mercoledì, 24 Aprile 2024

Scarrone, CETENA – FINCANTIERI: «Comparto navale: rotta verso innovazione, soluzioni green e digitalizzazione»

Sommario

Il comparto navale sta cambiando rapidamente grazie a innovazione e digitalizzazione. L’impatto del Covid si è fatto sentire, ma senza far conseguenze irreparabili. «La pandemia ha colpito tutti i settori economici, ma per quanto riguarda i cantieri, le navi sono state consegnate secondi i piani, solo con qualche ritardo concordato con le società armatrici, senza alcuna cancellazione di ordini. La ripresa c’è e il mercato, a poco a poco, sta ripartendo verso prenotazioni pre-covid», dice Sandro Scarrone, presidente Cetena, il Centro per gli Studi di Tecnica Navale di Fincantieri.

Il digitale, insieme alla sostenibilità ambientale, è l’asse fondamentale del programma Next Generation EU. Come siete organizzati per rispondere adeguatamente alla rivoluzione green di cui tanto si parla?

«La nostra attenzione è rivolta verso tutto il campo delle nuove energie, quindi idrogeno ma anche verso il campo eolico, fotovoltaico, biomasse. Procediamo verso studi di navi semi-autonome con comandi da remoto. In linea con le regole sempre più stringenti in materia di tutela dell’ambiente, dettate sia dall’IMO che dalla UE. Fincantieri ha iniziato tanto tempo fa ad innovare le sue navi ponendo grande attenzione al green: propulsione a GNL, fuel cell, idrogeno.
Uno dei progetti più importanti che sta seguendo è quello, in collaborazione con CNR e Univ. Genova, Napoli, Palermo e con il contributo del Mise, che ha lo scopo di realizzare la nave ZEUS (Zero Emission Ultimate Ship) che sarà alimentata a fuel cell, dispositivi che generano energia elettrica e calore combinando un combustibile (idrogeno, metanolo o metano) con un comburente (ossigeno), in assenza di combustione. È una nave laboratorio di circa 25 metri per lo studio di tecnologie a basso impatto ambientale per la produzione di energia su mezzi navali».

Quanto è indispensabile l’innovazione tecnologica nel campo marittimo?

«Moltissimo. Le ultime navi da crociera realizzate da Fincantieri lo sono sempre di più e rappresentano un punto di riferimento tecnologico a livello europeo e mondiale per il lay-out innovativo, le elevate performance e l’alta qualità di soluzioni tecniche d’avanguardia adottate. Dall’automazione ai controlli di bordo, passando per un personale sempre più specializzato, professionisti a tutto tondo che hanno esperienza nella navigazione ma sono ottimi specialisti nelle nuove tecnologie. Con il covid, poi, sono state studiate soluzioni nuovissime: come materiali più facili da pulire, braccialetti per monitorare e agevolare certe attività a bordo, tipo l’apertura di porte o pagare senza usare banconote. La nave è un luogo sicuro, ben gestito dal punto di vista sanitario. È stato brevettato anche un sistema per la sanificazione continua dell’aria condizionata a bordo della nave, che può essere applicato ovunque».

Nella ricerca in campo navale, quali sono gli studi più rilevanti in questo momento?

«Cetena si occupa di ricerca e innovazioni in tutti gli aspetti settore navale. Negli ultimi anni hanno assunto sempre maggiore importanza le attività nei settori ad alta tecnologia, sia per quanto riguarda la digitalizzazione sia per quanto riguarda gli aspetti di sostenibilità ambientale. Cetena sta affrontando le tematiche relative al digital twin e all’applicazione delle tecnologie di realtà virtuale ed aumentata, non solo per il settore navale, ma per tutte le infrastrutture strategiche, come ad esempio avviene nel progetto CYMON, lanciato nell’ambito del Competence Centre START 4.0 e indirizzato al monitoraggio avanzato di infrastrutture stradali come ponti e viadotti».

L’ultima edizione del Digital Economy & Society Index (Desi), con cui l’Ue monitora l’attuazione dell’Agenda Digitale nei paesi membri, ci ha retrocesso al 25esimo posto su 28 paesi…

«Un gravissimo ritardo che però nasce anche dalla composizione del nostro sistema produttivo, con poche grandi Aziende, non molte medie Aziende e tante piccole, obbligate a confrontarsi con i problemi quotidiani piuttosto che studiare la capacità di trasformarsi pensando al futuro, utilizzando competenze digitali».

Il Next Generation EU sarà, come annunciano, un’opportunità storica per il nostro paese per modernizzarsi e riprendere la via della crescita?

