Vale 33 miliardi di euro il comparto dei cosmetici. Un valore, però, non solo economico – che comprende la filiera dai macchinari per la produzione e il confezionamento, al packaging, le materie prime, la distribuzione, la logistica e il retail, suddiviso tra saloni di acconciatura ed estetica, profumerie, grande distribuzione, farmacie ed erboristerie – ma anche scientifico e sociale. «Gli addetti diretti del settore sono 36mila, di cui il 54% costituito da donne, circa il doppio della media dell’industria manifatturiera», dice Renato Ancorotti – Presidente Cosmetica Italia (Associazione italiana imprese cosmetiche). «Considerando gli occupati nell’intera filiera cosmetica, compresi i canali di estetica, acconciatura, profumeria, farmacia, erboristeria e vendita diretta il numero sale a circa 400mila lavoratori».
Come commenta i dati preconsuntivi 2020, che registrano una contrazione del fatturato globale del settore?
«I dati registrati sull’andamento del 2020 mostrano in larga parte segni “meno”, seppur in misura meno critica rispetto a quanto inizialmente ipotizzato, a testimonianza di come il settore abbia reagito a cavallo dei principali picchi epidemici. Il fatturato globale del settore ha toccato i 10,5 miliardi di euro con una contrazione di quasi il 13% rispetto al 2019; in calo anche i valori del mercato interno (quasi -10%). La domanda estera, che ha un ruolo molto importante per l’industria cosmetica italiana e rappresenta circa il 40% del fatturato, risente delle limitazioni e delle incertezze a livello internazionale con le esportazioni a -16,7% che raggiungono un valore di oltre 4,1 miliardi di euro; ha toccato invece i 2,3 miliardi di euro il valore della bilancia commerciale».
Quali comparti specifici sono stati i più colpiti?
«Sicuramente i canali professionali hanno affrontato e stanno ancora affrontando, le difficoltà maggiori. Dallo scorso anno, infatti, sia i saloni di acconciatura che i centri estetici hanno dovuto chiudere le proprie attività per via delle disposizioni dei vari DPCM; ancora oggi in tutti i territori identificati come zone rosse questi esercizi non possono aprire. Il prolungamento delle chiusure ha portato lo scorso anno a un calo di circa il 30% in questi canali; numeri importanti se consideriamo che l’attività di acconciatori e centri estetici normalmente genera un volume di affari che supera i 6 miliardi di euro e impiega oltre 263.000 addetti in un totale di 130.000 saloni. Il 90% di queste 130.000 attività è inoltre costituito da unità con 2 persone occupate in media, capaci di generare fatturati e margini appena sufficienti a garantire la gestione giornaliera dell’esercizio. In aggiunta, pur non essendo stati interessati dalle chiusure, anche altri canali distributivi hanno risentito degli effetti della pandemia. È il caso delle profumerie e delle erboristerie che, come testimonia il calo del 26%, hanno sicuramente sperimentato una forte riduzione delle frequentazioni».
Quanto hanno influito sul vostro settore le ripetute chiusure dei centri estetici?
«I dati testimoniano quanto le chiusure introdotte dai DPCM abbiamo penalizzato l’andamento dei centri estetici, che ricordiamo non hanno potuto lavorare sia per l’intera durata del primo lockdown, tra marzo e maggio 2020, sia lo scorso autunno e attualmente nelle zone rosse. Come abbiamo visto questo canale ha chiuso il 2020 con un -30,5% e un valore di 165 milioni di euro, pari all’1,7% dei consumi cosmetici».
I saloni di acconciatura?
«Anche loro hanno pesantemente risentito delle chiusure forzate imposte dalle restrizioni per contenere il contagio. A fine 2020 la contrazione dei consumi in questo canale distributivo è stata del 28,5% e il valore dell’utilizzo e della rivendita di cosmetici è stata poco superiore ai 410 milioni di euro. Ricordiamo che i saloni di acconciatura rappresentano il 4,8% del mercato cosmetico».
Importante anche il calo delle vendite dirette, porta a porta e per corrispondenza
«Hanno segnato uno dei trend più negativi, con una contrazione del 30% rispetto al 2019 e un valore prossimo ai 340 milioni di euro. A incidere sull’andamento di questo canale, che copre il 3,5% dei consumi cosmetici, è stato lo spostamento della domanda verso forme di distribuzione più innovative. Già negli ultimi esercizi si era assistito a un rallentamento delle vendite dirette: per il futuro sarà quindi importante capire se il forte calo registrato a fine 2020 sia per lo più legato al contesto economico-sanitario oppure se si tratti di un momento di ripensamento sia delle strategie sia degli investimenti da parte delle imprese specializzate».
