domenica, 28 Aprile 2024
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politica monetaria

Il Prodotto Interno Lordo sale, ma non è tutto oro quel che luccica. «È effetto soprattutto del boom turistico, devastante per i centri storici e l’ambiente, mentre la manifattura rallenta. Dovremmo investire in istruzione, riqualificare la forza lavoro, immigrati in primis. Puntare a una crescita di qualità che sia socialmente equa, quindi anche sostegno alla sanità pubblica. Temo che non si vada in questa direzione», spiega Sergio Cesaratto, professore di Politica Economica presso l’Università di Siena e autore di Sei lezioni sulla moneta, edito da Diarkos. «Dovremmo combattere l’evasione fiscale e concedere meno privilegi a certi settori a favore del lavoro dipendente e dell’impresa moderna che paga le imposte. Le monete digitali emesse dalle Banche Centrali possono creare un terremoto nel sistema bancario», aggiunge.

Qual è l’errore più grande che si fa oggi nell’insegnamento della moneta e della politica monetaria?

«Le cose stanno cambiando, ma in molti corsi di economia sono insegnate in maniera tradizionale. Questo significa rifarsi all’idea che le banche svolgano il ruolo di raccogliere risparmio e poi prestarlo agli imprenditori per gli investimenti o alle famiglie come credito al consumo. La politica monetaria è anche basata sull’idea che la Banca Centrale muti a piacimento la quantità di moneta: quando vuole abbassare i tassi di interesse la aumenta, quando li vuole alzare la diminuisce. Nel primo caso, acquisterebbe titoli con rendimento in calo. Inoltre, l’aumento della liquidità a disposizione degli istituti, in forma di riserve bancarie, li indurrebbe a prestare più moneta, accrescendo il credito a tassi più bassi. È il cosiddetto moltiplicatore monetario. Sono concetti che molti banchieri centrali e economisti non mainstream (post-Keynesiani, Sraffiani ecc.) considerano errati».

Cesaratto

Nel suo libro scrive che le banche non raccolgono e prestano il risparmio, bensì concedono prestiti creando moneta…

«Le banche creano moneta bancaria (i depositi) attraverso una mera operazione contabile, la concessione dei prestiti. Quando concedono un nuovo credito trascrivono il prestito in attivo, mentre nel passivo inseriscono il deposito creato dal nulla a favore del debitore. L’ammontare di credito creato dalle banche dipende dunque dalla domanda di credito, influenzata dai tassi di interesse e dalla fiducia di imprese e famiglie».

E le riserve bancarie?

«In molti sistemi non esistono riserve obbligatorie, ma le banche ne detengono comunque. Infatti, i pagamenti che ordiniamo dalla nostra banca a quella dei nostri partner non avvengono con un furgone portavalori, ma trasferendo riserve. Esista o meno la riserva obbligatoria, gli istituti hanno il tempo di rivolgersi alla Banca Centrale, che non gliele farà mancare. Le riserve bancarie sono una moneta creata da questo istituto e che circola solo fra i soggetti che possono aprirvi conti correnti: banche commerciali e governi. Le famose monete digitali Central Bank Digital Currencies permetterebbero anche ai semplici cittadini di detenervi un conto».

Quali sono gli effetti delle monete digitali sulla politica monetaria?

«Sono completamente contrario alle cosiddette crypto currency. È assurdo permettere lo sviluppo di monete puramente speculative, usate anche dal malaffare. Forme di moneta elettronica ben regolate come Paypal hanno invece il loro ruolo e non intaccano la politica monetaria. Quanto alle CBDC, cittadini e imprese potrebbero apprezzare la loro sicurezza e trasferire una parte cospicua dei loro depositi presso la Banca Centrale. Questo ridefinirebbe tutto il sistema. Si parla infatti di porre dei limiti quantitativi ai depositi in CBDC. Fabio Panetta, dell’Executive board della BCE, parla di 3 mila euro. Nei fatti, di queste valute non si sente gran necessità, e le Banche Centrali non hanno le capacità manageriali di quelle ordinarie nel gestire i depositi. Tuttavia, sono in molte le istituzioni che stanno valutando di creare CBDC, anzi già l’hanno fatto, in particolare la People’s Bank of China. Di conseguenza, gli omologhi occidentali cercano di presidiare il territorio».

Quali sono gli effetti e le problematiche legate al modo di agire delle banche?

«Le banche hanno un grande potere, potendo creare credito dal nulla, battendo i tasti del computer. Non prestano risparmi o depositi ricevuti, ma ne creano. A maggior ragione devono essere prudenti nel concedere il credito, e ben sorvegliate dalle autorità preposte. Gli eccessi possono sfociare in crisi finanziarie, come nel 2007-2008. Il punto è che questi sgarri hanno luogo proprio in periodi di boom, quando i debitori sembrano affidabili e le banche fanno a gara per creare credito. Nego che per concedere un nuovo prestito un’istituto debba prima raccogliere un risparmio, ricevere cioè un deposito. Quando un paio di volte mi è capitato di chiedere un mutuo immobiliare, mi domandavo infastidito perché la banca pretendesse che io aprissi un conto corrente presso di loro. La ragione è che la banca mi concedeva quel mutuo creando dal nulla un deposito a mio favore, ma non potevano creamelo presso un’altra banca. Poi, certo, i depositi generati vengono spesi, e la spesa genera un multiplo di reddito e risparmio. Questo è il famoso moltiplicatore di Keynes. Il nocciolo è che alla fine il deposito consiste di risparmi. In altri termini, lo stock di depositi bancari in essere sono risparmi, ma per concedere un nuovo prestito la banca crea un deposito ex nihilo. Questo è più chiaro agli economisti eterodossi che hanno ben capito il cuore della rivoluzione keynesiana: sono gli investimenti, finanziati dalla creazione bancaria di credito, a generare i risparmi. L’economista conformista pensa che avvenga il contrario, e questo lo porta a farsi un’idea sbagliata del modo in cui operano le banche».