«Fermo restando che aspetteremo il nuovo testo approvato dal governo Draghi, nella versione precedentemente elaborata era presente un focus sulla digitalizzazione, la semplificazione e la qualità dei servizi della PA. Mancava però, e speriamo venga recuperata, un elemento fondamentale: una definizione chiara delle missioni–Paese e un forte investimento sull’aumento delle competenze digitali della PA».

Quanto l’arretratezza del nostro Paese dipende da un’inefficienza digitale nel sistema italiano, da un gap tecnologico?

«La mancata crescita dipende innanzitutto da una generalizzata e ridotta cultura di impresa, da una mancanza di politica industriale e, di conseguenza, da una mancata digitalizzazione, che è propria di un sistema industriale disorganizzato, non governato, affidato a singole realtà, spesso brillanti, ma non aiutate a programmare e a pensare al futuro».

Quanto è cambiato il comparto marittimo e navale negli ultimi anni?

«Profondamente. Gli studi di Cetena, insieme ai contributi di Fincantieri, degli armatori e delle società di classifica, si sono orientati tutti verso l’importanza profonda agli impatti ambientali sia in mare che nei porti e ad un consistente recupero di efficienza sul versante dei costi. Ormai non si torna più indietro e la certezza è che cambierà ancora profondamente nel prossimo futuro, grazie ad una sinergia tra i costruttori, gli armatori e le Istituzioni interessate». 

Che sviluppi sono previsti nel prossimo futuro?

«Gli sforzi vanno verso porti più efficienti e moderni, con l’elettrificazione delle banchine, l’ammodernamento delle flotte dei traghetti che oggi ha un’età media di 25/30 anni, sviluppo di autostrade del mare per una logistica integrata che aiuterebbe a diventare la naturale piattaforma per l’Europa. Quindi dobbiamo ancora ampliare le nostre competenze per non essere più porti spesso di transito ma diventare parte attiva e riferimento per quella parte di lavoro che oggi finisce all’estero».

Ci sono materiali specifici che un cantiere navale dovrà privilegiare?

«È fuori dubbio che per i cantieri di grandi dimensioni i materiali metallici e acciaio resteranno materiali privilegiati, ma le necessità di alleggerimento delle strutture anche ai fini del risparmio di combustibile stanno portando una grossa spinta verso l’utilizzo di materiali innovativi quali per esempio quelli compositi».

Quali sono gli investimenti più importanti di cui il comparto navale ha bisogno? 

«Io credo che, investire nelle nuove tecnologie è chiaramente indispensabile, ma sono altrettanto convinto che occorra che il Paese incentivi questi investimenti con provvedimenti strutturali e non episodici con contributi a fondo perduto, con sgravi fiscali, sapendo che questi investimenti di oggi daranno frutti importanti domani».

Secondo lei Draghi riuscirà a rendere l’Italia attraente per gli investitori. Ci crede o pensa che serva qualcosa di più?

«Potrebbe, certo è che oltre all’innovazione tecnologica, dovrebbe alleggerire di molto le procedure amministrative e i vari vincoli che rendono ogni iniziativa appesantita negli adempimenti ed indefinita nei tempi. Non vuol dire una deregulation selvaggia, ma un adeguarsi agli standard europei».

Parliamo del nuovo distretto high tech ligure che sta per nascere. Di cosa si tratta?

«Oggi lanciamo quattro infrastrutture di ricerca. Le infrastrutture scientifiche (specialmente quelle di eccellenza e di rilevanza internazionale e dobbiamo puntare ad avere queste caratteristiche) possono essere un asset in grado di generare valore anche per il territorio in cui sono localizzate, vero e proprio protagonista della transizione verso un modello sociale ed economico basato sulla conoscenza.
Tale transizione pone problematiche ed interrogativi importanti sia per i manager della ricerca pubblica e privata sia per i policy maker locali come noi siamo, chiamati a gestire fasi di cambiamento e riposizionamento dei territori, soprattutto nell’ambito di un nuovo rapporto tra impresa e sistema della ricerca basati su specializzazione territoriale ad alto contenuto di ricerca e sviluppo e di scenari connessi (le cd Smart Specialization). Le infrastrutture di ricerca devono diventare uno strumento per far lavorare le PMI e gli enti di ricerca in stretta unione con le esigenze della G.I., in una logica di filiera integrata».

Secondo lei c’è consapevolezza che innovare il paese rappresenti una vera e propria priorità nazionale?

«Spero che stia aumentando questa consapevolezza, anche se è più una speranza che una certezza: l’innovazione rappresenta la prima condizione per consolidare il sistema produttivo e per reggere la competizione internazionale. Un sistema produttivo sano è la condizione per una società sana e che abbia un futuro. Occorre spingere sulla strada dell’innovazione, sostenendo quei manager e quegli imprenditori che sanno guardare al futuro e non a risultati dei prossimi mesi».