Nell’ultimo periodo i bilanci di sostenibilità sono saliti alla ribalta, rivelandosi una bussola molto utile per orientare le scelte di investimento dei risparmiatori. Ormai, nonostante le resistenze, ben sette imprese italiane su dieci scelgono di pubblicare bilanci di questo tipo. Ma come sapere quando fidarsi e quando invece no?
Cosa sono e a cosa servono
Secondo il Libro verde della Commissione Europea, il bilancio di sostenibilità è «l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». In pratica, è un passaggio in più nel processo di rendicontazione di un’impresa, che può scegliere di integrare i suoi bilanci con una dichiarazione di questo tipo. È innanzitutto uno strumento, utile sia all’impresa sia all’investitore esterno. Per l’impresa, è un modo per analizzare il proprio operato a 360 gradi, aggiungendo informazioni preziose, spesso non intuibili dal semplice bilancio di esercizio. Infatti, non esistono imprese che prendono decisioni basandosi esclusivamente su criteri finanziari. E non è detto che avvalersi un punto di vista in più non potrebbe giovare. Qualora poi decida di pubblicarlo, può essere un elemento a favore nella valutazione del cliente o del potenziale investitore. D’altronde, l’interesse per i temi di sostenibilità è in netta crescita, anche nel mondo finanziario. Lo testimonia bene la crescita degli investimenti ESG degli ultimi anni e l’obbligo, implementato dall’ultimo aggiornamento alla normativa MIFID, di rispettare le preferenze di sostenibilità del cliente.
Come sapere quando fidarsi
I bilanci di sostenibilità, obbligatori dal 2021, ma solo per le grandi imprese di interesse pubblico, possono rappresentare anche un’ottima pubblicità. Infatti, un’azienda che mostri di aver ottenuto buone performance in termini di sostenibilità, ne può trarre notevoli vantaggi, soprattutto in termini di reputazione. Ma le società, nonostante non possano mentire, hanno notevole libertà di scelta sui criteri di raccolta dei dati e soprattutto su quali e quanti dati debbano entrare nel documento. Questo perché, come si è detto, la pubblicazione del bilancio è per lo più volontaria. Ma allora come capire se le dichiarazioni sono autentiche e affidabili? In mancanza di una norma chiara e completa in materia, il criterio più utilizzato è quello del Global Reporting Initiative (GRI) Sustainability Reporting Framework.
Gli standard e chi può garantirli
In pratica, si tratta di una serie di standard messi a punto dalla GRI, un’organizzazione che si occupa proprio di favorire la maggiore trasparenza possibile nel processo di reporting aziendale. Si dividono in tre gruppi, contraddistinti da altrettanti bollini numerati. Oltre agli standard universali (100), che riguardano le dichiarazioni societarie in generale, esistono standard economici (200), ambientali (300) e sociali (400). Le ultime due categorie, nello specifico, sono quelle più interessanti, in quanto forniscono i criteri relativi specificamente alle dichiarazioni di sostenibilità. Se ha fatto uso di questi criteri nel report, una società può autodichiararlo nel testo stesso. Infine, per rassicurare anche i più diffidenti, le aziende molto spesso scelgono di avvalersi del giudizio di società di assurance o dello stesso GRI per verificare la veridicità della dichiarazione.
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