Il rischio più forte per l’economia cinese arriva dall’interno. I dati dell’ultimo censimento, il primo in dieci anni, parlano di calo delle nascite, una notizia che mette in pericolo il futuro produttivo del Paese asiatico e che il governo di Pechino sembra non voler far trapelare. Il calo, che vede il numero degli abitanti scivolare sotto quota 1,4 miliardi, potrebbe avere conseguenze importanti sull’economia nazionale e, in particolare, sul sistema pensionistico. «Il problema della popolazione è il campanello d’allarme più urgente per la Cina», ha detto Liu Aihua, portavoce dell’Ufficio Nazionale di Statistica. Dopo che Pechino ha abolito la politica del figlio unico, nel 2016, il numero delle nascite è aumentato leggermente per poi cominciare a diminuire. Il trend in discesa è rimasto invariato per tre anni di fila. Si tratterebbe, se confermati i dati, della prima contrazione della popolazione cinese dalla grande carestia dei primi anni Sessanta. La Banca Centrale Cinese si è espressa a favore di una revisione delle politiche demografiche per arrestare il rapido calo della popolazione. Il fenomeno rischierebbe di penalizzare l’economia nazionale, ostacolando il sorpasso della Cina sugli Stati Uniti. È tutto scritto, nero su bianco, nell’ultimo documento diffuso dall’istituto di credito, intitolato “Consapevolezza e contromisure per la transizione demografica della Cina”, che analizza in maniera approfondita questioni relative alla popolazione, al suo invecchiamento, alla diminuzione del tasso di natalità e fertilità, di grande rilevanza per la Cina di oggi. Il resoconto acquista ancora più rilevanza considerando la rarità con cui la BCC pubblica documenti che trattano questo argomento. «Il Paese deve riconoscere che la popolazione sta cambiando, che il dividendo demografico ha costituito un vantaggio in passato, ma che se ne dovrà pagare il prezzo in futuro. Deve riconoscere che la popolazione è soggetta a continui cambiamenti, per cui da una situazione si può passare al suo opposto per effetto della forte inerzia che caratterizza i processi demografici; deve accettare che l’istruzione e il progresso tecnologico non possono compensarne il calo. Se la Cina non vi pone subito rimedio, è probabile che ripeta gli errori dei Paesi sviluppati», si legge nel documento. Il rapporto della Banca Centrale descrive un periodo di transizione molto critico, in cui si registra un grave rallentamento della crescita economica dovuto all’aumento dell’età media e al calo della fertilità. Per quest’ultimo, il problema ha radici nella storia delle politiche di controllo delle nascite ma anche nel processo di modernizzazione, che ha cambiato il concetto di maternità: questi fattori rendono difficile invertire l’andamento del tasso di natalità dall’oggi al domani. Oltretutto, nella società moderna, con la bassa fertilità che è diventata la norma, il costo medio per mantenere un figlio è aumentato rispetto al passato, e questo scoraggia i genitori che vogliono avere più figli. Come se non bastasse, il tasso di natalità rimasto a lungo basso ha generato un progressivo invecchiamento della popolazione, aumentando l’onere del sostegno per le famiglie in età fertile che, a sua volta, inibisce il desiderio di avere figli: il risultato è un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. In base al resoconto fornito dalla BCC, la Cina entrerà presto nella quarta fase della transizione demografica, quella caratterizzata da un calo della popolazione e da una crescita economica a bassa velocità: questo perché, una volta raggiunto il picco, la forza lavoro subisce una contrazione, e anche lo sviluppo economico comincia a rallentare. Considerata la forte correlazione tra economia e dinamiche demografiche, quella della popolazione è la questione più spinosa e urgente per la Cina, in questo momento. ©