Come funziona la politica monetaria, nei periodi positivi e durante le crisi?

politica monetaria

«La politica monetaria mira a influenzare un particolare tasso di interesse a brevissimo termine, quello del mercato interbancario, che poi diventa l’architrave di tutto il sistema dei tassi a più lungo termine. Il mercato interbancario è quello in cui le banche si scambiano riserve. Le banche che ne sono a corto le cercano in primis lì. Per questo la Banca Centrale non farà mai scarseggiare le riserve. Infatti, essa fissa il tasso obiettivo e mette a disposizione delle banche tutte le riserve che domandano. Queste riserve circolano fra le banche in seguito ai nostri pagamenti interbancari. Qualche volta alcune se ne ritrovano troppe, altre volte troppo poche, e così se le scambiano, sempre al tasso indicato dalle autorità centrali. In periodi più turbolenti, com’è accaduto progressivamente dal 2008, si creano più riserve del necessario, rendendole abbondanti alle banche che, persa la fiducia reciproca, smettono di scambiarsele. Acquistando titoli di Stato se ne sostiene nel frattempo il valore. Il sistema cambia dunque un pochino, ma non radicalmente».

Potrebbe essere più specifico?

«Quando il Governing council della BCE si riunisce ogni sei settimane esso decide non uno ma tre tassi, il cosiddetto corridoio dei tassi. Il tasso più alto è quello a cui la Banca Centrale presta riserve alle banche in emergenza; quello di mezzo è quello obiettivo; quello più basso è quello con cui si remunerano le riserve in eccesso delle banche. Nel 2007 la BCE faceva in modo che l’offerta di riserve fosse bilanciata con le esigenze della banche per avere una riserva obbligatoria. Chi ne ha in eccesso le cede a chi ne è sprovvisto. Nel giugno 2007 i tassi del corridoio erano, rispettivamente, 3%, 4% e 5%. A questi tassi, la banca in eccesso di riserve poteva lasciarle nel proprio conto presso la BCE remunerate al 3%. La banca in temporaneo difetto di riserve le poteva ottenere dalla BCE al 5%. A entrambe conveniva scambiare le riserve fra loro a un tasso intermedio: il 4%, obiettivo a breve della BCE. Dal 2008, l’istituzione ha enormemente espanso la liquidità e si assiste a un costante eccesso di riserve. Nonostante si siano invertite le operazioni di creazione di liquidità, ci vorrà molto tempo per tornare ai tempi normali. L’abbondanza fa ora sì che il tasso interbancario sia schiacciato al pavimento, poiché l’offerta supera la domanda. La Federal Reserve lo chiama floor system. Per ragioni ignote, la BCE lo adotta solo de facto, continuando a dichiarare un obiettivo ufficiale più alto, ma falso».

Quali saranno i fattori che determineranno il futuro dell’economia italiana?

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«Il futuro dell’Italia dipende da quanto terremo il passo della tecnologia. Serve istruzione e guida pubblica. A mio avviso poco cambierà sul piano europeo. La questione non è la flessibilità o meno dei patti fiscali comunitari. Il punto è che senza eurobond e sostegno della Banca Centrale il nostro debito pubblico, emesso in euro, che è una moneta straniera, è alla mercé dei mercati. Il Meccanismo Europeo di Stabilità non ci protegge, o lo farebbe a caro prezzo. E gli eurobond sono una chimera, così come un bilancio federale. A differenza degli Stati Uniti, che sono una Nazione, l’Europa è un insieme di Stati la cui solidarietà reciproca è inesistente, se non nella retorica dei politici. Condividere la moneta senza un’unione politica è stato un grave azzardo».

Torniamo per un attimo alla pandemia da Covid-19. Qual è il suo giudizio riguardo all’azione della Banca Centrale Europea e delle banche nazionali in questo periodo?

«Credo si siano comportate bene, salvo poi farsi sfuggire di mano le cose. Il Covid-19 prima e le tensioni geopolitiche poi hanno inciso sull’efficienza delle catene degli approvvigionamenti e sul costo delle materie energetiche. Alle Banche Centrali è stato chiesto dunque di combattere l’inflazione, dopo che per anni avevano combattuto la deflazione. Di norma lo fanno innescando un rallentamento dell’economia attraverso il rialzo dei tassi. La Fed lo ha fatto con maggiore decisione, ma in America l’inflazione dipendeva anche dalla domanda, non solo dai costi. La BCE è stata più cauta, potendo poco fare sul piano dei costi dei beni importati e dell’energia. La verità è che stiamo pagando prezzi abnormi per questa guerra in Ucraina».

Cosa pensa invece dell’operato del Fondo Monetario Internazionale?

«Nel caso della Grecia, in cui era parte della famosa Troika con la BCE e la Commissione europea, il FMI è stato il meno avvoltoio dei tre. Ora chiede alla Tunisia di cancellare i sussidi alimentari e sui carburanti per la popolazione per ricevere una linea di credito. Gli aiuti del FMI, come quelli europei alla Grecia, servono ai Paesi per restituire i debiti alle banche straniere. Sa solo imporre austerità, non politiche di sviluppo basate sul controllo dell’indebitamento estero attraverso il monitoraggio di libertà di movimento dei capitali, intervento pubblico nell’industria, istruzione, sanità, giustizia sociale e fiscale». ©

Articolo tratto dal numero del 1 luglio 2023 de il Bollettino. Abbonati!

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