giovedì, 5 Dicembre 2024

L’Europa sfida Cina e Taiwan sulla sovranità digitale

Sommario

Per l’Europa è difficile sottrarsi al confronto con Pechino e Taipei nella corsa alla sovranità digitale. Attualmente, circa la metà della produzione mondiale di microchip – nello specifico fino al 95% di quelli più avanzati – proviene da Taiwan, nonostante le aziende dell’UE dominino il mercato delle macchine per la loro fabbricazione.

Concepita prima dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, però, ora la European Chips Initiative ha bisogno di essere ricalibrata come strumento di politica industriale e come risorsa geostrategica. L’atto del Parlamento Europeo si propone come obiettivo quello di creare un ecosistema europeo all’avanguardia, in modo da internalizzare la produzione di chip, smarcandola dalla dipendenza dei mercati asiatici. Bruxelles ha l’ambizione di mobilitare 43 miliardi di euro in denaro pubblico e privato per finanziare lo scorporo delle importazioni.

L’Europa deve fare i conti con gli USA per costruire la sua sovranità

Gli investimenti attuali sono valutati come insufficienti: ammontano a 3,3 miliardi di euro (circa 0,5 miliardi all’anno in 7 anni), ottenuti rimescolando le carte del bilancio UE. Con appena 250 milioni di euro di denaro fresco e pronto all’uso su una dotazione di 3,3 miliardi, è difficile pensare che il Chips Act avrà un impatto decisivo su un settore ad alta intensità di capitale come quello del tech. Il finanziamento dell’UE impallidisce di fronte ai 50 miliardi di dollari stanziati dagli Stati Uniti e all’equivalente di circa 140 miliardi di dollari destinati dalla Cina nel contesto del suo piano di leadership industriale 2025.

Il fatto non sorprende: l’European Chips Act è stato concepito con l’idea prebellica che l’Europa dovesse sviluppare i propri strumenti geostrategici per diventare indipendente dagli Stati Uniti. Ma la guerra in Ucraina ha dimostrato che l‘Europa dipende più che mai da una garanzia di sicurezza statunitense

Il colosso americano Intel investirà oltre 30 miliardi di euro in Europa e per creare un impianto all’avanguardia nella produzione di chip in Germania, con un piano che è quasi superiore all’intero finanziamento europeo. Il colosso americano è inoltre impegnato a creare un nuovo centro in Francia, istituendo servizi di ricerca e sviluppo, produzione e fonderia in Irlanda, Italia, Polonia e Spagna. Anche i Paesi Bassi stanno cercando di accaparrarsi una fetta di questo finanziamento.

Sovranità digitale: terre rare e infrastrutture nella competizione con la Cina

Ma le conseguenze della guerra agiscono anche sul fronte dei metalli in terre rare come il litio, il cobalto e il nichel, componenti chiave per le batterie. Più del 90% dei magneti in terre rare sono attualmente estratti in Cina. Questa elevata concentrazione della fornitura, in combinazione con le tensioni politiche globali, comporta un elevato rischio di mobilità di questi materiali per la supply chain globale. L’UE ha stilato in merito un piano di emergenza basato sul riciclaggio delle batterie. Tuttavia, il riutilizzo su larga scala non può essere considerato un’opzione sostenibile. Per il momento l’estrazione di grandi quantità di materiali vergini per soddisfare la domanda prevista rimane una necessità con cui fare i conti.

Il raggiungimento della sovranità digitale si basa poi sul controllo delle infrastrutture. In questo, il dominio americano del mercato cloud è evidente. Amazon, Microsoft e Google condividono congiuntamente il 69% della nuvola europea contro meno del 2% dei principali player locali. La risposta dell’UE a questa sottomissione alle infrastrutture americane è il progetto Gaia-X, ancora in fase di implementazione, con l’obiettivo di costruire un cloud sovrano europeo. A dare vigore al progetto è proprio la pandemia, con la necessità di avere data space comuni, per esempio per i dati sanitari, mettendo assieme ricerca, ospedali, case farmaceutiche e Paesi diversi.

La stessa disparità rischia di replicarsi in altre fondamentali infrastrutture di connettività fisica: i cavi sottomarini, attraverso cui transita il 99% delle comunicazioni elettroniche intercontinentali. I GAFAM (acronimo di Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) americani sono entrati nella competizione con una forza senza precedenti: la loro quota di mercato dieci anni fa era pari al 5%, oggi la cifra è al 50%. Tuttavia, i cavi sottomarini sono troppo numerosi e distribuiti a livello globale perché l’UE e gli Stati Uniti possano affrontare da soli questi rischi. La competizione si sposta ancora a Est.

Pechino si è concentrata a lungo sul controllo dell’infrastruttura Internet in patria e all’estero attraverso la sua Belt and Road InitiativeMosca tiene conto degli elementi fisici del cyberspazio, dalle persone alle infrastrutture, nella sua proiezione di influenza, con l’esercito russo che ha persino tagliato i cavi terrestri in fibra ottica all’inizio della campagna in Crimea nel 2014.

Sovranità digitale: Washington e Bruxelles insieme via da Pechino

Per questo motivo, Washington e Bruxelles vogliono perseguire un quadro comune per lo screening degli investimenti e dei progetti di cavi sottomarini per proteggere la sicurezza e la resilienza dei fili una volta dispiegati. In sede Trade and Technology Council (TTC), i funzionari europei e statunitensi concordano proprio nel creare una nuova task force dedicata all’elusione del rischio dell’intelligenza artificiale. Allo stesso tempo, si vogliono creare strumenti finanziari per aiutare gli alleati ad allontanarsi da fornitori “rischiosi” e ad acquistare tecnologie di comunicazione sicure e resilienti.

Il TTC rappresenta prima di tutto un’alleanza politica e ideologica basata su un credo comune per la collaborazione USA-UE. Tutto ciò avviene in un contesto in cui le imprese dell’UE fanno molto affidamento sulle tecnologie digitali americane e non vedono ancora la necessità di definire una vera strategia industriale per evitare la dipendenza dall’estero. Tuttavia, il management di tali dipendenze diventerà sempre più importante con l’aumentare delle tensioni geopolitiche, climatiche e ambientali, che sposteranno sempre più al centro il ruolo delle tecnologie digitali e delle potenze emergenti.©

Arianna Francesca Brasca