venerdì, 29 Marzo 2024

CAMBIAMENTO CLIMATICO, INVESTIMENTI: VOLANO GLI ESG. BUTI: «IL GREEN DEAL È UN’OCCASIONE DI LEADERSHIP PER L’ITALIA AL G20 E L’UE NELLO SCACCHIERE MONDIALE»

Sommario

Terzi nel mondo come maggiori emittenti di green bond. Secondo l’analisi di Bloomberg, il podio è formato dalla francese Groupe BPCE (1,84 miliardi di dollari), seguita dalla norvegese DNB Bank ASA (1,82 miliardi di dollari) e da Intesa Sanpaolo SpA (1,49 miliardi di dollari). Un risultato in linea con una strada tutta verde, percorsa a grandi passi – ormai – da sempre più protagonisti finanziari del nostro Paese. «Il Green Deal definirà il ruolo della UE nello scacchiere mondiale: l’agenda verde che si impone a livello globale è europea. Ma è un’occasione di leadership anche per l’Italia, che presiede il G20 e co-presiede con il Regno Unito la COP26», dice Marco Buti, Capo di gabinetto del Commissario Gentiloni e Senior Fellow della Luiss School of European Political Economy. «Nella prima metà del 2021 – sempre secondo Bloomberg – sono stati emessi green bond in 49 Paesi e 29 valute. Il mercato migliore resta l’Europa: circa il 53% di quelli venduti nel primo semestre di quest’anno proveniva da emissioni in Europa, Medio Oriente e Africa. Le istituzioni finanziarie sono state un fattore chiave, con quasi 97 miliardi di dollari di debito verde. Per quanto riguarda le valute, lo yuan cinese si classifica al terzo posto nella classifica della valuta più popolare. Al primo posto l’Euro, al secondo il dollaro Usa.

Il Green Deal rappresenta un momento di svolta paragonabile a ciò che la CECA rappresentò nel 1951? 

«Il Green Deal presentato dalla Commissione europea nel dicembre 2019 ha l’ambizione di rendere l’Europa il primo continente neutro rispetto al clima all’orizzonte 2050. Non si tratta di un’ambizione vaga: è codificata nella Legge Europea sul Clima che è appena entrata in vigore. La Legge stabilisce che le emissioni di gas a effetto serra siano ridotte di almeno il 55% nel 2030 rispetto al 1990. Raggiungere questo obiettivo è impegnativo, ma possibile e necessario. E non è in contraddizione con gli obiettivi di crescita. Lo abbiamo mostrato: come effetto delle norme sul clima e sull’energia, le emissioni di gas a effetto serra si sono ridotte di un quarto rispetto al 1990 mentre l’economia europea è cresciuta del 60% durante lo stesso periodo – nonostante due crisi epocali come la quella finanziaria e la pandemia. L’Europa aiuterà i Paesi nel processo di trasformazione verde: il 30% del bilancio multiannuale dell’Unione sarà dedicato a programmi green: si tratta di circa 600 miliardi sul periodo 2021-27. Il 37% degli oltre 700 miliardi del Recovery and Resilience Facility finanzierà azioni per il clima. Infine, le recenti proposte della Commissione denominate Fit for 55 costituiscono un programma organico per la transizione climatica. Il Green Deal definirà la “cifra” dell’Europa nei prossimi tre decenni. Sarà un momento fondante se assocerà l’ambizione climatica con il dinamismo economico e la coesione sociale. È un’opportunità, come è stato detto, per fuoriuscire dalla crisi pandemica ricostruendo meglio (build back better)». 

Il mercato dei green bond in Europa è solo il 5% del totale, la domanda di titoli ESG è in continua crescita ma l’offerta è limitata: si rischia un effetto “bolla”?

