domenica, 28 Aprile 2024

Materie prime critiche. La strategia Green dell’UE e il ruolo della Cina

DiEdoardo Lisi

15 Novembre 2023
Sommario
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Le materie prime critiche sono il petrolio delle rinnovabili, ma sono in mano alla Cina. Il gruppo dei critical raw materials può decretare il successo o il fallimento della transizione sostenibile, spostando l’ago della bilancia degli equilibri mondiali. Questi materiali compongono la maggior parte delle tecnologie chiave del futuro: batterie, pannelli solari e turbine eoliche. Il G7 di Sapporo ne ha riaffermato l’importanza, producendo un Piano in cinque punti per la sicurezza dei minerali critici. Si tratta di una strategia che mira a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti futuri, sottraendoli al predominio alla Cina, e al tempo stesso ad accelerare la crescita delle fonti rinnovabili. L’obiettivo è far crescere la capacità solare di 1 Terawatt e la potenza installata degli impianti eolici offshore di 150 Gigawatt. Puntare parallelamente su estrazione mineraria e riuso potrebbe permettere all’UE di recuperare competitività a livello internazionale e mettere al sicuro l’industria tecnologica.

«Se fossimo in grado di recuperare e raffinare determinate materie prime critiche e non ci occupassimo anche dello sviluppo del resto dell’indotto fino ai potenziali utilizzatori anche industriali ci limiteremmo a produrre materie intermedie da dare a chi produce tecnologie altrove. Mi riferisco ad esempio ai pannelli fotovoltaici e batterie per l’auto elettrica. Il tema centrale è lo sviluppo quindi di filiere industriali integrate in grado di produrre quelle tecnologie di cui l’Europa avrà bisogno per completare la sua transizione ecologica e digitale di lungo termine. Per quanto riguarda il nostro Paese, insieme ad Assorisorse abbiamo lanciato l’Osservatorio Italiano Materie prime Critiche Energia (OIMCE), che parte dallo scenario internazionale per capire quali sono e saranno le esigenze di materie prime dell’Italia nel settore energetico, nello specifico cosa il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC) richiederà all’Italia in termini di materiali critici.

Stiamo attivando una serie di tavoli di lavoro, il primo dei quali affronta il tema del riciclo e del riuso, che può dare un contributo al reperimento di materie prime e materiali critici, ma non può essere la sola soluzione. In parallelo, l’estrazione mineraria dovrà anch’essa contribuire ma con nuovi approcci», spiega Paolo D’Ermo, Segretario Generale del World Energy Council Italia.

«Abbiamo già in casa capacità e tecnologie da cui poter partire per il recupero e riuso quindi è qualcosa di realizzabile nel medio periodo. Questo vuol dire che abbiamo allo stesso tempo bisogno di impianti, di sviluppare una filiera in grado di recuperare materie prime e materiali critici dalle apparecchiature più diffuse. Se avessimo una filiera industriale in grado di processarle e integrarle in produzioni industriali avremmo un circolo veramente virtuoso. È un tema, questo, strategico sia per gli obiettivi del Pniec sia del Piano Nazionale sull’Economia Circolare», aggiunge D’Ermo.

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In Italia dopo decenni si ricomincia a parlare di miniere da cui estrarre materie prime…

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«Non è possibile pensare, sia dal punto di vista degli operatori europei sia dal punto di vista dell’accettabilità, alla miniera tradizionale del secolo scorso. Bisogna ripensare il modo di fare estrazione mineraria, trovando materie prime in modo diverso. Pensiamo ad esempio al litio da geotermia. Allo stesso modo bisogna lavorare all’aggiornamento della carta mineraria che risale all’inizio degli anni ‘80. In merito alle attività minerarie inoltre bisogna tener conto che lo sviluppo avverrà su di un arco temporale di lungo termine e quindi è bene partire il prima possibile ove si identifichino buone opportunità di sviluppo, poiché è un processo che non avviene dall’oggi al domani».

