I problemi di rifornimento globali colpiscono anche la nostra tavola. Nell’ultimo anno i prezzi degli alimenti sono saliti del 30%, influendo soprattutto su prodotti di base come cereali e oli vegetali. Sono numeri che pesano e non potranno che avere importanti conseguenze sulle tasche degli italiani, in particolar modo quelli meno abbienti. Le cause? Innanzitutto, la guerra in Ucraina, che blocca importanti rapporti di fornitura internazionali e rende più difficili le comunicazioni. Ma dietro il preannunciato food shortage ci sono anche le condizioni climatiche sfavorevoli e le difficoltà di trasporto che continuano a danneggiare i rifornimenti globali.
L’emergenza prezzi
A raccontarci chiaramente il problema sono i dati pubblicati del Food Price Index, indicatore basato sul prezzo di un paniere di prodotti indicativi, aggiornato mese per mese dalla Food and Agriculture Organization (FAO). Stando alla più recente pubblicazione, tra aprile 2021 e lo stesso mese di quest’anno, il valore dell’indice è salito da 122,1 a 158,5 punti, più del 29%. Nello specifico, a trainare l’aumento intervengono soprattutto i prezzi di due tipi di prodotti, cereali e oli vegetali: i primi saliti in un anno da 126,2 a 169,5 punti, con un’impennata del 34%; i secondi, da 162,2 a 237,5, con un drastico +46%. Cifre che vanno ad aggiungersi e ad aggravare il già preoccupante bilancio dell’inflazione. Ad oggi il cibo è, assieme all’aumento dei prezzi dell’energia, il principale responsabile della salita inflazionistica dell’Eurozona, al momento +7,8% su base annua.
Le cause: frumento e oli vegetali
Come per la crisi energetica, la guerra in Ucraina è uno dei primi fattori di rincaro dei generi alimentari, specialmente per i cereali. Stando ai dati della World Population Review, la Russia è il terzo paese al mondo per produzione di frumento, mentre l’Ucraina “solo” l’ottavo. I loro output combinati fornivano, alla data del conflitto, quasi il 30% del fabbisogno globale. Ma come se ciò non bastasse, ad inasprire i problemi di fornitura ci si mettono anche le condizioni climatiche tutt’altro che favorevoli dell’ultimo anno, con eventi estremi che hanno danneggiato notevolmente i raccolti. Nello specifico, l’ondata di calore che nelle ultime settimane ha colpito l’India, secondo produttore mondiale, porta con sé gravi conseguenze: il governo indiano ha infatti varato un divieto di esportazione per preservare le riserve locali. Anche le difficoltà del mercato degli oli vegetali sono originate dal clima. La siccità prolungata in Brasile e Argentina è la causa dell’aumento vertiginoso dei prezzi di olio di palma e soia.
La situazione in Italia
Come ci si potrebbe aspettare, gli effetti di questa crisi non sono secondari per il nostro Paese. Secondo le rilevazioni ISTAT di aprile, l’inflazione è al 6% su base annua, con un leggero miglioramento rispetto al 6,5% del mese precedente. Ma se si guarda al solo prezzo degli alimenti, il trend si inverte: nell’ultimo mese il tasso d’inflazione annua sul cibo è passato a 5,7%, dal 5% dello scorso mese. E il problema è ancora più chiaro se si guarda a quanto riportato da un’indagine di Altroconsumo del 28 aprile: in un anno, il prezzo di un chilo di pasta è passato da euro 1,30 a euro 1,52, con un aumento del 17%. Sempre del 17% è salita la farina, mentre un prodotto fresco come le zucchine aumenta del 16%. Ma il risultato più assurdo è quello dell’olio di semi di girasole: costa il 43% in più rispetto al 2021.
Marco Battistone
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