sabato, 27 Aprile 2024

Federlegno, Feltrin: «Costi dell’energia troppo alti, le aziende rischiano lo stop»

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legno arredo

Se il Governo italiano non mette in campo a strettissimo giro misure volte a bloccare gli aumenti ormai insostenibili di gas ed energia, intere filiere produttive, fra cui quella del legno-arredo, saranno costrette a fermare la produzione, a mettere i lavoratori in cassa integrazione e a perdere competitività sui mercati.
«Le aziende hanno ancora scorte di ordini importanti e di materiali, però l’orizzonte medio dei magazzini è intorno al mese, mese e mezzo. A metà ottobre ci troveremo con l’obbligo di chiudere le aziende perché o non ci sono più i materiali o i costi sono talmente elevati che non conviene produrre», dice il Presidente di Federlegno, Claudio Feltrin, che chiede misure a tutela di questa eccellenza italiana.

«Il riavvio di una filiera come la nostra sarà costosissimo per la socialità. La nostra raccomandazione è non bloccarla, perché mantenerla attiva costa meno. Anche se riuscissimo a chiudere e in questa situazione (ci sono forti dubbi) sì che avremmo un segno positivo rispetto al 2021, figlio però degli aumenti piuttosto che della redditività. A rischio è proprio quest’ultima, perché diventa difficile far fronte a questa crescita della spesa energetica», continua Feltrin.

legno

Qual è lo stato attuale della filiera del legno e se la crisi energetica dovesse permanere, quali scenari si profilano?

«Prima del COVID la nostra filiera viaggiava intorno ai 41-42 miliardi di euro, nel 2020 il valore è sceso a 37, salendo poi nel 2021 sino a quasi 50. Siamo andati in vacanza preoccupati, ma speranzosi perché si poteva prevedere una schiarita, finché non è caduto il Governo Draghi. Le nuvole di preoccupazione che incombevano sul rientro a settembre si sono addensate in maniera molto preoccupante, continuando ad essere presenti ad agosto. Abbiamo trascorso le ferie preoccupati dall’aumento del gas, ora a prezzi stellari. Sarà effetto di guerra, speculazione e quant’altro, certo è che non farà bene alla nostra filiera e al Paese.

Il primo semestre il mercato presentava dati assolutamente positivi, eravamo a +22% sul venduto del 2021, un anno già eccezionale. Vero è che quest’anno su questa percentuale ha influito anche una parte degli aumenti che le aziende sono state costrette ad applicare, quantificabili intorno al 10-15%. Aumenti che nel primo semestre del 2021 non comparivano, sono stati introdotti a metà anno, in maniera molto prudenziale. La speranza era che questa fiammata inflazionistica si attenuasse, se non addirittura annullasse. Il +22% è figlio di questi aumenti, quindi la vera crescita ammonta al 7-8%, comunque un ottimo risultato».

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Quali misure emergenziali si possono mettere in campo, a livello nazionale e internazionale, per contrastare la crisi del legno?

«Siamo ottimisti riguardo la possibilità che il problema si risolverà e che si potranno trovare convergenze a livello italiano ed europeo su: tetto al gas, disaccoppiamento del prezzo del gas e dell’elettricità e incentivazione della generazione di energia da fonti rinnovabili. Rimangono però le preoccupazioni, soprattutto nella parte energivora del settore. I produttori di pannelli stanno contemplando l’idea di chiudere gli impianti per problemi di copertura delle spese. Generano perdite invece di utili. Questa situazione si riflette automaticamente su tutto il settore e il fermento nei consumi, che è perdurato fino a luglio, rischia di venire meno.

Quando arriveranno le bollette il morale del consumatore sarà messo a dura prova, provocando un ripensamento nei consumi. Teniamo inoltre presente che in Italia abbiamo ancora i benefici del Superbonus. Questi aiuti andrebbero sbloccati, soprattutto il 110%. Giustamente a inizio anno il Governo ha posto dei limiti per far fronte alla più grande truffa italiana dal dopoguerra. Si sono bloccati lavori, alcuni sono ancora in attesa di ripartire perché viviamo nell’incertezza del credito ceduto. Non è ancora chiaro se le banche, una volta accettato, ne siano responsabili. Un ulteriore motivo per il consumatore di bloccarsi».

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La sostenibilità può diventare un asset importante. In questa direzione va il vostro hub di progetti “FLA Plus”, che accompagna le aziende nella transizione attraverso kit di formazione green, supporto nella redazione del Bilancio di Sostenibilità e altro.

«È dal 2018 che lavoriamo a un piano di sensibilizzazione verso la transizione. A ottobre scorso abbiamo presentato il Decalogo, punti sui quali la federazione si concentra per affrontare questo percorso. È frutto di un’indagine di settore dalla quale è emerso che le aziende leader sono avanti in questa opera di trasformazione. Se consideriamo che le nostre aziende sono 70.000 e gli addetti sfiorano i 300.000 risulta però che la maggior parte delle nostre aziende sono piccole. È chiaro che queste sono più esposte, però con il Piano di Fattibilità presentato a luglio ci proponiamo di accompagnarle in questa strada, l’unica via di sviluppo per garantire il futuro dell’industria.

I giovani hanno indicato chiaramente che sono molto più predisposti alla transizione, questo significa dare priorità a prodotti e servizi sostenibili. Lo stesso sistema azienda deve diventare circolare, una trasformazione strutturale, un cambio di mentalità. Bisogna fare l’azienda ecosostenibile. Le compagnie si dimostrano sempre più disposte ad intraprendere un percorso a medio-lungo termine. Da parte nostra, per contribuire all’innovazione possiamo scegliere e applicare nel modo migliore materiali e processi studiati da altri comparti industriali. I nostri pannelli sono fatti al 95% da legno riciclato, siamo i primi in Europa a farlo. La scarsità di materia, causata da una scorretta gestione del territorio (l’80% del legno usato è importato), ci ha spinto a sviluppare molto la raccolta del legno esausto».

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Quale misure prendere a medio-lungo termine per sventare future crisi energetiche?

«Non basta mettere una toppa, bisogna avviare un piano che nessuno possa poi rinnegare. Nel 2000 avevamo circa 20 miliardi di metri cubi di gas di estrazione italiana e, per scelte che definirei scellerate, vista la situazione attuale, si è deciso di chiudere tutti gli impianti. Ma non si è attuata una politica di potenziamento dell’energia in house. Si è trovato più conveniente acquistare il gas russo perché economico, piuttosto che investire sulla copertura di tutti i capannoni produttivi esistenti con pannelli fotovoltaici. Sarebbe costato sicuramente di più, ma oggi ci troveremmo in una situazione energetica molto diversa. Incentivare la costruzione di pannelli solari potrebbe portare benefici». ©

📩 [email protected]. Il mio motto è "Scribo ergo sum". Mi laureo in "Mediazione Linguistica e Interculturale" e "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, specializzandomi in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di libri, spazio, crypto, sport e food. Scrivo per Istituto per la competitività (I-Com), Istituto per la Cultura dell'Innovazione (ICINN) e Innovative Publishing. Collaboro con Energia Oltre, Nuova Energia, Staffetta Quotidiana, Policy Maker e Giano.news.