Inutile parlare di transizione ecologica senza farlo anche di robotica e Intelligenza Artificiale. Un mercato che crescerà dagli attuali 65 miliardi a centinaia di miliardi di dollari, con un crescita esponenziale in differenti settori. Dalla medicina al cibo, passando per i trasporti, il biotech supererà i 1.000 miliardi. Queste almeno le previsioni. Innovazioni che possono migliorare la vita di milioni di persone, se avranno un prezzo accessibile e saranno disponibili a tutti. «Una delle sfide del futuro è sviluppare una tecnologia innovativa, efficace, ma al tempo stesso leggera e rispettosa. Credo che l’impatto ambientale sia una delle problematicità maggiori. Dobbiamo porci delle domande se per estrarre un Bitcoin uso più energia di quella che uso per illuminare un villaggio, oppure se ho device che durano due anni, costruiti in coltan, minerale raccolto dai bambini congolesi», spiega don Andrea Ciucci, coordinatore di Segreteria della Pontificia Accademia per la Vita.
Scusi, ma perché lei è qui?, il suo ultimo libro edito da Terre di mezzo, è un viaggio autobiografico tra questioni etico-antropologiche, benefici e rischi legati a AI e robotica. Il peregrinare è mosso dalla domanda: come coniugare attività di ricerca e miglioramento della vita delle persone? Ideale che muove la Pontificia Accademia per la Vita, attenta al cambiamento epocale che l’umanità sta affrontando e interessata al progresso dell’innovazione e della ricerca scientifica.
Quale impatto potrebbero avere Intelligenza Artificiale e robotica?
«Colpisce molto il tema della possibilità di gestire operazioni complesse a distanza, penso alla telemedicina. Un’innovazione che permette all’Occidente di supportare e sostenere le realtà che in questo mondo fanno più fatica. La configurazione di questi sistemi aiuta a impattare concretamente sulla vita di popoli lontani. Abbiamo in mano qualcosa che può migliorare la vita di molti. Un altro aspetto interessante è che per sviluppare applicazioni e sistemi basati sull’AI usiamo molto meno dati rispetto al passato. È importante imparare a raccoglierli e organizzarli bene affinché siano efficaci. Un tema da non sottovalutare riguarda la regolamentazione della privacy, a tutela della nostra libertà: i dati sono la vita della gente. La libertà implica però la conoscenza, bisogna promuovere la consapevolezza, evitando visioni apocalittiche riguardo una futura supremazia delle macchine. Come ogni innovazione che segna un passaggio epocale, dobbiamo viverla assumendoci la responsabilità delle scelte con la forza della regolamentazione».
Quali sono gli ostacoli allo sviluppo di Intelligenza Artificiale e machine learning?
«C’è il rischio di pensare alla tecnologia come a una nuova forma di colonialismo. Credo che una delle sfide decisive su cui dobbiamo vigilare è fare in modo che queste innovazioni possano mettersi al servizio di culture diverse da quelle Occidentali. È facile sviluppare nuove tecnologie avendo a disposizione tanti soldi. La seconda sfida riguarda creare innovazione in zone diverse, in modo coerente con le economie locali. Non posso creare una APP che aiuti le contadine africane a un costo inaccessibile, scaricabile solo con un device di ultima generazione o una banda super larga».
Oggi molte tecnologie hanno costi elevati, alcuni farmaci arrivano a 1 milione di dollari. Le faccio la domanda che pone nel suo libro: come vivere in modo autenticamente umano questa era tecnologica?
«Custodendo gli spazi di decisione. Dobbiamo comandare noi l’innovazione. La differenza tra l’uomo e le macchine è che noi possiamo scegliere. Possiamo decidere di scegliere una scienza responsabile. Non dobbiamo fare qualsiasi cosa solo per il fatto che abbiamo le conoscenze e le possibilità per farla. È anche importante lavorare alla regolamentazione politica, anche se in Europa siamo avanti per quanto riguarda i dati. Parliamo di costruzione di una cultura personale: oggi quasi nessuno ha consapevolezza di che effetto ha lo smartphone su di lui. Dobbiamo sempre tenere a mente che c’è bisogno di una sintesi sapiente.
Parlando di medicina, purtroppo non è vero che la vita non ha prezzo, sappiamo che i costi della sanità sono ben precisi. E sappiamo che non abbiamo un budget infinito. È un tema che il paziente e i parenti non possono affrontare, è la società a dover trovare un equilibrio. Lo sviluppo tecnologico della medicina è incredibile ma ha spesso costi enormi, questo impone una gestione saggia. Vuol dire scegliere delle priorità e riconoscere che la medicina non può guarire tutto».
La medicina è uno dei settori nei quali l’innovazione tecnologica può dare una svolta. Cos’è il progetto “Babylon”?
«Babylon è un esempio incredibile che mette in luce un tentativo a buon fine di ottimizzazione di risorse, ma anche alcuni limiti. Il progetto prevede un apparato tecnologico che permette a un medico di base dall’altra parte del mondo di avere una quantità di dati e una strumentazione tecnica tale da fare una diagnosi del paziente, conoscere la sua storia e essere aggiornato in tempo reale. Un ottimo sistema che con un’interfaccia semplice garantisce l’accesso a dati e cartelle cliniche per avere un colloquio a distanza. Il limite è che il medico non lo toccherà mai con mano. È un tema da non sottovalutare, che riguarda sia l’ammalato sia il medico. Con il Covid-19 i tirocini sono stati sostituiti dalle simulazioni, ne parlo nel mio libro. Rischiamo di avere medici che non hanno mai toccato un paziente».
Parliamo delle iniziative dell’AI Common, che obiettivi si pone?
«AI Common è una comunità di individui che prova a interrogarsi e a riflettere sulla portata dell’innovazione offerta dai sistemi di Intelligenza Artificiale. È interessante il fatto che nasca all’interno delle Nazioni Unite, perché vuol dire riportare le nuove tecnologie dentro le grandi questioni di questo tempo. Ad esempio, penso al fatto che si prevede che nei prossimi anni la maggior parte degli uomini vivrà in città. Con tutti i vantaggi e i limiti che questo comporta. Vuol dire costruire magnifici centri tecnologici, accanto a cui sorgeranno però periferie invivibili. L’iniziativa è patrocinata anche dell’ONU, si pone quindi l’obiettivo di utilizzare l’AI per raggiungere i sustainable development goals (SDGs). AI Common è molto attiva sul tema di produzione e distribuzione del cibo. A Ginevra a novembre si terrà un seminario di AI For Good su come alcune innovazioni possono aiutare i contadini africani». ©