è sotto la media europea del 7%. Questo è essenzialmente dovuto al calmiere imposto dallo Stato, che comporta un aumento massimo dei prezzi dell’energia del 4%. Infine non si può dimenticare che l’improvvisa centralità delle forze armate nella retorica di Macron è marchiata dall’atto inaugurale della presidenza nel 2017. Allora costrinse alle dimissioni il capo di stato maggiore, il generale Pierre de Villiers, quando protestò a proposito della riduzione di 850 milioni nel budget della difesa voluto da Macron nell’ambito di un taglio delle spese di 4,5 miliardi. La Francia ha raggiunto il 2% del PIL per la difesa – minimo stabilito per i membri NATO – soltanto nel 2020 a causa di una riduzione del PIL.

Immagine di copertina:

Foto di Anthony Choren su Unsplash

(Milano, 1991) dottorando all'EHESS di Parigi, dopo avere studiato filosofia a Padova, Londra e Berlino. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla storia del pensiero politico ed economico all'estetica e la psicanalisi. Dal 2017-2021 è stato corrispondente freelance da Berlino e Parigi per Business Insider Italia.