Tornano a brindare bar e ristoranti, ma lo fanno con cautela. Il rapporto annuale sullo stato di salute del settore evidenzia tutta la sofferenza vissuta nell’ultimo anno e mezzo. Le chiusure e le riaperture e singhiozzo hanno creato un vuoto nella categoria, portando a chiusure e a una crisi che piano piano sembra allontanarsi. Numeri alla mano, negli ultimi 14 mesi il 97,5% delle imprese ha perso fatturato e per oltre 6 ristoratori su 10 il calo ha superato il 50% del volume d’affari dell’anno precedente. Inoltre la pandemia ha cambiato gli usi di molti italiani, che oggi preferiscono mangiare a casa propria in attesa di poter serenamente uscire senza mascherine e timori di varianti di Covid-19.
Così, mentre cresce di 6 miliardi di euro la spesa alimentare tra le mura domestiche, crolla di 31 miliardi di euro quella in bar e ristoranti. «Le chiusure sono state più del 30%, ma per fortuna sono avvenute anche nuove aperture di attività che confidano nella fine della pandemia e al ritorno alla vita normale», spiega Alessandro Cosolo, Presidente Federazione Baristi Italiani. «Purtroppo le voci di corridoio non sono confortanti e prevedono che a settembre si ricomincerà con le restrizioni, magari con meno limitazioni ma purtroppo credo che la nostra convivenza con il Covid-19 non finirà così presto».
Come possono essere quantificati i danni provocati dalla pandemia?
«Nel 2020, primo anno di lockdown, i danni per le chiusure sono stati circa di 38 miliardi. Nel 2021 invece, secondo i dati rilevati sino ad aprile la ristorazione ha saputo risollevarsi ricorrendo a nuove strategie che le hanno permesso di arginare i danni di più del 50%».
Quali sono stati i provvedimenti che hanno causato i problemi maggiori?
«I problemi sono stati tanti, dalle chiusure senza preavviso date dal governo, causando perdite ingenti sui prodotti acquistati e deperiti nei frigoriferi e/o magazzini dei ristoranti, ai cattivi investimenti per portare i locali a normativa igienico sanitaria senza una linea guida ufficiale e credibile, fino alle limitazioni degli ingressi, che hanno portato a una gestione fallimentare delle attività».
La chiusura dei bar alle 18.00 ha fortemente penalizzato il rito degli aperitivi e tante persone hanno ricreato la situazione a casa, come sarà possibile ora riportarle nei bar?
«Mode e tendenze sono in continua evoluzione, prima e dopo Covid-19, le persone hanno il sapere a portata di smartphone e per loro non è difficile improvvisarsi baristi tra le mura domestiche. Il delivery si è incrementato del 75% negli ultimi 3 anni e i giovani possono permettersi di non uscire e restare a consumare nelle proprie case…».
Quali aiuti concreti ha dato lo Stato al vostro settore e quali invece avrebbe potuto dare per aiutarvi a sopravvivere?
«Gli aiuti sono stati insufficienti. Più del 50% della ristorazione non ha ricevuto sostegni adeguati per affrontare non solo la mancata apertura, ma la propria sopravvivenza. Tantissime aziende avevano appena aperto l’attività investendo tutto il loro capitale, cosi da ritrovarsi esclusi da ogni formula di ristoro, e tanti hanno chiuso per le incertezze di un futuro che, molto probabilmente, sarà tutt’altro che roseo».
Quindi i ristori non sono bastati?
«I danni che queste chiusure forzate hanno provocato li avremo con certezza con i dati nei primi mesi del 2022. Per adesso tutti i ristoratori si stanno impegnando con le proprie risorse ad affrontare l’estate e a riprendersi una parte di liquidità per ripartire e per affrontare i prossimi tempi di incertezze e previsioni di chiusure».
E sembra sempre più difficile trovare lavoratori stagionali?
«La ricerca di personale per la ristorazione è un problema sempre più complesso. Da una parte c’è la scarsa formazione di giovani che non investono nel proprio futuro, studiando in scuole professionali specializzate, e dall’altra i così detti finti imprenditori che non sanno gestire un’azienda con credibilità, motivando le proprie forze lavoro. A chiudere il cerchio ci pensa il reddito di cittadinanza, di cui molte persone si accontentano piuttosto che mettersi in gioco nel mondo del lavoro».
Quante persone hanno perso il lavoro, tra barman e camerieri?
«In 14 mesi sono stati bruciati 514 mila posti, il doppio di quelli creati tra il 2013 e il 2019. Il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione hanno arginato in parte il problema. La situazione più grave l’hanno vissuta i lavoratori non contrattualizzati regolarmente o assunti in aziende fantasma. Le regioni turistiche sono state le più penalizzate».
Ci dobbiamo aspettare un ulteriore anno di calo di fatturato?
“Sicuramente ci sarà, la ristorazione ha cominciato a soffrire prima della pandemia e in futuro, con le offerte sia a casa sia in qualsiasi angolo della città, sicuramente ci aspettiamo un calo del 30% per i prossimi anni”. ©
Matteo Vittorio Martinasso