Oggi l’industria italiana paga miliardi di euro per gli approvvigionamenti di materie prime critiche dall’estero. Si parla di nuove ricerche e di scavi minerari in Italia, ma diversi studi dimostrano che la chiave a medio termine è il riciclo, che attualmente raggiunge percentuali minime per quanto riguarda questi minerali strategici. Che cosa serve per cambiare paradigma?

«Il tema delle materie prime critiche deve essere approcciato in termini di sicurezza, competitività e sostenibilità. La Commissione Europea sta completando l’elenco delle materie prime critiche o essenziali, quindi avremo una nuova lista a breve, forse più sintetica, di minerali. Un’indicazione su cui coordinarsi in termini sia di risorse sia di sviluppo di capacità di lavorazione, al fine di renderle disponibili per i produttori di tecnologie. L’Italia si sta muovendo, è stato istituito un tavolo sulle materie prime critiche dal Ministero delle Imprese e del Made In Italy. Partendo dalle esigenze di approvvigionamento minerario o di tecnologie contenenti materiali critici richieste dalla transizione ecologica e digitale, occorre un’attenta riflessione su come non erodere la dimensione della sicurezza degli approvvigionamenti, soprattutto per quelle tecnologie su cui l’UE sta puntando per decarbonizzare il proprio mix energetico.

Le materie prime critiche, ad esempio, servono per lo sviluppo della mobilità elettrica e l’aumento esponenziale degli impianti da fonti rinnovabili e idrogeno. L’Ue ha iniziato nel 2023 ad approcciare il tema. Una delle iniziative centrali è il Green Deal Industriale, il ragionamento su come l’industria manifatturiera e pesante debba sviluppare competenze in linea con la Net Zero Economy. La strategia dell’Unione Europea riguarda una dimensione sia di risorse, quindi di identificazione di potenziali giacimenti nel Continente, sia di industria, di filiera, dove si include anche lo sviluppo di necessaria capacità di raffinazione e/o trasformazione. Oggi, quest’ultima è concentrata in pochi Paesi, grandemente in Cina per molte materie prime critiche. Riassumendo, il tema è sia minerario sia di sviluppo di filiere industriali che possano lavorare queste risorse».

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Quali sono i benefici e il potenziale delle comunità energetiche?

«I decreti attuativi che attendiamo da circa due anni, su cui il Governo sta lavorando, sembrano in arrivo. La Commissione Europea dovrebbe aver dato il via libera allo schema di decreti che aprono la possibilità che le comunità energetiche possano raccogliere migliaia di utenti. Oggi ne esistono circa 25, ma sono composte da un numero limitato di utenti e impianti di piccola taglia. Grazie al nuovo decreto si costruirà un perimetro più ampio, coinvolgendo molti più cittadini. Inoltre, si apre alla possibilità che un soggetto giuridico unico gestisca più comunità energetiche su ambiti territoriali molto più vasti.

Tutto questo è stato pensato per diffondere sempre più una produzione da fonti rinnovabili quanto più vicina rispetto al luogo dove si consuma. Questo permette di produrre energia Green, alleggerire i flussi di elettricità sulla rete nazionale e aiuta i cittadini ad acquisire maggiore consapevolezza sui propri consumi. Le persone possono quindi mettersi insieme per fare in modo che l’infrastruttura nazionale sia meno appesantita. Questo è fondamentale perché avvicinare la produzione e consumo di energia da rinnovabili consente anche di ipotizzare uno sviluppo della rete con meno infrastrutture. Le comunità energetiche rinnovabili dovranno essere sistemi efficienti anche da questo punto di vista, in un ottica di sistema Paese».

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Qual è l’impatto a livello locale?

Un altro vantaggio delle CER riguarda i benefici sociali sul territorio in cui sono fondate. Il GSE riconosce un incentivo legato al fatto che questi sistemi producono e consumano contemporaneamente energia elettrica Green. Un beneficio che può essere redistribuito tra gli utenti oppure utilizzato per fare investimenti per le comunità locali. Ad esempio, si possono costruire infrastrutture di ricarica per la mobilità elettrica. Ci sono però anche una serie di ricadute positive che vanno oltre il beneficio economico. Queste risorse si possono anche investire nel recupero di edifici storici elettrificandoli in termini di riscaldamento.

