sabato, 27 Aprile 2024

La finanza islamica non conosce crisi, boom di depositi bancari

Sommario
finanza islamica

La finanza islamica resiste alla crisi. Il suo volume d’affari si attesta sui 3,25 trilioni di dollari ed è in continua espansione. A testimoniarne forza e resilienza è il Rapporto sulla stabilità dell’industria dei servizi finanziari islamici 2023. Domina il settore l’attività bancaria che appare sul Mercato altamente Redditizia, con disponibilità tali da riuscire a fornire agevolmente liquidità a famiglie e imprese. Con un patrimonio di 2,25 trilioni di dollari è cresciuta rispetto al 2022 del 6,9% registrando un incremento del 8,6% nel volume dei depositi e del 10,5% dei finanziamenti. I ricavi delle banche islamiche sono così aumentati del 44% annuo a partire dal 2018. Performance che stanno contribuendo ad accelerare la ripresa economica soprattutto nel Paesi del Gulf Cooperation Council (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar) dove l’impatto dell’inflazione sui prezzi è talmente lieve da essere quasi impercettibile.

Banditi gli interessi

Il sistema bancario islamico non ha il problema della crescita dei tassi, perché gli interessi non esistono. Anzi. Sono vietati. Considerati usura nei prestiti e ingiusto arricchimento nei deposti. Il modo di usare gli strumenti finanziari rispetto alle banche occidentali è totalmente diverso. Innanzitutto ogni servizio deve rispettare le leggi coraniche. Chi accede al credito non deve restituire il denaro ricevuto in prestito. La banca condividerà equamente utili e perdite delle attività dei propri clienti. Per quanto riguarda i mutui diventerà proprietaria della casa di cui ha finanziato l’acquisto, come se fosse un leasing. Viceversa il soggetto che intende custodire denaro in una banca islamica parteciperà alla ripartizione dei suoi ricavi. Il profitto non deriverà quindi dalla semplice messa a disposizione di risorse, ma dal loro investimento concreto nel Mercato.

Perché le banche islamiche non conoscono crisi?

L’accumulazione di risorse finanziare è proibita dalla legge islamica. I soldi sono intesi come mero strumento per contribuire allo sviluppo della comunità. Ciò si traduce nell’obbligo di rendere il denaro circolante. Non può essere accumulato, ma va usato per sostenere attività reali. L’aspetto più interessante deriva dalla distribuzione di perdite e utili che inducono clienti e banche a lavorare nella stessa direzione per ottenere risultati positivi. La facilità di accesso al credito inoltre contribuisce a ridurre la povertà sul territorio creando occupazione e a sostenendo le piccole e medie imprese. Di riflesso il sistema si rivela meno vulnerabile e subisce solo in maniera marginale gli effetti della crisi dei Mercati globali. In più l’accresciuta sensibilità verso investimenti sostenibili, socialmente responsabili, rende sempre più attrattivo il sistema bancario islamico che censura la speculazione guidato da stringenti principi etici, equi, solidali e di trasparenza. Anche perché per sua natura l’Islam promuove la beneficenza (è uno dei 5 pilastri della religione musulmana) e di conseguenza l’intervento delle banche si focalizza su fasce svantaggiate e progetti di welfare.

Dove sono le banche islamiche

Al mondo, secondo Bankoscope, esistono circa 250 banche islamiche. L’Iran possiede la quota più alta di istituti di credito ispirati all’Islam (29%). In Europa sono più o meno 10, mentre sono assenti in Italia a parte l’eccezione di uno sportello virtuale a Torino. Eppure il Mercato è florido e vi sarebbero i presupposti per collaborare con le banche etiche (ispirate a valori cristiani) e alcuni virtuosi istituti di credito cooperativo che non basano il proprio business su principi speculativi, ma solidaristici. Ad oggi il 45,4% delle banche islamiche si trova nei Paesi del Golfo, mentre quelle dell’intera Africa sono meno del 2%. La loro presenza è esclusiva in Paesi che hanno islamizzato il Mercato finanziario quali l’Iran, il Pakistan e il Sudan. In altri Stati convivono con gli istituti di credito convenzionali. In Paesi come l’Inghilterra invece sono le stesse banche tradizionali a gestirle con finestre di fondi separati (islamic windows) che non possono essere investiti per la produzione o distribuzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia e gioco d’azzardo. ©

📸 Credits: Canva

Giornalista professionista appassionata di geopolitica. Per Il Bollettino mi occupo di economia e sviluppo sostenibile. Dal 2005 ho lavorato per radio, web tv, quotidiani, settimanali e testate on line. Dopo la laurea magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale, ho studiato arabo giornalistico in Marocco. Ho collaborato a realizzare in Saharawi il documentario La sabbia negli occhi e alla stesura della seconda edizione del Libro – inchiesta sulla Statale 106. Chi è Stato?