«L’emissione di green bond è cresciuta di cinque volte negli ultimi cinque anni. Così come nella transizione climatica, l’Europa è un leader globale: oltre la metà dei green bond è stata emessa da istituzioni pubbliche e private europee. Le conseguenze sono favorevoli anche  sul ruolo internazionale dell’euro: quasi la metà dei green bond emessi a livello globale sono denominati in euro. Si tratta di un mercato in grande crescita con forti sinergie con la transizione verde. Per evitare instabilità e inefficienze è necessario mettere a punto un ambiente regolamentare stabile che goda della fiducia degli investitori. Per questo, la Commissione ha recentemente proposto il “European Green Bond Standard”, un codice volontario che permetterà l’accesso agli emettitori di green bond, privati e pubblici, ad ampi finanziamenti per progetti climatici, proteggendo al contempo gli investitori dal cosiddetto ‘green washing’. Lo standard utilizzerà le definizioni della tassonomia europea per determinare i progetti che possono essere definiti come investimenti verdi». 

Le prime emissioni di Eurobond sono state accolte con grande favore dal mercato. Quanto è importante disporre di un Safe Asset europeo?

«Il 15 giugno la Commissione ha emesso i primi titoli per finanziare Next Generation EU pari a 20 miliardi di euro. La domanda è stata sette volte l’offerta, dando quindi luogo a prezzi molto favorevoli. Stesso successo nelle due successive emissioni. A oggi, titoli europei per 45 miliardi sono stati emessi dalla Commissione. La fiducia dei mercati in un asset propriamente europeo mostra che Next Generation EU è visto come un potenziale cambiamento di paradigma: c’è una grande domanda di Europa. C’è una grande domanda di un asset sicuro europeo che ancori il futuro economico e finanziario del nostro continente nella strategia di ricostruzione post pandemia. Un asset sicuro europeo è il complemento naturale dell’unione bancaria e dell’unione dei mercati dei capitali. Ed è anche un ingrediente fondamentale del ruolo internazionale dell’euro. I mercati ci credono. Sta ai policy maker europei mostrare di essere all’altezza completando l’Unione economica e monetaria e implementando con serietà i piani nazionali di ripresa e resilienza». 

La Commissione ha rivisto al rialzo la crescita italiana del PIL al 5%: per la prima volta da molto tempo non siamo il fanalino di coda in Europa ma decimi su 27. È solo la conseguenza del crollo del 2020?

«L’economia italiana ha sorpreso in positivo. Nelle nostre previsioni, la revisione al rialzo della crescita dell’economia italiana per il 2021 è stata più forte che nell’eurozona: +0.8% rispetto a +0.5%. I dati pubblicati dopo le nostre previsioni hanno rafforzato questa tendenza: nel secondo trimestre del 2021, il PIL è aumentato del 2,7% rispetto al trimestre precedente. Il forte peso dell’industria manifatturiera ha giuocato un ruolo importante. Anche l’azione coordinata a livello comunitario della BCE e dell’Unione europea hanno avvantaggiato i paesi potenzialmente più vulnerabili. Quando abbiamo presentato nel maggio 2020 il piano Next Generation EU l’obiettivo era proprio quello di evitare che la pandemia fosse ricordata come la Grande Frammentazione. Tuttavia, c’è ancora molto da fare per trasformare quello che per adesso è un rimbalzo, in una ripresa sostenuta che dia luogo poi a  una crescita sostenibile nel medio-lungo termine. Sarà cruciale ben articolare il passaggio dagli interventi emergenziali a programmi più mirati di sostegno agli investimenti e alla riallocazione dei fattori di produzione, seguiti dalle riforme profonde previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza».     

Lei ha detto qualche mese fa riguardo al Recovery Plan che per l’Italia significava anche «disegnare e implementare un piano nazionale di ripresa e di resilienza efficace e capace di affrontare i colli di bottiglia che hanno paralizzato la crescita dell’economia e della società italiane negli ultimi vent’anni». Siamo sulla buona strada e quali sono gli ostacoli da affrontare per primi? 