In molti casi l’auspicio, come spesso è già avvenuto, che possano anche creare lavoro per professionisti locali, gestori, professionisti (es. avvocati, commercialisti etc.) ma anche operai specializzati e altri figure professionali. Le Esco e le aziende che vendono energia elettrica e gas non possano far parte di questi sistemi. Possono dare però un contributo nella configurazione e gestione, e nella costruzione degli impianti delle Comunità Energetiche. Di questi temi parleremo tra pochi giorni, il 23 novembre, all’auditorium del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), in occasione della terza conferenza annuale delle CER.

Il comitato scientifico di Italian Forum of Energy Communities (IFEC), di cui fanno parte Enea, RSE e diverse università italiane, si è riunito per identificare la CER dell’anno 2023 che sarà premiata in GSE il prossimo 23 novembre. Al premio si affianca la borsa di studio da 2.400 euro di contributo, dedicata alla memoria del professor Calì, vincolato all’impegno verso un giovane laureato che affianchi la comunità energetica nella sua attività. L’anno scorso la prima classificata è stata una Comunità Energetica in Trentino Alto Adige, una giovane ingegnere è stata ingaggiata per fare attività con questa comunità. Inoltre, l’IFEC è partner del primo Master specifico sulle Sustainable Energy Communities, organizzato dall’Università di Pisa, che partirà la fine di quest’anno e durerà fino all’estate prossima».

Come conciliare i tre vertici del “trilemma energetico”: competitività, transizione e sicurezza?

«La dimensione della sicurezza energetica è tornata prepotentemente al centro dell’attenzione nazionale e globale. Da anni siamo impegnati a migliorare la sostenibilità economica, l’equità e la competitività dell’energia che arriva a cittadini e imprese. Su questo si sta lavorando in parallelo alla transizione. Oggi più che mai, costretti a riconfigurare gli approvvigionamenti energetici di lungo termine per l’Europa, dobbiamo spingere su transizione e decarbonizzazione. Al tempo stesso, però, dobbiamo lavorare anche per non perdere competitività economica e arginare gli aumenti dei prezzi dell’energia. Ragionare con il trilemma energetico è fondamentale per tutti quanti. Sappiamo bene che all’interno delle grandi aziende internazionali e nazionali la dimensione della sostenibilità è diventata parte integrale del modello di business. Quindi anche le aziende si approcciano nel medio-lungo termine secondo la lente del trilemma energetico».

Quanto è importante la collaborazione di tutti gli attori coinvolti nella transizione sostenibile?

«La collaborazione è fondamentale. Per questa ragione, ogni anno il WEC Italia insieme a Globe Italia e in collaborazione con LUISS School of Government e Aska News promuove le Giornate di Trevi. L’obiettivo dell’iniziativa è far incontrare e discutere in un luogo lontano dal day-by-day lavorativo, diverse professionalità affinché ragionino insieme sul tema della transizione energetica.

Parliamo di persone che lavorano in prima persona alle normative, istituzioni, esponenti politici e collaboratori parlamentari che incontrano le aziende, associazioni, università che operano nei settori della transizione ecologica e digitale. C’è anche il mondo dell’informazione, quest’anno abbiamo avuto il piacere di ospitare anche voi, insieme a direttori e altri colleghi di testate energetiche specializzate che si occupano di diversi ambiti della transizione. I leader dell’economia circolare e del settore energetico si ritrovano insieme quindi per conferenze, tavole rotonde ma anche momenti di confronto verticali. Infatti, organizziamo laboratori a cui collaborano esponenti dei diversi mondi su specifici obiettivi.

Uno dei temi centrali di quest’anno è stato quello del PNIEC e le esigenze tecnologiche, impiantistiche e geopolitiche che implica. In quest’ottica, abbiamo organizzato workshop di design thinking in cui chiediamo di identificare proposte e idee. A febbraio, poi, come ogni anno presenteremo i risultati di questo lavoro congiunto in LUISS». ©

Articolo tratto dal numero del 1 novembre 2023 de il Bollettino. Abbonati!

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