giovedì, 2 Maggio 2024

Italia da record per disuguaglianza economica

Sommario

C’era una volta l’Italia potenza economica mondiale, con una ricchezza privata delle famiglie da fare invidia. Sul piano immobiliare forse è ancora così, con 5.246 miliardi di beni posseduti secondo i dati Banca d’Italia. E per i pochissimi che concentrano nei loro patrimoni tutta la ricchezza nazionale (al 5% delle famiglie italiane va quasi la metà della ricchezza nazionale, sempre secondo Banca d’Italia). Sono i redditi di tutti gli altri invece a far piangere, così come la disuguaglianza crescente. Istat lo dice chiaro nel suo ultimo rapporto sulla distribuzione del reddito: il divario economico è passato nel corso del 2023 da 31,9 al 31,7%, scendendo di un valore quasi inesistente, lo 0,2. Di fatto le disuguaglianze sono rimaste invariate, con giovani e famiglie, spesso con minori a carico, sempre più in affanno.

Gli effetti dell’assegno unico & co.

I ritocchi al sistema delle tasse e i benefici come assegno unico, reddito di cittadinanza, esonero dei contributi per i dipendenti non producono effetti significativi. L’assegno unico, versato mensilmente alle famiglie con figli a carico, è stato pari mediamente a 245 euro. Gli aumenti ci sono stati, ma per cifre irrisorie: 60 euro in più di media. E anche per le altre misure come reddito di cittadinanza, decontribuzioni e supporto per la formazione, gi rialzi si aggirano su qualche centinaia di euro annui. Con un’inflazione alle stelle, che ha viaggiato per molti mesi sopra la soglia dell’8%, le misure assistenziali si convertono in una partita di giro: da una parte si dà ma dall’altra si toglie.

Maglia nera per Indice di Gini

Non è un caso se tra i Paesi Ocse l’Italia si colloca ai primi posti in termini di disuguaglianza di reddito. Occupiamo la terza posizione, dopo Stati Uniti e Spagna. Germania, Francia e la maggior parte degli altri Paesi europei hanno indici di Gini inferiori del 10-20% rispetto al nostro dato. Ed è sempre Istat a certificare l’aumento della povertà tra gli italiani, che va a braccetto con la mancata redistribuzione del reddito: nel 2022 sono risultate in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente).

Le riforme sbagliate del mercato del lavoro

Gli esperti ne sono certi. Se le disuguaglianze sono cresciute, la colpa è da addossare in buona parte all’accresciuta flessibilità del mercato del lavoro. È la spiegazione più plausibile. Riforma Treu del 1997, riforma Biagi del 2003 e Jobs act del 2015 hanno portato a un aumento del part-time e a un ricorso forsennato ai contratti a termine. Impieghi sempre più spezzettati, lavoretti e gig economy e a risentirne sono state le retribuzioni, ferme da decenni. Per di più con una legge sul salario minimo ormai cancellata dall’agenda politica. ©

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Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con il pallino del giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere per i giornali, quasi sempre online. All’inizio di cinema e spettacoli, per poi passare a temi economici, soprattutto legati al mondo del lavoro. Settori di cui mi occupo anche per Il Bollettino.