«L’Italia ha richiesto il massimo ammontare delle risorse del Recovery, cioè 191.5 miliardi di euro di cui 69 miliardi in trasferimenti per 123 milardi in prestiti. A seguito dell’approvazione del PNRR da parte del Consiglio, ad agosto è arrivato l’anticipo di 24.9 miliardi pari al 13% del totale. L’implementazione del PNRR è stimata, solo grazie agli investimenti di aumentare il PIL di 2 ½% all’orizzonte 2026, con la creazione di circa 240 000 posti di lavoro. Se si aggiunge l’impatto delle riforme, gli effetti sulla crescita e sul mercato del lavoro saranno notevolmente accresciuti. Il PNRR è molto impegnativo, è un vero e proprio contratto con l’Europa: sono circa 190 misure di cui 58 riforme e 132 progetti di investimento. Questo è poi tradotto in 525 milestones (obiettivi intermendi) e targets (obiettivi finali). Al contrario di altri programmi nazionali nel passato, c’è un impegno alla realizzazione accelerata del piano: 51 milestones e targets dovranno essere completati per la fine di quest’anno e altre 45 per la metà dell’anno prossimo. Sono riforme che, se correttamente implementate, cambieranno il volto dell’economia e della società italiana. Dalla riforma della giustizia a quella del codice degli appalti, dalla semplificazione delle procedure a Transizione 4.0, dalla trasformazione digitale della scuola al profondo rinnovamento della pubblica amministrazione. Sono fiducioso che il passaggio da una logica di pagamenti a piè di pagina, come per molti altri programmi comunitari, ad una logica di prodotto e risultato, quindi dall’input all’output e all’outcome, con uno scadenzario temporale preciso e stringente, darà luogo ad un cambiamento di atteggiamento dei policy maker sia in Italia che negli altri paesi europei. Ma, come è stato giustamente affermato, l’Italia ha una responsabilità maggiore rispetto agli altri Paesi: il successo nell’implementazione del PNRR avrà ‘esternalità’ importanti nei prossimi dibattiti, dalla possibile trasformazione di Next Generation EU da una strumento una tantum in uno strumento permanente, al dibattito in autunno sulla riforma delle regole fiscali europee».    

La Germania sta per andare a elezioni. Sempre sue parole di qualche tempo fa: «se la Germania fosse disponibile a completare l’architettura dell’Unione economica e monetaria attraverso il completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali, credo che si possa veramente pensare ad un cambio di paradigma nell’integrazione europea». In merito a questo che futuro vede oggi?

«L’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali sono fondamentali per consolidare il futuro dell’Unione economica e monetaria e dell’Unione europea più in generale. Completare l’Unione bancari è essenziale per irrobustire l’eurozona favorire l’integrazione dei sistemi bancari e quindi meglio fronteggiare possibili shock futuri. Completare l’Unione dei mercati dei capitali è essenziale anche per perseguire con successo la doppia transizione digitale e verde: questi progetti innovativi sono spesso per così dire “lunghi in idee e corti in collaterale”; solo mercati dei capitali sviluppati possono convogliare risorse verso tali progetti. Stabilità e dinamismo dell’economia europea, ma anche il suo ruolo della governance globale, ne dipendono. È interesse della Germania che questo cambiamento di paradigma si realizzi. La speranza è che i politici lo spieghino agli elettori tedeschi. È solo attraverso un rinnovato clima di fiducia fra i paesi europei che si uscirà tutti più forti dalla crisi attuale. E tale clima di fiducia dipende in modo cruciale dalla serietà con la quale si implementano i recovery plan nazionali. E qui la palla torna a Roma».           ©

Antonia Ronchei

Direttore de il Bollettino dal 2020, giornalista dal 1998. Dopo esperienze nel campo musicale e culturale, mi sono occupata di attualità, politica ed economia in radio, tv e carta stampata. Oggi dirigo un giornale storico, del quale ho fatto un completo restyling e che vede coinvolta una redazione dinamica e capace: ho la stessa passione del primo giorno, ma con un po’ di esperienza in più.