Sono invece aumentate le vendite online
«Come riscontrato in molti settori oltre a quello cosmetico, le vendite online hanno avuto delle importanti crescite durante l’ultimo anno. Nel caso dell’e-commerce cosmetico si è registrato l’unico segno positivo di tutto il 2020 tra i canali distributivi con un +42% e un valore prossimo ai 710 milioni di euro. La forte evoluzione registrata nel corso della pandemia ha inoltre portato le vendite online a ricoprire il 7,3% dei consumi cosmetici, diventando il quarto canale per distribuzione».
Quanto hanno influito i cambiamenti di comportamento imposti dalla pandemia sulle persone, primo fra tutti l’uso della mascherina che avrà portato molte donne a rinunciare a truccarsi?
«Dal lavoro alla sfera privata, nell’ultimo anno le nostre abitudini hanno subito profonde trasformazioni. Questo ha inciso anche sui consumi cosmetici. Nel 2020 le crescite più significative sono state registrate proprio dai saponi liquidi (+35%), dai coloranti e spume coloranti per capelli (+30,4%). Al contrario a livello di categoria i cali maggiori si sono registrati per la profumeria alcolica (-21,5%) e il make-up (trucco viso -28,9%, trucco occhi -20,1%, trucco per le labbra -30,5%, cofanetti trucco -23,2%). Sono poi emerse specifiche esigenze, ad esempio legate all’utilizzo prolungato della mascherina: rossetti e altri prodotti di make-up no-transfer; cosmetici per lo skincare in grado di lenire, idratare, rigenerare la pelle sottoposta allo “stress” mascherina, analogamente alla pelle delle mani, oggetto di un lavaggio più frequente e dell’utilizzo di gel idroalcolici».
E il “rossetto” è in crisi…
«In generale l’intera categoria del make-up ha subito importanti contrazioni, complici la ridotta socialità, il frequente ricorso al lavoro a distanza oltre che l’utilizzo della mascherina. Considerando le diverse tipologie, il trucco viso ha perso il 28,9% rispetto a 2019, il trucco occhi -20,1%, -30,55 per il trucco labbra e -13,5% per i prodotti per le mani. In calo anche i cofanetti trucco, -23,2%».
Che cosa ci aspetta nel 2021?
«Identifichiamo due differenti curve di andamento, una ottimistica e una pessimistica, ovviamente legate all’evoluzione della situazione sanitaria. Il primo scenario propone una crescita, a fine 2021, di quasi nove punti percentuali, mentre il secondo evidenzia una più rallentata crescita di poco superiore ai cinque punti percentuali».
Di che cosa hanno bisogno le imprese per ripartire?
«A qualsiasi progetto di ripartenza va affiancata la parola stabilità. I condizionamenti, sia sulla mobilità dei consumatori sia sulla opportunità o meno di apertura dei negozi fisici, incideranno sulla possibilità di un rilancio. Ripartire quindi significa anche essere accompagnati da un piano governativo capace di affiancare le imprese e le filiere industriali strategiche, anche in termini di promozione del Made in Italy, sul piano dell’innovazione e dello sviluppo sui mercati esteri, dove il saper fare italiano resta una leva competitiva da salvaguardare».
Gli imprenditori del settore possono guardare al futuro tirando un sospiro di sollievo?
«In occasione dell’indagine Congiunturale presentata lo scorso febbraio il nostro Centro Studi ha analizzato il sentiment degli operatori intervistati in merito al nuovo equilibrio per l’azienda e i mercati di riferimento. Per quasi metà delle imprese cosmetiche la reazione alla pandemia ha generato un rinnovato equilibrio portando alla ripresa dei mercati; se a questa fetta di dichiarazioni vengono aggiunte quelle di coloro che affermano che al nuovo equilibrio si arriverà nella seconda metà del 2021, si raggiunge l’83% di distribuzione: ben al di sopra del 60% delle dichiarazioni, relative alla ripresa nel 2021, espresse nella precedente Congiunturale. Nella lettura dal basso dei dati, solo il 3% dichiara che non si raggiungerà mai un equilibrio a seguito dell’attuale crisi». ©